Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DOLCIFICAZIONE — DOLFI GltJSEPPE
Onorio Marinari, suo cugino e scolaro, dava grandi speranze di sè, ma « morì innanzi tempo, dice il Lanzi, con grave danno della scuola ».
DOLCIFICAZIONE (chim. farm.). — Operazione che , ha per oggetto di temperare la forza degli acidi minerali, mescolandoli coll'alcoole, donde il nome , di acidi dolcificati, che ora diconsi Acidi alcoollzzatl (V.). In generale dicesi dolcificazione, edulcorazione o correzione l'operazione in cui cercasi di moderare per mezzo di qualche sostanza particolare Fazione troppo forte di alcune droghe, ciò che si eseguisce o sciogliendole in certi liquidi, ed evaporando il tutto fino a debita consistenza; o ponendole a contatto del liquido prescelto e macerandole per qualche tempo; o tenendole più o meno lungamente esposte al vapore di un dato corpo. Così si corregge, si mitiga o si raddolcisce l'azione della scammonea col succo di cotogni o coi vapori del solfo ; quella dell'elleboro macerandolo colì'aceto, ecc. In ogni caso si dovrà operare in guisa che non risulti esaurita od alterata la sostanza sottoposta alla dolcificazione.
DOLCIGNO o DULCIGNO (geogr). — In lingua albanese chiamasi Dultzune, e in turchesco Olgun, ed è città dell'Albania superiore presso Scutari. È situata sopra la costa, ed è fornita di un buon porto. I suoi abitanti, che sommano a circa 6000, sono dati al commercio, e soprattutto alla pirateria. Fino a questi ultimi tempi erano considerati come i corsari più formidabili del golfo di Venezia; e alcuni dei loro marinari erano soliti ad entrare al servizio degli Stati di Barberia. Questa città, o forse Dulcigno Vecchio, che l'inglese Hobbouse nella carta prefissa a' suoi viaggi pone sopra la costa, ad 8 o 9 chilometri più a settentrione, chiamavasi anticamente Olcinium, nome che contiene gli stessi elementi dei varii nomi sovrindicati. Gl'Illirii di Olcinium seguivano la stessa vitapiratica che gli odierni Dulcignoti.
DOLCINISTI (stor. eccl.). — Chiamossi con questo nome una setta di eretici nata sul principiare del secolo xiv, le cui opinioni religiose molto turbarono la Chiesa a que' tempi. Quanto alla loro origine ed al primo propagatore di tali dottrine, da essi riconosciuto per capo, vedi Dolcino.
D0LCIN0 (frà) (biogr.). — Romito eretico, nato, al dire del Boccaccio, a Romagnano nel contado di Novara, nella seconda metà del secolo xnr. Abbracciate le opinioni di Segarella, di cui fu successore, annunziò come lui, che il regno dello Spirito Santo aveva cominciato l'anno 1300, per durare sino alla filie dei secoli ; che per conseguenza l'autorità del papa era intieramente cessata, e non gli si doveva - più obbedire. Egli inveiva contro molte delle più ' solenni cerimonie della Chiesa, predicava la comunanza dei beni e il matrimonio dei sacerdoti. È pure accusato d'immoralità e di avere Stabilito la comunanza delle mogli fra i suoi seguaci ; ma la devozione ch'ebbe per lui la sua Margherita, sembra almeno provare che non la prostituì a questo modo. Inseguito come una belva feroce, egli pervenne con uno stuolo di 3000 seguaci a sostenersi per due anni lungo la Sesia sui confini del Novarese e del Vercellese, sinché ridottosi, nel 1305, nei monti del Biel-lese sopra Trivero, sprovveduto di viveri e impedito dalla neve, dopo disperata difesa, fu preso insieme con Margherita sua moglie e parecchi de' suoi set-
taria Attanagliato ed arso vivo per ordine <Ji Clemente V, sostenne il supplizio con molta fierezza d'animo, predicando anche in quel momento le sue dottrine. La moglie, bella, ricca e coraggiosa, fii dannata alla mede&ima sorte. Da quel punto i suoi seguaci andarono dispersi, e molti di loro furono poi giustiziati per varie città lombarde. Dicesi che un ramo di questa setta sussistesse per più secoli a Mérindol e a Oabrières nelle Alpi che dividono l'Italia dalla Francia.
Dante nel xxvni dell'Jn/erwo, alludendo alla difesa di frà Dolcino accennata di sopra, mette in bocca di Maometto le seguenti parole a se stesso dirette :
Or di' a frà Dolcin dunque che s'armi, Tu che forse vedrai il sole in breve, S'egli non vuol qui tosto seguitarmi,
Sì di vivanda, che stretta di neve Non rechi la vittoria al Noarese, Ch'altrimenti acquistar non sarìa lieve.
D0LEGNA (geogr.). — Comune nel littorale veneto-istriano, provincia di Gorizia, distretto di Cormons, sulla sinistra dell'Indrio, con 2550 abitanti.
D0LEGNAVAS (geogr.). — Comune nel littorale veneto-istriano, provincia d'Istria, distretto di Pin-guente, con 1420 abitanti.
DOLERITE (miner.),— Roccia essenzialmente com* posta di pirosseno e della varietà di feldispato a base di soda, detta albite.Ha colore grigio nericcio. Contiene parti accessorie di mica, peridoto ed anfigeno. Si distinguono la dolerite granitica, la porfirica, lft micacea, la ne felini ca, la prismatica e V orbicolare;
D0LFI Giuseppe (biogr.). — Panicocolo fiorentino é popolano, nato intorno al 1817, morto a Firenze il
26 luglio 1869, di cui non una biografia, si facciamo memoria. Nei rivolgimenti italiani salì coll'autorità sua presso il popolo a quella fama, e forse maggiore, che nei precedenti anni ebbe conquistato in Roma il notissimo Ciceruacchio. Accoppiava il popolano fiorentino a spontanea vivacità d'ingegno chiarezza e dirittura di concetti ed animo temprato a benevolenza. Amò la patria di affetto operoso, e fu principal promotore e capo della dimostrazione del
27 aprile 1859, che determinò la partenza della famiglia austro-lorenese dal granducato. Caldo benefattore del popolo, ogni cosa spendeva per sovvenirlo di ajuti e di consiglio; di antica probità e rettitudine, promosse l'istituzione della Fratellanza Artigiana, e fu amministratore intelligente e scrupoloso del patrimonio del povero e della classe innumerabile che vive del lavoro, alla quale era orgoglioso di appartenere; perlocchè, se vero è ch'ei rifiutasse non sappiamo quale insegna cavalleresca di che vo-levasi fregiarlo, sarebbe bella prova dell'animo suo schiettamente popolano. Vuoisi che non ultima dello cagioni che lo condussero ad immatura morte fossero gli screzii nel Parlamento e l'accanimento dei partiti, i quali, nel giudicio del retto popolano, a null'altro servono che a sfatare l'idea nazionale e preparare sventure alla patria. Questa memoria dovevasi alle buone qualità dell'uomo ; chè se altri volesse appuntar di difetti e di debolezze il nostro popolano, ed egli avrebbe a riflettere che non al Dolfi, sì ai mestatori e sobillatori del popolo minuto voglionsi certi fatti ascrivere.
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