Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DIVINAZIONEnomanzia (XiSotvofjwtvTtfa) e critomanzia (xpcflouotvreia) ci fanno fede che si traevano auspicii anche dal fumo che alzavasi dall'altare, dalle libazioni, e dalla farina di orzo di cui si aspergevano le vittime nell'atto di offrirle, ed eziandio dalle cose le più minute riferentisi alle offerte. Avevasi quindi durante il sacrifizio una cura speciale, affinchè non uscisse dalla bocca degli astanti alcun motto frivolo od infausto, ed è per ciò che i sacerdoti inculcavano sovente al popolo raccolto o di parlar bene, colle formule euqprjp-cTrc (dite bene) ed ewt^ìx (buon detto),
      0 di tacere, colle altre myfaE (fate silenzio), mom&tt (tacete), farete linguis (frenate la lingua, silenzio), ecc., dappoiché le espressioni improprie o poco decevoli, dette variamente in greco Soluta. x^Sóvec, «piqvat, cpoival od 'ofA?«{ (Pind., Ol.t vi, 112; Homer., Il., li, 41), reputavansi non solo contaminatrici e profanatrici dell'atto religioso, ma apportatrici pur anco d'infauste sorti.
      Venendo ora ai segni naturali, noteremo che l'arte d'interpretarli dicevasi tra i Greci rionistica (oUrtvurnx^, arte di pronosticare dall'osservazione degli uccelli, da oìwvóc, uccello), e dai Romani per la stessa ragione augurio od auspicio (augurium, ossia pronostico dal garrito degli uccelli; auspicium, lo stesso dalla loro ispezione, giusta il modo comune di decomporre i due vocaboli, sebbene la seconda parte dei medesimi abbia un significato rituale che oggidì s'ignora). Cotest'arte era comune ad entrambi
      1 popoli, come di leggieri si scorge, ma non fu mai svolta tanto e ridotta a sistema dai Greci, quanto
      10 fu dai Romani, presso i quali fu considerata di somma importanza (V. Auspicio). I Greci nell'osser-vareil volo degli uccelli volgevano lo sguardo alN., e quindi se vedevano comparire un uccello alla dritta (all'È.), specialmente un'aquila, un airone od un falcone, lo reputavano segno propizio (Hom., 11., xiv, 274; xxiv, 310; Od., xv. 524), mentre gli uccelli volanti alla sinistra (all'O.) erano riputati d'infausto presagio (Hom., Ilih, 201, 230; Festus, s. v. Sinistrce aves) ; il contrario succedeva appo gli auguri romani, i quali per faro le loro osservazioni volgevano la faccia a mezzodì. Talvolta credevasi sufficiente la sola apparizione di un uccello ; così, per esempio, gli Ateniesi consideravano segno fausto la comparsa di una civetta: ne derivò quindi il proverbio fcrrorrai, la civetta se ne va, passa volando, per significare: noi abbiamo buona fortuna; le faccende nostre vanno bene, ecc. Anche altri animali che comparissero inaspettatamente, in ispecie ai viaggiatori per istrada, detti perciò segni ovvii, ossia scontrantisi per via (évóàia «ró^oXa), furono considerati parimente di buon augurio ; ed in Atene reputavasi una sfortuna il comparire di una donnola durante la popolare assemblea (Aristoph., Eccles., 793) ; superstizione che trova anche oggidì
      11 suo riscontro in varie altre di simil genere, in parecchi paesi di Europa. Nè taceremo infine che diversi altri mezzi erano in uso fra i Greci per indovinare il volere dei numi, per esempio, la sidero-manzia (oi8v\poiMTtk) o divinazione tratta dal collocare strame secco sul ferro rovente; la molid-manzia (uoX^uavrci'a) od osservazione delle figure formate dal piombo liquefatto; la botanomanzia (pototvopavTcfoi) o divinazione collo scrivere il nome diqualcuno sopra erbe e foglie, che poscia si esponevano al vento, ecc.
      Ma più importanti assai di questi segni naturali ordinarii erano per gl'indovini, principalmente in Grecia, i fenomeni atmosferici straordinarii, particolarmente mentre trattavansi pubblici affari, venendo osservati ed interpretati non solo dagl'individui privati nelle loro proprie faccende, ma eziandio dai pubblici magistrati. Gli efori spartani, come ce ne accerta Plutarco (Agesil., 11), facevano osservazioni regolari nel cielo ogni nove anni in tempo di notte, e la famiglia dei Pitaisti in Atene faceva osservazioni simili ogni anno prima che la teoride (3eop(;) o nave sacra sciogliesse le vele per Delo (Moller, Die Dorien, li, 2, § 14). Fra i fenomeni celesti infausti, detti dai Greci segni di Giove (Sioctj-fjwìot), e dai Latini segni per eccellenza o portenti [signa, portento), erano, come già accennammo, il tuono e la folgore, gli eclissi solari e lunari, i tremuoti, le pioggie di sangue, pietre, latte, ecc. (Aristoph., Eccles., 793; Eustath., ad Hom. Od xx, 104; Thucyd., vii, 50; Xen., Hellen., iv, 7, § 4; Hom., II., xi, 53; Cic., De Divin., i, 43); e qualunque di cotesti segni bastava in Atene per isciogliere la popolare assemblea (Schomann, De Comit. Ath., p. J46). Nella vita comune anche le cose di nessuna importanza, se comparivano per caso in momenti critici, reputavansi dagli antichi tanti segni degli Dei, dai quali si potessero trarre induzioni sull'avvenire. Possiamo noverare tra queste lo starnutare, l'ammiccare degli occhi, il bucinamento degli orecchi, e moltissime altre coserelle, che lungo sarebbe l'enumerare ; parecchie delle quali conservarono il loro significato presso i volghi superstiziosi fino ai giorni nostri (Hom., Od., xvii, 561, colle note di Eutazio; Xen., Anab., ih, 2, § 9; Plut., Themist., 13; Ovid., tìeroid., 19, 151 ; Pro-pert., il, 2, 33; Theocrit., ni, 37; Plaut., Pseud., i, 2, 105 ; Wiistemann, ad Theocr., 1. c.). Gli è ben naturale quindi che anche Voniropolia (óv«pEuropa probabilmente dall'Asia, fosse in grande estimazione all'età eroica cantata da Omero, asserendo costui procedere il sogno pure da Giove (li, i, 63; il da princip. ; Od., iv, 841 ; xix, 457). .Sembra poi che nelle età successive cotesti oniropoli od interpreti di sogni fossero diventati assai numerosi e popolari, ma non ebbero mai il favore dei Governi, e contentaronsi di prestar l'opera loro soltanto ai privati, procacciandosi con siffatto mestiere parecchi di essi il proprio sostentamento. Or qui cadrebbe in acconcio di parlare con maggior ampiezza di que-gl'indovini che passavano l'intera notte in qualcuno dei tempii più venerati dei numi, e sognando si addestravano a predire il futuro, oracoleggiando per dritto e per rovescio; ma ne tratteremo in apposito articolo, ove si vedrà quale fosse la loro influenza sui destini delle varie nazioni (V. Oracolo).
      Ritornando ora là d'onde partimmo, aggiungeremo che la divinazione risale in Oriente, come di già accennammo, alla più remota antichità, perchè e nell'India e nella Persia esiste da tempo immemorabile l'arte di pronosticare l'avveuire dal volo degli uccelli. Nella Caldea, nella Frigia, nella Licia, e specialmente a Telmesso o Telmisso, bella
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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