Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DOGANEIndistintamente un cinquantesimo, ossia 2 per 100 sul loro valore. Similmente moderata era la tassa 8ul commercio negli altri Stati della Grecia.
      In Roma la prima menzione d'un'imposta sull'importazione delle mercanzie rimonta all'epoca dei re, probabilmente d'Anco Marzio, il quale, impadronitosi d'Ostia, aperse questo porto al commercio straniero. Dopo la cacciata dei Tarquinii, i consoli liberarono il popolo romano dalla dogana (porto-rium), quasi volessero abolire un odioso balzello che ricordava la cessata monarchia. Ma nell'anno di Roma 573 il bisogno di danaro per la guerra fece ristabilire quel tributo. La Sicilia pagava, per diritti d'esportazione, il ventesimo del valore degli oggetti estratti. Le dogane furono di nuovo soppresse dal pretore Metello Nipote ; del che Cicerone si lagna in una sua lettera, confessando però a suo fratello Quinto che non è tanto l'eccesso della tassa (non portorii onus), quanto la durezza dell'esercizio (sed portitorum injurite) che cagionarono le pubbliche lagnanze e l'abolizione. Giulio Cesare ristabilì il portorium sulle merci forestiere. L'etimologia stessa di questo nome, al quale talora negli autori vediamo sostituito quello più generico di vectigal (a vehendo), indica che i dazii erano specialmente percepiti sulle merci importate per mare; ma vi erano però dazii analoghi al passo dei monti, delle strade, dei fiumi.
      Sotto l'amministrazione fiscale degl'imperatori romani andavano soggette a dazio anche cose prive di valor venale ; il cadavere d'un defunto, che dal luogo di sua temporanea sepoltura trasportavasi in un altro, era sottoposto a certi pedaggi. Gli schiavi giovani e belli destinati alla prostituzione, e gli eunuchi, oltre al diritto del ventesimo sulla vendita, pagavano il portorium entrando in Italia. E i contrabbandieri d'allora sapevano eludere questa legge, poiché Sve-tonio e Quintiliano raccontano che arrivando a Brindisi o ad altro ufficio erariale, i mercatanti mettevano ai loro schiavi la pretesta e la bulla, distintivi degli uomini liberi, per esentarli dalla tariffa, salvo a spogliameli appena entrati.
      1 portitores o doganieri avevano diritto di aprire e di visitare i colli, onde verificare la dichiarazione che i trafficanti dovevano fare del loro contenuto. Erano anche autorizzati ad aprire le lettere. Gli oggetti non dichiarati venivano confiscati, a meno che il dichiarante non fosse un minore, caso in cui poteva ricuperare le merci pagando doppio diritto. Erano esenti da dazio tutte le cose convenienti al viaggio (instrumenta itineris), o destinate agli eserciti, o appartenenti al fisco ; gli schiavi comuni, destinati alla coltivazione od alla domesticità, infine tutti gli oggetti che trattavansi per servirsene e non per trafficarli. Sotto i regni di Costantino, di Valen-tiniauo e di Valente, s'introdussero varie immunità doganali a favore dei-magistrati, dei militari e dei figli di veterani. — La quotità della tassa variava secondo i luoghi e secondo i tempi; il limite più gravoso sembra essere stato quello di ]/8 del valore, fissato dall'imperatore Graziano (vedi Dureau de la Malie, Economie politique des Momains, tom. li, cap. 19).
      Nel medio evo, e propriamente nell'epoca del feudalismo, ad ogni pa&so il commerciante incon-
      trava un pedaggio, un uffizio daziario appartenente ad una castellania, ad un Comune, ad un principe. Nel breve tratto di 53 chilometri fra Torino e Susa, oltre i pedaggi di queste due città, v'erano quelli di Rivoli, d'Avigliana e di Bussolino. Si conosce» vano i diritti sull'importazione e quelli sull'esortazione, i quali ultimi, nel regno di Napoli, dopo il regno di Federico II, appellavansi diritti di tundra e di refica. Fu allora che s'introdusse il barbaro costume di non equiparare il balzello al valore delle merci, ma sì al peso, al torsello, alla balla, o, al più al più, alla qualità generale di panno lombardo o francese o fiammingo, d'arbasio o fustagno , il che, osserva giustamente il Cibrario (Economia politica del medio evo, tom. ih, pag. 167 e seguenti), doveva di necessità crescere grandemente il prezzo dei grossi drappi a pregiudizio dei meno agiati. — In molti ufficii doganali usavasi, nel secolo xiii, di levar per gabella certa parte della merce sdoganata ; per esempio, ad ogni carica di drappi d'oro o di zendadi toglievasi una pezza di drappo d'oro o di zendado; e da ogni 500 libbre di spezierie una libbra. In generale, i dazii del medio evo erano molto elevati, e formavano grave impedimento al commercio, « il quale non potendo da privati separatamente esercitarsi, eser-citavasi qual vero monopolio dalle compagnie dei mercatanti di Toscana, di Lombardia, di Provenza e di Fiandra, le quali in ciascuna città avevano consoli e rettori, statuti e privilegi loro proprii, ed avevano poi anche, nazione per nazione, rettori generali ed altri ufficiali che prowedeauo agli interessi comuni. Costoro spedivano ambasciatori, stringevano accordi coi principi e baroni, e ne ottenevano privilegi colla sola minaccia d'avviar per un altro cammino il loro traffico; esse erano protette dai principi grandi, dal re di Francia, dal papa, il quale spesso costringeva colle censure eoclesiastiche principi e baroni a soddisfarle » (Cibrario, idem).
      Ma, in generale, benché gravosi, i dazii doganali nel medio evo erano considerati piuttosto come un provvedimento fiscale, anziché come un mezzo di protezione. Qua e là pur nondimeno apparivano alcune disposizioni che a questo principio facevano eccezione. In Inghilterra, per esempio, dove i dazii doganali etano appellati custuma (d'onde venne all'ufficio di dogana l'odierno nome di custom-house), i mercanti stranieri erano maggiormente gravati che i nazionali. — Ma il primo Stato che organizzasse in certo qual modo a sistema la restrizione doganale fu la Repubblica di Venezia. Conquistata sull'impero greco l'Istria e la Dalmazia, i Veneziani si diedero a coltivare le copiose saline esistenti su quelle coste. A principio la produzione del sale era abbandonata alla privata industria, poscia il Governo l'avocò a sé, e ne affidò la gestione ai suoi gabellieri. Il consumo di sale straniero fu punito come un delitto, il delinquente veniva esiliato in perpetuo, e la sua casa rasa al suolo. Le fabbriche di seta, le concierie, la produzione di fili d'oro, di specchi, di vetri, le raffinerie, ed altre manifatture nelle quali i Veneti diventarono eccellenti, erano protette da proibizioni assolute all'entrata degli oggetti simili stranieri, e da franchigie all'importazione delle materie prime. — Le altre gloriose re-
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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