Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      mdolcè — dolci cablo
      poemi, commedie e tragedie, tra le quali alla bellissima Giocasta d'Euripide, da lui rinnovata, devesi il primo luogo concedere. Nè mancò d'arricchirla della traduzione di varii poemi latini, nel che per avventura acquistò maggior lode appresso i letterati che ne' proprii parti, i quali o sia la soverchia fretta nel produrre, o la poca cura di scerre, si riconoscono per lo più quanto felici tanto manchevoli. Con tutto ciò tante fatiche poetiche del Dolce e molte altre che in prosa diede alla luce, il recarono al sommo della stima universale ed il posero fra i più chiarì letterati del secolo. All'incontro fu in guisa perseguitato dalla fortuna, che, nato in stretta povertà, con quella si mantenne finché visse, nè mai ebbe forza di staccarsene, ancorché ad altro non pensasse nè altrove tendessero le tante sue opere. Anzi a tal segno giunse la sua sventura, che, presa briga con Girolamo Ruscelli per le osservazioni che pubblicò sulla lingua toscana e per le Trasformazioni di Ovidio da lui trasportate in ottava rima, per poco non precipitò anche dall'altezza della gloria alla quale era arrivato il suo nome: briga per vero con troppa asprezza dal Ruscelli mantenuta, nè estinta che dalla morte ». Il Tiraboschi soggiunge: « Lodovico Dolce fu storico, oratore, grammatico, retore, filosofo fisico ed etico, poeta tragico, comico, epico, lirico, editore, traduttore, raccoglitore, commentatore, scrisse insomma d'ogni cosa, ma di niuna cosa scrisse con eccellenza, difetto solito di chi vuol fissarsi su qualunque oggetto gli venga innanzi ». Il Dolce visse sempre in Venezia e compose le seguenti opere più importanti : La Poetica d'Orazio tradotta (Venezia 1535); Il primo libro di Sacripante (ivi 1536): Il Ragazzo, commedia (ivi 1541); Tieste, tragedia tratta da Seneca (ivi 1543); Ecuba, tragedia di Euripide tradotta in lingua volgare (ivi 1543); Il Capitano, commedia (ivi 1545); Amorosi ragionamenti, ne' quali si racconta un compassionevole amore di due amanti, tradotti dai frammenti di un antico scritto greco (ivi 1546) : è la traduzione d'una parte degli Amori di Clitofone e Leucippe di Achille Tazio; Dialogo della istituzione delle dònne (ivi 1546) ; Il Dialogo dell'Oratore di Cicerone, tradotto (ivi 1547); Didone, tragedia (ivi 1547); Gio-casta, tragedia (ivi 1549) ; Osservazioni sulla lingua volgare (ivi 1550); Le Trasformazioni d'Ovidio in ottava rima (ivi 1553, 1554, 1561 e 1568); Dialogo della pittura intitolato L'Aretino (ivi 1557); Le tragedie di Seneca, tradotte (ivi 1560) : Il Marito, commedia (ivi 1560); Il Ruffiano, commedia tratta dal Rudente ài Plauto (ivi 1560); Vita di Carlo V imperatore (ivi 1561); Lettere del gran Maometto lì imperatore dei Turchi, scritte a diversi re, principi e repubbliche, con le risposte loro, ridotte nella volgar lingua insieme con le lettere di lalaride, tradotte dal medesimo (ivi 1563); Istorie di Giovanni Zonara dal cominciamene del mondo insino all'imperatore Alessio Comneno, tradotte (ivi 1564) ; Istorie di Ni-ceta, le quali cominciano dall'imperio di Giovanni Comneno sino alla presa di Costantinopoli, tradotte (ivi 1569); Istorie di Niceforo Gre gora, tr adotte (ivi 1569), ecc.
      Vedi: Crescimbeni, Istoria della volgar poesia (voi. ii) — Tiraboschi, Storia della letteratura italiana (tu, park u e ni).
      DOLCÈ {geogr.). — Comune nella provincia di Verona, circondario di S. Pietro Incariano, sulla sinistra dell'Adda, con 2460 abitantiD0LCEACQUA (geogr.). — Comune nella provincia di Porto Maurizio, circondario di S. Remo, sul torrente Nervia, nell'antico confine tra Liguria e Piemonte, con 2334 abitanti
      D0LCED0 (geogr.). — Comune nella provincia e nel circondario di Porto Maurizio, con 2642 abitantiDOLCIMELE (art. mus.). Nome di un antico strumento musicale, oggi caduto in disuso.
      DOLCI Carlo (biogr.). — Celebratissimo pittore, nato a Firenze il 25 di maggio del 1616. Suo padre Andrea, Pietro e Bartolomeo Marinari, l'uno padre e l'altro fratello di sua madre, erano tutti pittori, e mólto stimati e rispettati nella loro patria. All'età di quattro anni, Carlo ebbe la sventura di perdere il padre, e sua madre si trovò costretta a dover mantenere una famiglia numerosa col proprie lavoro. A nove anni essa collocò il suo Carlino a studiai* sotto Jacopo Vignali, scolaro del Rosselli, che come maestro godeva di grande riputazione. Quattro anni dopo egli cominciava a dipingere ; i suoi primi tentativi si attirarono l'attenzione di Piero de' Medici, intelligente di pittura, il quale lo fece conoscere alla corte, ond'egli fu ben presto lucrosamente occupato. Nel 1654 sposò Teresa Buccherelli, dalla quale ebbe numerosa famiglia. Intorno al 1670 fu chiamato ad Innsbruck a fare il ritratto di Claudia, figliuola di Ferdinando d'Austria. Datosi poi negli ultimi anni in preda alla malinconia, mori il 17 gennajo 1686, lasciando un figliuolo prete e sette figliuole, una delle quali, Agnese, sposata a Carlo Baci, mercante di seta, dipingeva secondo la maniera del padre. D Baldinucci, che scrisse la vita del Dolci, attribuisce la stia eccellenza nel dipingere ad un favore particolare del cielo, che volle guiderdonare la sua singolare pietà, intorno alla quale si narrano più aneddoti. Quando fu invitato a fare il ritratto di Claudia, se ne schermiva, spaventato dalla lunghezza del viaggio, non avendo mai perduto di vista, dacché viveva, la cupola di Santa Maria del Fiore e il campanile, e non si potè indurlo ad accettare, se non facendoglielo comandare dal suo confessore, al quale obbedì incontanente. Nello stesso modo si riebbe dal primo accesso di malinconia, in seguito a comando che gli fece il suo confessore di continuare un quadro della Beata Vergine. Fu d'indole sommamente buona ed amabile, ma singolarmente timida.
      Fin dal suo primo esordire, il Dolci bì propose di non dipingere se non soggetti sacri, e questo proponimento fu da lui quasi pienamente osservato. 11 suo stile è piacevole e pieno di espressione tenera e gentile; cori-etto n'è per lo più il disegno; variato, morbido, lucente, armonioso il colorito, benché talvolta sia troppo perlaceo. Il Lanzi dice trovarsi nelle sue pitture alcun che del metodo del Rosselli (cui fu> per cosi dire, nipote nell'arte), come avviene talora che nelle sembianze del nipote si ravvisino quelle dell'avo. Tutto ciò che fece fu da lui elaborato con somma pazienza e delicatezza. Numerose sono le sue pitture, e trovansi sparse in più gallerie, giacché molte furono replicate da lui stesso, e di molte fecero copie Alessandro Lomi e Bartolomeo Mancini, suoi discepoli, come pure Agnese sua figlia.
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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