Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DODONAtiche come quelle che compongono il genere dido. La prima, ossia il dronte (didus ineptus), non si conosce se non per descrizione fattane dai primi navigatori olandesi e conservata da Clusio (Exot., p. 99) (anno 1605), e per mezzo di un quadro ad olio dello stesso tempo copiato da Edwards, tavola 294 ; giacché la descrizione di Herbert è puerile, e tutte le altre sono state tolte da Clusio e da Edwards. Pare che questa specie sia intieramente scomparsa, e oggidì non se ne possiede se non un piede conservato nel Museo britannico, e una testa assai male conservata nel Museo Asmoleano di Oxford.
Fig. 2164. — Dronte di Brontius.
H becco sembra avere qualche analogia con quello dei pinguini, e molta il piede con quello dell'atte-nodite, se fosse palmato. Della seconda specie, ossia del solitario (didus sohtarius), non si ha altra prova che la testimonianza di Leguat ( Viagg., r, p. 98), scrittore che ha travisato gli animali più noti, come l'ippopotamo e il lamantino. Finalmente la terza, ossia Yoiseau de Nazare (didus nazarenus), non è conosciuta se non per mezzo di Francesco Cauche, che la tiene identica col dronte, e le dà tuttavia tre sole dita, dove al dronte se ne danno quattro da ogni altro autore. A nessuno, dopo i detti navigatori, venne fatto di vedere alcuni di questi uccelli >. Questa nota viene ripetuta nella seconda edizione (1829) coll'aggiunta di alcune notizie sul-Yapterix. Tuttavia pare che Cuvier modificasse posteriormente la sua opinione, come risulta dal fatto seguente. Negli Annales des seiences (tom. xxr, pagina 103, sett. 1830) trovasi un ragguaglio di una quantità di ossi fossili allora recentemente scoperti fiotto uno strato di lava nell'Isola di Francia (Mau-
rizio) e mandati al Museo di Parigi. Quasi tutti appartenevano ad una grossa specie vivente di testuggine di terra, detta testudo indica; ma fra essi trovavansi la testa, lo stemo e Yhumerus di ud uccello creduto il dodo, intorno ai quali narra il geologo inglese Lyell ne' suoi Principii di geologia, che Cuvier nel mostrargli quei preziosi avanzi in Parigi lo assicurò non rimanergli alcun dubbio che quell'uccello straordinario non fosse della tribù dei gallinacei.
Blainville, autore d'una bella Memoria intorno a quest'argomento (Annal. du Muséum, ii, 1835), pensa, e forse più fondatamente, che il dodo appar-tenesse agli avoltoi. Temmink invece lo reputa una specie di pinguino. La figura del dronte di Brontius qui riportata è tolta da un'incisione in legno che trovasi nell'opera di lui edita nel 1658.
D0B0NA (in lat. Dodona, in gr. Aw&óvrj e Auòw) (geogr. ant. e stor.). — I. Rinomanza, antichità e posizione. — Città dell'Epiro, famosa per il suo oracolo di Giove, il più antico dell'Eliade; una delle sedi dei Pelasgi, e quindi il Giove Dodoneo era divinità pelasgica, il cui oracolo aveva somma rinomanza nell'età primitiva della Grecia. A cagione però della sua distanza dalle principali repubbliche greche, scemonne col volgere del tempo la fama per la celebrità a cui salì l'oracolo di Delfo, ma continuò ad essere in grande onore, e fu considerato negli ultimi tempi come uno dei tre oracoli più insigni, da noverarsi cogli altri due più venerati, l'or mentovato di Delfo, e quello di Giove Ammone nella Libia (Strab., xvi, p. 762; Cic., De div., r, 43; Corn. Nip., Lys., 3).
L'antichità di Dodona ci viene attestata da parecchi passi di Omero né\YIliade (ir, 748; xvi, 233) e nell'Odissea (xiv, 327 ; xix, 296). Dal disaccordo che sembra esservi tra il primo e il terzo di questi passi inferirono i critici antichi che vi fossero due luoghi col nome di Dodona; l'uno in Tessaglia, nel distretto di Perrebia (Perrhabia) vicino al monte Olimpo, e l'altro in Epiro, nel distretto della Tesprozia (Thes-protia); che gli Enieni ricordati nel primo passo insieme coi Perrebii del fiume Titaresio provenissero dalla città tessalica; e che la Dodona visitata da Ulisse per consultare la quercia oracolifera di Giove, dopo il commiato preso dal re dei Tesprozii, fosse il luogo epirotico, a cui alludesi nel terzo passo. Riguardo poi al secondo summentovato differivano le opinioni, supponendo alcuni che Achille indirizzasse la sua prece a Giove nella Dodona tessalica, come al nume patrono del natio suo suolo, mentre altri sostengono che la menzione dei Selli, il cui nome incontrasi altrove unito a quello della tesprozia Dodona, accenni al luogo epirotico (Strab., vii, p. 327; tx, p. 441 ; Steph. B., s. v. Aw&mj).
IL Selli od Etti, e sede primitiva deli oracolo. — Dal confronto dei precitati tre passi risulta ad evidenza che il primo si riferisce alla Dodona tessar lica ; ma siccome non si ha prova certa di sorta di un oracolo ivi esistente, gli è ben probabile che la preghiera di Achille si dirigesse al nume in Epiro, il cui oracolo aveva di già acquistato grande celebrità, come scorgesi dai versi dell'Odissea. Dicesi che la Dodona tessalica si chiamasse anche Bodona, e che da questa avesse ricevuto e colonia e nome^.ooQle
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