Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DODONAistesse entro il recinto della città, e sembra che occupasse un'area considerevole, avendo parecchi altri fabbricati oltre alla casa santa od al tempio proprio del nume. Lo storico Demone, autore del-YAUide (Atthis, 'Atto';) o storia dell'Attica, e coetaneo del famoso Filocoro, jeroscopo in Atene nel 309 av. Cr., ed autore di una storia pure dell'Attica collo stesso titolo, attesta che il tempio ora mentovato era circondato di tripodi portanti caldaje, poste cosi dawicino le une alle altre, che al tocco di una sola le vibrazioni si propagavano a tutte quante, e ne usciva strepitoso fragore (Steph. B., 8. v. AwSwvtj; Schol. ad Eom. Il., xvi, 233). Sembra che la maggior parte di tali tripodi sia stata offerta dai Beozii, avvezzi a mandarne in dono ogni anno (Strab., x, p. 402). Fra gli oggetti notevoli di Dodona eranvi due colonne, sur una delle quali stava un eneo pajuolo, e sull'altra la statua di un ragazzo avente in mano un eneo staffile, dedicatovi dai Corciresi ; al soffiare del vento lo scudiscio percuoteva la caldaja, da cui usciva un forte rumore ; e siccome Dodona era molto all'aperto, ciò accadeva costantemente, e quinci nacque il proverbio del pajuolo dodoneo e dello staffile corcirese (Polemon, ap. Steph. B., 8. v. Aw&óvrr, Suid., s. v. AwSwvatov X«x*£ìov; Strab., vii, p. 329). Sembra essere stato questo uno dei mezzi di consultare il nume, e quindi san Gregorio Nazianzeno, ricordando il silenzio dell'oracolo a* suoi tempi, servesi dell'espressione non oracoleggia piU il lebete (oùxrci Àe6r,c pavreueToti. Or., IV, p. 127). Eispetto alla maniera di emettere gli oracoli, varie sono le notizie che ce ne porgono gli scrittori, differendo probabilmente a seconda dei tempi diversi. Il modo più antico fu per certo quello dei suoni la mercè degli alberi, di cui abbiamo di già parlato, e Servio avverte che appiè della sacra quercia sprizzava una fontana, il mormorio delle cui acque era profetico, e veniva interpretato dalle sacerdotesse (ad Virg. uEn., in, 466) ; sembra però che alcune volte s'indovinasse il volere del nume col giuoco delle sorti (Cic., De div., i, 34).
      V. L'antica Dodona e la moderna jannina forse identiche. — Non si può precisare il sito di Dodona, perchè non si scoperse alcun avanzo del tempio, nè iscrizione alcuna che indichi la vera posizione della città, la quale è l'unico dei luoghi più celebri della Grecia di cui non si conosca esattamente la situazione. Il più fiate rammentato colonnello Leake, che trattò l'argomento col solito acume e colla consueta dottrina, giunge alla conclusione più probabile, che la fertile valle di Jannina sia il territorio di Dodona, e che le rovine sul colle di Kastriesa all'estremità S. del lago di Jannina sieno quelle dell'antica città. Questa copriva, secondo lui, non solo tutta la cima, ma aveva anche una cinta secondaria o sobborgo fortificato dal lato meridionale del colle, formando cosi l'intera circonferenza di 4 in 5 chilometri. I ruderi del sobborgo constano principalmente di staccati frantumi e di rimasugli di edifizii sparsi sul terreno, che qui è coltivato; ina si può tracciare tutta la periferia delle mura della città sulle alture, come quelle eziandio dell'acropoli sulla vetta, le quali hanno ancora qua e là da 3 in 3 metri e * fa ài altezza. La muratura è di secondo ordine, o composta di massi trape-
      zoidi o poliedri, adattati gli uni agli altri e com. badanti senza cemento, e formanti un rincalzo per una massa interna di pietre gregge e calce. Un monastero che sta ora nel mezzo dell'ellenico recinto, porta lo stesso nome del colle, ma sebbene sia fabbricato in gran parte di materiali antichi, non conserva una sola lapide marmorea inscritta
      0 scolpita, nè si possono rinvenire somiglianti re liquie in alcuna porzione dell'antico sito. Fin qui il dotto viaggiatore inglese, i cui argomenti per porre Dodona dov'è l'odierna Kastrizza faremo di brevemente accennare. Era opinione degli antichi che Dodona avesse fatto parte dapprima della Tesprozia e poscia della Molosside ; trovasi quindi che il bizantino Stefano la dice città della Molosside, mentre Strabone (vii, p. 328) la pone nello stesso distretto,notando che si chiamava Tesprozia dai poeti tragici e da Pindaro, senza essersi avveduto che lo stesso Eschilo, appellando il dodoneo l'oracolo del Giove Tesprozio, colloca nondimeno Dodona sulla pianura indossa, dicendo (Prom., 829):
      torti yfcp 3jX0«< itp^ MoXocaì oaxtSa, t))v aÌ7ruvwrov t' «ji^ì Aw&óvtjv, X*a fxavTtta 3wxo? t' lori Buntpurroo
      (ma poscia ti recasti alla molossea pianura, nei dintorni dell'eccelsa Dodona, ov'è la sede oracoleg-giante del Tesprozio Giove).
      Ne verrebbe quindi che il territorio di Dodona confinasse colle frontiere interne della Tesprozia e della Molosside, e corrisponderebbe in questo caso al distretto di Jannina.
      VI. Suffragio di poeti, storici, geografi e grammatici per la stabilita identità. — Pindaro anch'egli ci descrive l'Epiro come cominciante a Dodona, e sten-dentesi indi al mar Jonio (Nem., iv, 81) ; dal che ne segue che Dodona era posta alla frontiera E. dell'Epiro. Che fosse poi vicino agli alti monti del Pindo, sulla frontiera orientale, può inferirsi dal modo con cui Eschilo parla delle dodonee montagne, e dal succitato epiteto akuvwro* (eccelso, di alto dorso, da orfici, elevato, alto, e vwroc, dorso, tergo ed anche superficie) dato a Dodona, come pure dall'omerico $uDodona per opera degli Etoli deducesi che sorgeva alla frontiera orientale dell'Epiro, e Polibio (iv, 67) dice infatti che gli Etoli marciavano per le parti o località superiori dell'Epiro («le toì»? dfvw tówx* rr^ Usu'pouì, il che equivarrebbe all'Epiro superiore, ossia alle parti più distanti dal mare, verso la catena centrale delle montagne. Esiodo in un passo di già citato (ap. Schol. ad Soph. Trach., 1167 ; Strab., vii, p. 328) descrive Dodona come situata sopra un'estremità nel distretto che dicesi Ellopia (He/fojna), pa»se di campi da grano e prati, abbondante di greggi e di mandre, ed abitato da un gran numero di pastori ed allevatori di bestiame; descrizione che si affià benissimo alla valle ubertosa di Jannina, ricca di prati, greggie e mandrie. Parecchi antichi scrittori dicono inoltre che il tempio di Dodona era appiè di un'alta montagna, detta Tomaro o Tmaro ( Tomarus, Tmarus, Tóaapoc, Tuapo?), per coi
      1 sacerdoti del nume si appellavano Tomuri (tooosco. Strab., vii, p. 328; Callirn.. Bymn. in Cer.t 52;
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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