Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DODONA
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      la tesprotica (Steph. B., s. v. AwSwvr,). I Selli poi, descrittici da Omero come interpreti di Giove, dai piò non lavati, dormienti sulla nuda terra (uito^riTai àvwrrÓ7ro$e; xatuieuvat), sembrano essere stati una tribù, venendo chiamati da Pindaro anche Elli (Helli) ; e la regione circostante, detta dal loro nome Ellopia (Hellopia, 'EXXoiu'r,), viene descritta da Esiodo come paese fertile, di ricchi pascoli, in cui era posta Dodona (Strab., vn, 328; Schol. ad Soph. Trach., 1167). Aristotele c'indica l'Eliade primitiva nelle parti limitrofe a Dodona ed all'Acheloo, aggiungendo però che questo fiume cangiò sovente il suo corso, aggiunta necessaria, perchè l'Acheloo non scorre presso Dodona. Asserisce inoltre che il diluvio di Deucalione avvenne in questo territorio, abitato allora dai Selli e da genti che allora si dicevano Greci, ma poscia Elleni (Aristot., Meteor., i, 14), senza citare gli autori su cui si appoggia, mentre afferma cosa contraria all'opinione comune dei Greci, i quali associavano Deucalione, Eliade ed Elleni col distretto tessalico tra i monti Otri (Oihrys, odierno Gura) ed Oeta (odierno Katavotra) (Grote, Hi st. of Greece, voi. n, p. 355). È impossibile risalire più in là all'origine dell'oracolo, e si possono tranquillamente abbandonare i racconti di Erodoto intorno alla sua origine egizia, ed al suo nesso col tempio di Tebe nell'Egitto e di Giove Ammone nella Libia (Herod., il, 54). Dicevasi che il nume dodoneo risiedesse nel tronco di una quercia, che in greco dicevasi per lo più Spu? (quercus, róbur, quercia, rovere), ed era propriamente Teschio od ischio (eesculus od esculus) ghiandifero, nella cui cavità fu collocata probabilmente la sua statua nelle più remote età, e fu dapprima il suo unico tempio, giusta le frasi degli antichi (voìov S'Iv TwO^vt ^oZ, tempio nel fusto della, quercia. Hes., ap. Soph. Trach., 1167; àwSowiv «p^óv te, rieXa^Ytov Kpotvov, 7jx£v, mandò a Dodona ed alla quercia, sede dei Pelasghi. Hes.jap.tf/raft.jVi^p. 327; Mailer, Archaol., § 52, 2).
      III. Peleiadi o Pelee, encomi* poetici, rovesci e ristauri. — Il nume rivelava i suoi voleri dai rami dell'albero, forse mediante il romoreggiar del vento, i cui susurri dovevano essere interpretati dai sacerdoti, e perciò sovente trovansi mentovate le quercie parlanti di Dodona, dicendosi anche nel singolare, per esempio: al rcpoa^opoi Spue? (le loquaci querce. ^Esch., Prom., 832) ; toXuyXwgiou Spuo? (della moltilin-gue quercia. Soph., Trach., 1168; id., Hom., Od., xiv, 327). Ai tempi di Erodoto e di Sofocle gli oracoli venivano interpretati da tre donne vecchie (Sofocle anzi dice da due), dette Peleiadi o Pelee (IleXetotSe? o n Aaiat, propriamente colombe), perchè era fama che le colombe avessero recato il comando di fondare ìyì l'oracolo, e perciò Sofocle scriveva (Trach., 171):
      UH TJJV iwXaiitv cprjYÒv aù8rj3um Stacwv ex iteXeiaSwv
      (come disse che l'antica quercia mandava voci un dì a Dodona col mezzo di due colombe).
      Erodoto però (ir, 55) dà il nome di tre sacerdotesse, e viene citato e da Strabone (vif, Fragm. 2) e da Pausania (x, 12, § 10). Coteste sacerdotesse furono introdotte probabilmente in luogo dei Selli, quando il ulto di Dione madre di Venere fu congiunto conquello di Giove a Dodona; ed i Beoti furono il solo popolo che abbia continuato a ricevere gli oracoli dai sacerdoti (Strab., ix, p. 402). Cresciuta l'importanza di Delfo, Dodona veniva consultata principalmente dalle tribù finitime, dagli Etoli, Acarnani ed Epiroti (Paus., vur, 21, § 2); ma, come di già accennammo, continuò a godere grande rinomanza anche fino agli ultimi tempi. Ne abbiamo le prove in Creso, il quale, regnando dal 559 al 547 av. Or.,* mandò a consultare l'oracolo (Herod., i, 46); in Pindaro, fiorente nel 500 av. C'r., che compose un peana in onore del nume dodoneo, essendovi stretta connessione tra Tebe e Dodona (Pind., Fragm., p. 571 ; Strab., ix, p. 402); in Eschilo e Sofocle che parlano dell'oracolo colla massima riverenza (iEsch., Prom., 829; Soph., Trach., 1164); ed in Cicerone, che osserva come gli Spartani, in affari di gran' momento, fossero avvezzi a chieder consiglio dagli oracoli o di Delfo, o di Dodona, o di Giove Ammone (Cic., De~div., i, 43). Sembra che gli Ateniesi puranco abbiano consultato non di rado cotesto oracolo, il che fecero probabilmente per la diffidenza della delfica Pizia nella guerra peloponnesiaca; dicesi quindi che avessero ricevuto il comando dal nume dodoneo di fondare una colonia in Sicilia (Paus., vur, 11, § 12); Demostene cita parecchi oracoli di Dodona (De fals. leg., p. 436; in Mid., p. 531); e Senofonte raccomanda agli Ateniesi di chiedere consigli a Dodona (De vect., 6, § 2). Sotto i re molossi, discendenti da Neottolemo figlio di Achille, i quali estesero a poco a poco il loro dominio per tutto l'Epiro, Dodona crebbe forse di bel nuovo in importanza, come si può arguire dalle medaglie dei re molossi, che hanno sovente le teste di Giove e Dione, ed anche del solo Giove entro una ghir* landa di quercia. Non devesi qui dimenticare che nel 219 av. Cr. Dodona fu colpita da un infortunio, da cui mai più si riebbe, per opera degli Etoli capitanati da Dorimaco, in guerra col macedone Filippo, i quali devastarono l'Etolia e raserò al suolo il tempio del nume (Polyb., iv, 67). Strabone, descrivendo le rovine delle città epirotiche dei suoi tempi, dice ch'esso pure l'oracolo era quasi venuto meno (vii, p. 327) ; ma successivamente si rialzò, e Pausania fa di già menzione del tempio e della sacra quercia come di oggetti degni dell'attenzione del viaggiatore (Paus., i, 17, § 6), soggiungendo inoltre che la quercia dodonea era l'albero più antico dell'Eliade, insieme col salcio (Xtr/o?) di Giunone in Samo (Paus., vni, 23, § 5). La città continuò ad esistere molto tempo dopo, e negli Atti dei concilii incontranti parecchi vescovi di Dodona, l'ultimo dei quali, ser condo Leake, fu nel 516; Jerocle poi (p. 651) parla pure di Dodona nel secolo sesto. >
      IV. Santuario, tripodi, alberi e lébeti loquaci. — Non ostante la celebrità dell'oracolo dodoneo, non abbiamo descrizione alcuna del suo tempio, ed iit-fatti l'edifizio stesso viene ricordato per la prima volta da Polibio nel racconto della distruzione compiutane dagli Etoli nel su citato anno 219 av. Cr. Narra egli pertanto che Dorimaco, giunto al santuario presso Dodona (irep\ Atoàóvriv), appiccò il fuoco ai portici, distrusse molti dei pendenti voti, e raso al suolo il sacro edifizio. Dalle parole presso Dodona possiamo argomentare che il santuario noat^iOOQLe


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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