Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DOCIMASIA
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opposti al loro buon volere. Passata una certa età, e in certi casi della vita, la docilità, che è una virtù pel fanciullo, diverrebbe una colpevole debolezza nell'adulto. V'ha circostanze, fortunatamente eccezionali, in cui un più sacro obbligo vieta anche al figliuolo di acconciarsi ai voleri del padre, vale a dire quando gli fosse ordinata un'azione inonesta. Così la moglie deve mostrarsi docile col marito in ogni occasione; ma sarà virtuosa la sua resistenza ai desiderii di lui quando, per cagion d'esempio, egli le ordinasse di apporre la sua firma a contratti che fossero rovinosi per i proprii figliuoli.
DOCIMASIA (lat. probatio, exploratio, gr. 5oxt(uouria, da Soxi.ucKw, esploro, esamino, sperimento) (archeol.). — Voce greca, con cui indicavasi in Atene il sindacato al quale veniva sottoposto un cittadino qualunque, eletto a sorte od a voti ad una pubblica carica, per conoscere la sua vita passata, affinchè ciascuno potesse porre in luce ciò che ostava alla sua ammissione al destinatogli ufficio. Così praticavasi cogli arconti, coi senatori, cogli strateghi o capi d'esercito, e cogli altri magistrati. L'esame o scrutinio degli aspiranti alla dignità di arconti si faceva dai senatori od anche nelle grandi corti giudiziarie della eliea (Wachsmuth, i, part. i, p. 2). Ma la docimasia non si limitava già alle sole persone destinate alle pubbliche cariche, estendendosi eziandio a tutti quegli oratori che prendevano a favellare nelle popolari assemblee, mentre menavano vita scostumata, e dopo di aver commesso atti criminosi. Ladenunzia contro costoro poteva farsi in pubblico da qualunque cittadino, per l'esame della vita (upòc Soxijxaciav tou fMou), ossia per costringere il denunziato a comparire nanti una corte di giustizia e render conto del suo vivere e della sua condotta. Se reo, veniva colpito di Atimia (V.) (attiriti'*) ed escluso dalle assemblee (Schòmann, p. 240; JSsch., Timar., p. 5). In Atene usavasi inoltre comunemente la frase di essere nella virilità, essere approvato (avSpa eTvat Soxtjxao^rjvai), per esprimere che uno poteva intervenire alle popolavi assemblee e darvi il suo voto. Era pertanto costume nella stessa città che ciascuno diventasse efebo o giovane adulto (t^o;, propriamente pubere, di dodici anni se maschio, e di quattordici se femmina) all'età di diciott'anni, entrando di venti nella virilità (Poli., vii», 105; Schòmann, 76). Nel caso però di pupilli eredi di beni stabili, la legge faceva eccezione e dichiaravali d'età virile prima che spirassero i due anni d'intervallo, purché si dichiarasse, la mercè di una docimasia, che il giovane era fisicamente atto a sostenere alcune incombenze che gli potessero venire affidate. Ciò posto, esciva di tutela ed entrava nella virilità, il che esprimevasi in greco colle parole otv^p i^t-zo (diventava uomo), od anche colla sola formola SoxifxadOYj (si approvava) ; in forza di che acquistava il diritto di prendere possesso della sua eredità e di godere altre franchigie, appunto come se avesse raggiunta la piena età dei vent'anni (Harpocr., s. v. EwSieTei; t^tou, ossia ciò che eccede il biennio,ed essere entrati nella pubertà ; Demosth., c. Aphob., 857; c. Onet., 865; c. Steph., 1135). Giovi qui avvertire che non tutti i grammatici ed oratori sono d'accordo sui limiti precisi della docimasia rispetto all'età; ma tale disaccordo non scema punto efficacia alle spiegazioni da noi date, eserve a conciliarle tra loro, accordandosi nella sostanza colla supposizione del più fiate citato Schòmann, che fra gli Ateniesi non vi era epoca fissa per la dichiarazione di virilità, ossia per l'uscire di pupillo, ben inteso però che la medesima non succedeva nè prima dei tredici, nè dopo compiti i vent'anni.
DOCIMASIA (imed. leg.). — Voce greca (SoxifWoi), che significa prova, esplorazione. Nel linguaggio medico-forense chiamasi docimasia polmonare l'esame metodico degli organi della respirazione, istituito per riconoscere se il feto trovato morto abbia o no respirato. Molte sono le circostanze nelle quali è utile il poter stabilire questo fatto ; essendo la respirazione, come segno manifesto di vita, uno degli argomenti più forti per decidere della vitalità del feto, cosa importante ad accertarsi, tra gli altri casi, in quello di una successione. Cosi, ove il feto venga estratto dall'alvo materno coll'operazione cesarea dopo la morte della madre, si potrà dire con maggior fondamento che il bambino le avrà sopravvissuto, se potrassi provare che esso abbia respirato. Inoltre la prova che il bambino ha respirato dopo l'espulsione dall'alvo materno può aggravare la condizione della femmina accusata d'infanticidio. Rimandando alle parole Vitalità ed Infanticidio l'esame delle questioni che ad esse si riferiscono, ci limiteremo qui ad accennare le varie specie di docimasia ed il loro valore per poter riconoscere se il feto abbia vissuto fuori dell'alvo materno.
Le diverse specie di docimasia rammentate dagli scrittori di medicina legale sono la docimasia idrostatica, quella di Daniel e quella di Ploucquet. La docimasia polmonare idrostatica è la più antica di tutte, essendo essa stata accennata da Galeno, ed esattamente descritta nel 1664 da Tommaso Barto-lino e Giovanni Swammerdam. Essa però fu soltauto applicata alla medicina legale per la prima volta da Screyer, e quantunque non mancassero autori che le facessero gagliarde obbiezioni in tutti i tempi, essa è ancora adoperata ai nostri giorni come possente mezzo ausiliario per riconoscere se il feto abbia o no respirato. Quest'esperienza è fondata sulle leggi dell'idrostatica, e sull'essere i polmoni del feto spec ficainente più pesanti dell'acqua prima della respirazione, e meno dopo di essa. Per eseguirla si estraggono dalla cavità toracica i due polmoni unitamente al cuore, previa legatura dei grandi tronchi vascolari, e s'immergono in un vaso pieno d'acqua comune alla temperatura ordinaria, di capacità sufficiente e profondo almeno 50 centimetri. Se i polmoni unitamente al cuore stanno alla superficie dell'acqua, è segno che vi fu respirazione ; nel caso contrario il feto non ha respirato. Se un solo polmone soprannuotasse, si terrà conto della circostanza. In seguito si tagliano i polmoni in varii pezzi e s'immergono nuovamente facendo la stessa osservazioue. — Le obbiezioni che si fecero alla docimasia idrostatica sono le seguenti :
1° 1 polmoni di un feto morto nell'utero materno possono esserepiù leggieri dell'acqua qualora sia già cominciata la putrefazione. — Quantunque questo fatto negar non si possa, Orfila suggerisce il seguente mezzo per distinguere l'uno dall'altro caso. Se i polmoni sono putrefatti ed il feto non ha respirato, ove si comprimano fra le dita e s'immergano nel
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