Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DIVORZIOsoluto è quello per cui due conjugi vengono reciprocamente svincolati dai legami matrimoniali, ed nmbi hanno diritto di contrarre nuovo matrimonio ! con altra persona; il condizionato è la semplice se-i parazione di corpo e di beni dei conjugi, e però lascia intiero il vincolo matrimoniale. La quistione dell'indissolubilità dei legami matrimoniali è una fra le più gravi agitate dai moralisti e dai legislatori; ma noi, invece di fermarci su questo punto di diritto naturale, ci volgeremo piuttosto alla storia per raccogliere da essa le più celebri disposizioni legislative circa un punto di tanta importanza. Imperocché sì nel mondo antico che nel moderno i popoli ebbero ed hanno relativamente al divorzio costumanze e legislazioni varie, quali ammettendo il divorzio assoluto, quali solamente il condizionato, quali avendo il divorzio assoluto per vero diritto, quali ammettendolo per sola tolleranza o per legge di polizia.
Non si può dubitare che gli antichi Ebrei godessero del diritto di sciogliere affatto il matrimonio, trovandosi questa disposizione legislativa nel Deuteronomio (c. xxiv, vs. 1) : «Se un uomo prende moglie e la tien seco, ma ella non è amata da lui per qualche cosa di turpe, scriverà un libello di ripudio, e por-rallo in mano a lei, e la manderà via di sua casa ». Tuttavia conviene osservare che il divorzio assoluto \ era permesso agli Ebrei dalla legislazione mosaica per evitare mali maggiori, adattandosi alla loro durezza di cuore, come disse Gesù Cristo ai Farisei che gli avevano domandato se il divorzio era lecito, ma che in principio non era cosi (Matt., xix); e però si suol conchiudere da alcuni che il divorzio ebraico era permesso solamente in vigore di legge umana o di polizia, non già per legge divina.
Presso gli Egizii, i Greci ed i Romani il divorzio assoluto era lecito ; ma gli ultimi ne avevano di due sorta che non bisogna confondere assieme, l'uno detto divortium, che risponde a quello di cui si tien discorso, l'altro chiamato repudium, che si applicava più particolarmente all'atto col quale il futuro sposo ripudiava la sua fidanzata. 11 divorzio fu poi così chiamato sia perchè i conjugi avevano caratteri opposti, sia perchè andavano in luoghi differenti; a diversi tate mentium, aut quia in diversas partes ibant, dice la 1. 2, dig. De divortiis ; il che non conveniva alla fidanzata che non dimorava ancora col suo futuro sposo. Nei primi secoli della repubblica romana il marito solo aveva diritto di chiedere il divorzio; ma poi la legge 6, dig. De divortiis estese questo diritto alle donne, forse perchè essendone prima prive, e d'altronde non potendo tollerare tm'unione insopportabile, si davano troppi casi di delitti commessi dalle mogli per iscioglierla. Che se fu veramente questo il motivo che determinò il legislatore a rendere reciproco tra i conjugi il diritto di chiedere il divorzio, egli pare non sia Btato rimedio abbastanza efficace contro il male; imperocché sappiamo da Tito Livio (vm, 18) che nell'anno 423 censettanta donne furono convinte di avere attentato col veleno alla vita dei loro mariti. Considerevolissime sono le osservazioni contenute nella Novella 140 di Giustiniano, che permette il divorzio per mutuo consenso dei conjugi, le quali provano come i cuori fossero tanto irritati da ten-
dersi reciprocamente trame mortali. Del resto pare che a Roma sianBi per molto tempo dati pochissimi casi di divorzio, giacché per testimonianza, egli è vero alquanto dubbiosa, di Dionigi d'Alicarnasso (lib. il), d'Aulo Geli io (it, 3; xvii, 21) e di Valerio Massimo (il, 4), un solo cittadino, Sp. Carvilio Ruga, nello spazio di più di cinque secoli, si determinò a valersi di un tale diritto, e questo anche per evitare uno spergiuro, avendo egli fatto il solito giuramento nelle mani dei censori che prenderebbe moglie per averne figliuoli. Ma in seguito vi si ebbe tanto ricorso, principalmente dalle donne, che Seneca (De beneficiis, ni, 16) non dubitò di dire che le donne di maggior condizione mutando marito ogni anno contavano gli anni dai mariti e non dai consoli, e che per impedire quest'abuso Augusto dovette porre nella legge Giulia, De advXteriis, una regola per cui il divorzio non poteva aver luogo se non in presenza di sette testimonii e del liberto incaricato di consegnare il libello di ripudio. L'amore delle ricchezze contribuì a rendere i divorzii frequentissimi nell'impero romano, e ad esso s'appigliavano le maggiori famiglie, come facevano dell'adozione. Giulio Cesare, Pompeo, Ottavio ed Antonio ebbero ciascuno successivamente tre, quattro o cinque mogli
11 Vangelo aveva proibito il divorzio assoluto ai primi cristiani; infatti nel citato passo di san Matteo (xix, 3 e segg.) Gesù Cristo risponde ai Farisei: « Ciò che Iddio ha congiunto, l'uomo non separi ». E pare che san Paolo nella sua prima epistola ai Co-rintii (vii, 12 e segg.) appoggi questa massima. Questi furono i testi che determinarono la Chiesa a rigettare il divorzio; tuttavia non pare che nei primi tempi del cristianesimo siano sempre stati intesi rigorosamente. Infatti risulta da nna formola di Marculfo (lib. ir, c. 30) e da un capitolare di Car-lomagno (Baluzio, I. vi, c. 191) che ai loro tempi il divorzio era permesso: 1° per causa d'adulterio; 2® per consenso dei conjugi, intendendo dedicarsi al servizio sacro; e lo stesso Carlomagno due volte fece divorzio. Forse bisogna considerare questa tolleranza del divorzio solamente come una concessione fatta dai principi di quell'epoca ad abitudini che il cristianesimo non aveva ancora potuto intieramente mutare; ed è poi certo che san Gregorio il Grande, papa verso la fine del sesto secolo, consultato sopra una legge imperiale che permetterà il divorzio, e si trovava perciò in opposizione alla legge divina che dichiara indissolubile il matrimonio, non esitò a dichiararsi contrario a quella legge, non appoggiandosi precisamente sul precetto di Gesù Cristo, ma su quello di Dio rinnovato dal Salvatore (Epist. ad Theoctistam, col. 1130).
In generale i Concilii approvarono la dottrina dell'indissolubilità : quello di Trento scagliò l'anatema contro chiunque dica che la Chiesa erra insegnando che l'adulterio non iscioglie il matrimonio (sess. 24, c. 7). Queste parole del sacro canone non condannano però di eresia la Chiesa d'Oriente, la quale ammette l'assoluto divorzio per causa d'adulterio, ma bensì le sètte protestanti che osano accusare la Chiesa di errore perchè insegna che neppure per causa di adulterio si discioglie il matrimonio, ed aggiungono altre cause di divorzio. Secondo il giureconsulto protestante Boehmer, le cause delt^iOOQLe
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