Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DISSOLVENTE — DISTACCAMENTOAlcuni chimici vollero fare diversità tra dissoluzione e soluzione. La dissoluzione avrebbe significato lo sciogliersi di un solido nel liquido, nei casi in cui l'uno muta la natura dell'altro ; come il mercurio che si scioglie nell'acido nitrico, perchè riceve ossigeno dall'acido, convertesi in ossido di mercurio, ed in tale stato si discioglie. La soluzione avrebbe voluto dire il semplice liquefarsi di un solido nel solvente, come lo zucchero nell'acqua.
      L'uso non accettò la proposta distinzione, che pure non era disutile ; onde vai tanto dire dissoluzione, quanto soluzione, e bì lascia alla cognizione del lettore di ravvisare se quando si parla di un corpo che si scioglie, trattisi di semplice liquefazione, ovvero succeda qualche azione chimica.
      DISSOLVENTE (chim.). — Generalmente parlando, si può applicare questo nome ad un corpo qualunque capace di sciogliere o liquefare un altro corpo. Cosi il calore può essere considerato come un dissolvente. Ma chiamansi più particolarmente dissolventi o solventi di una sostanza i liquidi che hanno la proprietà di distruggere l'aggregazione molecolare di questa sostanza. 11 solvente di cui si fa l'uso più comune è l'acqua; ma molti corpi vi sono insolubili, mentre si disciolgono perfettamente in altri liquidi, quali sono l'alcoole, l'etere, gli olii, gli acidi, i liquori alcalini, ecc. L'acqua discioglie, per esempio, le gomme e non le resine ; l'alcoole e l'etere disciolgono lo resine e non le gomme, ecc. Inoltre le diverse sostanze non godono tutte di uno stesso grado di solubilità; perciò variando i corpi da disciogliersi, si dovranno variare i dissolventi, e in pari tempo le loro dosi. È ufficio della chimica lo indicare per ciaschedun corpo la natura del dissolvente che gli è più appropriato. Il prodotto che si ottiene sottoponendo una sostanza all'azione dissolvente di un liquido dicesi Dissoluzione (V.).
      DISSONANTE (scienz. mus.). — Un suono che forma dissonanza con un altro, e un accordo che contiene in sè una o più dissonanze, diconsi dissonanti (V. Dissonanza).
      DISSONANZA (seienz. mus.). — Nome derivato da due parole, l'una greca, l'altra latina, che significano doppia risonanza, come a dire due suoni, i quali, invece di simpatizzare nel loro confronto, si respingono a vicenda, e non potendo starsi uniti aggradevolmente, si fanno sentire, in certo modo, distinti l'uno dall'altro. Quest'etimologia, che sino all'invenzione della tonalità moderna calzava esattamente con la cosa rappresentata dalla parola, ha indotti tutti i teorici moderni da noi conosciuti a dare una definizione della dissonanza, la quale (poiché la cosa è cambiata, e il vocabolo che la esprime è rimasto il medesimo) in pari tempo riesce inesatta, e porta complicazione ed oscurità nella dottrina dell'armonia. La brevità impostaci non comporta che entriamo nella prova di tale sentenza; onde senza più diremo che la dissonanza, a' giorni nostri, è un intervallo che di virtù propria, e senza prender norma dall'influenza che esercitano nell'armonia la modulazione, la tonalità ed il ritmo, determina l'accordo di cui fa parte, a produrre un altro accordo (V. Produzione). Le dissonanze sono la 2ft e la 7a; i quali intervalli figurano come T e 9a negli accordi fondamentali di questo uome (V. Ac-
      cordo). Negli accordi rivoltati si trovano in qualità di 2», di 7», di 10», di 12a, e di 14» (V. Rivolto).
      Convien notare che dei due suoni che costituiscono la dissonanza, uno solo è tenuto per dissonante, ed è sempre quello che forma 7» o 9» col basso fondamentale dell'accordo che contiene la dissonanza.
      Fra la dissonanza, la nota alterata ed il ritardo vi ha questa differenza essenziale, che la prima spinge al moto l'intero accordo, laddove i secondi restringono la necessità del moto in se medesimi (V. Note alterate, Risoluzione, Ritardo). Nulladimeno, pretermettendo che molti chiamano dissonanze anche le note alterate ed i ritardi, noi ci serviamo talvolta del vocabolo dissonanza per denotare l'intervallo che nasce dalle due note che in un ritardo si urtano alla maniera delle dissonanze propriamente dette (V. Armonia).
      DISSUETUDINE (giurispr.). — Così si chiama il non uso in cui è caduta una legge, una pratica, ecc. Non v'ha cosa che provi meglio l'inutilità e gl'inconvenienti di una legge quanto la dissuetudine in cui viene a cadere. Quando il legislatore stabilisce una legge, la sua intenzione è che sia eseguita per un tempo indefinito; ma siccome le leggi sono per gli uomini e non gli uomini per le leggi, quando queste non possono più accordarsi coi costumi, ne viene naturalmente e di necessità che cadono in dissuetudine. A questo proposito assai opportunamente asserisce Giambattista Say, che l'opinione pubblica ha un'influenza tale, che il Governo anche , il più potente non può impedire una legge di ca- ; dere in dissuetudine quando essa è contraria all'opinione di una popolazione illuminata; infatti l'esperienza dimostra che frequentemente i costumi sono giunti a modificare o ad annullare le leggi che sembravano le meno flessibili ; e cosi quelle che sono figlie dei pregiudizii e dell'ignoranza dei tempi nei quali vennero pubblicate, debbono disparire in un secolo saggio ed illuminato.
      Si può dire che una legge sia caduta in dissuetudine : 1° allorché è sì poco conosciuta che si può riguardarla come obliata ; 2° allorché si cessa generalmente di osservarla sotto gli occhi medesimi dei magistrati cui ne è affidata l'esecuzione, e che non vi ha richiamo da loro parte. La dissuetudine è adunque una vera abrogazione ; ma conviene avvertire che un semplice uso locale non basta per far cadere una legge in dissuetudine. Questo non uso dev'essere generale, imperocché questa specie di abrogazione è fondata sopra un consenso tacito ed universale; receptum est (dice la L. 32, § 1, ff. de legib.) ut leges etiam tacito consensu omnium per dissuetudinem abrogentur. Ora, il non uso in alcuna parte del territorio non è altro che l'espressione del cousenso di un numero più o meno grande di individui, il quale, non essendo generale, non può bastare per costituire una vera dissuetudine.
      Le cause che dànno luogo alla dissuetudine sono qualche volta il troppo rigore della legge, ma per lo più la cessazione dei motivi che l'hanno fatta nascere, il cangiamento dei tempi, dei costumi e delle circostanze.
      DISTACCAMENTO (art. mil.). — Dassi questo nome ad un certo numero di soldati che si separano da una compagnia, da un battaglione, da un reggi-


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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