Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DIVIDIVI — DIVINAZIONEDIVIDIVI {bot., chim. e teen.). — Detto anco libidibi, nacascol, ovatta piatta. Frutti delia cesalpinia coriaria di Wild, albero della Colombia, delle An-tille e del Messico, ricchi di materia astringente, per cui si usano nella concia delle pelli.
Fig. 2163. — Frutto del dividivi.
DIVIGNANO (geogr.). — Comune della provincia e del circondario di Novara, con 1199 abitanti.
DIVINAZIONE (lat. Divinatio, gr. uavrixi}) (star. relig.). — L'arte di conoscere l'avvenire a forza di presagi, giusta l'opinione comune degli antichi, e quindi Cicerone la disse presentimento e scienza delle cose future (prcesensionem et scientiam rerum futurarum. — De Divinat.. i, 1), mentre lo stoico Crisippò la definì una facoltà che conosce, vede e spiega i segni che dagli Dei vengono posti davanti agli uomini (vim cognoscentem et videntem et expli-cantem signa qua a diis hominibus portendantur), donde viene di conseguenza che l'indovino doveva conoscere la disposizione degli Dei verso gli uomini, il significato dei loro segni ed i mezzi di ottenerli. Cotesta arte o se vogliasi dir scienza, fondata sur un complesso di credenze superstiziose, mescolate con alcune idee giuste tratte dall'esperienza, non è già scomparsa dal mondo cogli antichi, i quali ne andavano pazzi, ma coltivasi più o meno anche oggidì su tutta la superficie del globo, ed in ispecie tra i popoli orientali, le nazioni americane e poli-nesie, e, più che altrove, appo gl'Indiani, i Cinesi e i Musulmani, attaccandosi da una parte alla magìa, e dall'altra all'arte di profetare e predire. Nella magìa però l'uomo strappava ai demoni o spiriti la conoscenza dell'avvenire la mercè di operazioni misteriose, di scongiuri ed incantamenti; ma nel profetare invece sentiva il profeta svelarsi in se stesso il futuro la mercè di una ispirazione subitanea e celeste. Parleremo del primo modo sotto le voci Incantesimo, Stregoneria, e del secondo sotto quelle di Magia, Oracolo e Profezia, limitandoci qui a parlare della divinazione propriamente detta, la quale consisteva nel saper trar pronostici dall'osservazione di alcuni fenomeni naturali, col mezzo •li particolari procedimenti. Il celebre archeologo tedesco Bottiger riferì a tre epoche tra loro di- ! stinte, nelle sue lezioni intorno alla Mitologia, ijuesti tre modi generali di divinazione, asserendo the la prima epoca era quella degli augurii, au-spicii ed aruspicii; la seconda degli oracoli ; la terza della cessazione degli oracoli e prevalenza della magia. Senz'accettare questa classificazione cronologica in tutta la sua pienezza, devesi pur ammettere che il primo genere di divinazione è il più
antico, ed è veramente quello che riscontrasi appo tutte le genti meno progredite nella civiltà, e comparisce appo le nazioni antiche nei primordii della loro esistenza.
La divinazione propriamente detta, ossia l'arte di conoscere i presagi, fondasi sulla credenza che gli Dei manifestino agli uomini la loro volontà e le loro intenzioni con certi segni più o meno chiari. Diedero perciò i Latini ad essa il nome divinatio, in cui ciascuno ravvisa la radicale divus, deus, dio, mentre i Greci la dissero più umanamente (iatvnxij, da fxocvta (furore, esaltazione, e quindi furore profetico, ispirazione. Plat., Phaed., 244-45). Primi a coltivarla in Italia furono gli Etruschi, da cui la redarono i Romani, dandole un'estensione ed uno sviluppo che non aveva mai avuto fra gli Elleni, e dividendola in naturale ed artificiale. Cicerone chiama artificiale (divinatio artis. De Divin., i, 6) quella che si trae dalle viscere delle vittime, dall'interpretazione dei fenomeni portentosi, della folgore, degli augurii, dei sortilegi e dell'astrologia ; e naturale (divinatio natura) quella che si atteneva ai sogni e ai vaticinii, intendendo coi secondi tutto ciò che veniva predetto dagli oracoli e dagli spiriti, che si credevano invasi da divino furore. Prosegue
10 stesso Cicerone, nel suo trattato su questo soggetto, ad esporne le teorie, asserendo che la divinazione artificiale si appoggia a congetture o ad una lunga serie di osservazioni (De Divin., n, 11), dal che si deduce che l'arte dell'indovino consisteva nel conoscere il portento, il segno, il prodigio, in una parola, ciò che in greco dicevasi ed in latino signutn, con cui Iddio o la Natura annunziava un avvenimento futuro. Cotesti signa o Ttpm* dividevansi in due classi ; gli uni erano l'espressione formale ed immediata della volontà degli Dei, e gli altri dipendevano da quella dell'uomo ; e se questi
11 facea nascere, la mercè di una misteriosa connessione delle cose, avevansi per risultato avvenimenti felici od infelici. Da siffatta distinzione emergeva per i primi maggior chiarezza e l'impossibilità di sottrarvisi, mentre pei secondi facea mestieri di maggior sagacità per discernerne la concatenazione coi fatti futuri, e se ne potevano evitare le conseguenze o neutralizzarne gli effetti preveduti che fossero di tal maniera. Appo i Latini, i primi tra cotesti signa venivano indicati coi nomi di prodi-già, omina, ed i secondi con quelli di augurio, haruspicia, e l'interpretazione di questi ultimi era confidata a Roma ad un apposito ceto di sacerdoti, i quali erano in gran credito (V. Aruspici ed Augnre).
Nè si creda che i Romani sieno stati i primi a stabilire siffatta distinzione , perchè se ne incontrano alcuni indizii fino nei libri omerici ; così, per esempio, T\e\VIliade e nell'Odissea il lampo, il tuono, la folgore, l'arcobaleno, il volo fortuito di un uccello grifagno, una parola sfuggita a caso, ma significativa (^ut) o xX^oiv, fama, voce, rumore, chiamata), uno starnuto, ecc. sono considerati come tanti presagi ; e talvolta, ma più di raro, viene notato un prodigio, un avvenimento straordinario (imonstrum, miraculum), per esempio, la pioggia di sangue nell Iliade (si, 53; xvi, 459); l'apparizione di una mano nell'Odissèa (i, 202; u, 158). I vaticinatoli, indovini o veggenti (u«vc«<;) erano appo iuooQle
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