Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DOLOMITE E DOLOMITIZZAZIONE — DOLOREle parti più interessanti della contrada ; ma prima che potesse mandare ad effetto questo suo proponimento, gli si rovinò siffattamente la salute che fu costretto di tornarsene in Europa. Gettato durante il viaggio nel golfo di Taranto, fu fatto prigione in un col suo amico Cordier, il mineralogo, e con parecchi altri suoi compatrioti, e chiuso in carcere. I suoi compagni vennero rimessi poco poi in libertà, ma una persecuzione dell'Ordine di Malta fu causa ch'ei solo venisse ritenuto e trasportato a Messina, dove fu posto in un'orrida segreta mancante quasi d'aria da respirare e rischiarata da un piccolo buco che con barbara precauzione si chiudeva ogni notte. Domandato con grandi istanze dai dotti di varii paesi, non fu rimesso in libertà se non allorquando, dopo la battaglia di Marengo, i Francesi avendo fatto la pace con Napoli, il primo articolo del trattato fu una stipulazione per l'immediata di lui liberazione. Nominato professore di mineralogia poco dopo il suo ritorno, diede un corso di lezioni al museo di storia naturale intorno alla filosofia della mineralogia. In breve però lasciò di nuovo Parigi, rivisitò le Alpi, e passando per Lucerna,pei ghiacciai del Grindelwald e per Ginevra, si recò a Lione e di quivi a Chàteauneuf, dove morì il 25 di novembre del 1801.
Per accrescere il già vasto fondo delle sue cognizioni geologiche, egli aveva progettato due viaggi, uno a traverso della Germania, e un altro in Norvegia, Danimarca e Svezia. Intendeva pure di pubblicare un'opera che aveva disegnato nella prigione di Messina, e ne aveva già stampato un frammento sopra le Specie minerali, che è un monumento delle sue sventure e insieme del suo genio, scritto, nella sua prigionia di ventun mesi in Sicilia, sul margine di pochi libri con un osso aguzzato contro il muro ad uso di penna, e col nero del fumo della sua lampada mescolato con acqua per inchiostro. 1 naturalisti per riconoscenza hanno dato il nome di dolomia ad una specie di calcare da lui illustrata.
Fra le varie sue opere vanno notate quelle che si riferiscono alle isole vulcaniche, la descrizione dell'eruzione dell'Etna del luglio 1787, e molte importanti memorie inserite nel giornale di fisica e in quello delle miniere, non che parecchi eruditi articoli del Ditionario mineralogico e della Nuova Enciclopedia.
DOLOMITE e DOLOMITIZZAZIONE {miner. e geol.). V. Dolomia.
D0L0PI (stor. e geogr. ant,). — Popolo della Tessaglia, che, a quanto pare, si stabilì in tempi assai remoti nell'angolo sud-est di quella contrada formato dalla catena del Pindo o piuttosto del Timfresto da un lato e da una diramazione del monte Otri dall'altro. Quest'ultimo li separava dagli Eniesi che occupavano la valle superiore dello Sperchio. All'ovest confinavano con la Ftiotide, cogli abitanti della quale si trovavano già in relazione fin dai tempideir.nssediodi Troja. Ciò raccogliesi da Omero, il quale r? ^presenta Fenice condottiero de' Dolopi come compagno d'Achille nella doppia qualità di precettore e d'alleato. Secondo Pausania e Arpo-crate, essi mandavano deputati al Consiglio degli Anfittioni. Erodoto racconta com'essi presentassero terra e acqua a Serse e somministrassero soldatiper la spedizione di quel monarca persiano nella Grecia. A tempo meno antico Senofonte gli annovera fra i sudditi di Giasone tiranno di Fere, e Diodoro Siculo dice ch'essi presero pai-te nella guerra Lamiaca. Troviamo poscia la Dolopia diventata frequente soggetto di contesa fra gli Etoli, che avevano esteso il loro dominio sino ai confini di questo distretto, e i re di Macedonia. Quindi le frequenti scorrerie fatte da quel popolo in quella parte della Tessaglia mentre erano in guerra coi Macedoni, i quali finalmente conquistarono la Po-lopia sotto Perseo, ultimo loro re. Egli è probabilissimo che l'antico territorio de' Dolopi corrisponda agli odierni cantoni di Thaumako e Gritujano e ad una parte di Agrapha.
DOLORE (ette.). — Invano si cercherebbe dare una definizione adequata del sentimento penoso che diciamo dolore; ma pur troppo tutti lo conoscono più o meno pei- prova, essendo condizione generale della vita. Che se non può venir logicamente determinato, esso è pur soggetto d'investigazioni filosofiche, massime riguardo all'ufficio provvidenziale che compie nella vita dell'uomo. Suolsi distinguere, come il piacere, in fisico e morale, quello affliggendo il corpo, questo l'anima, e si differenziano tra loro per caratteri proprii, imperocché il dolore fisico consiste in sensazione sgradevole prodotta da materiale alterazione; il morale è affezione spirituale cagionata da perdita di un bene o da timore di male. 11 dolore ha, come il piacere, varii gradi, secondo l'intensità colla quale affi gge ; del fisico il minimo è il disagio, il massimo lo spasimo; del morale il più leggiero è la tristezza, il più grave la disperazione.
È stato detto che il dolore è il massimo dei mali; ma perchè tal sentenza fosse vera, bisogne:ebbe che il piacere fosse il maggiore dei beni (V.Piacere). Ned è meno falso che il dolore lungo sia leggiero, il grande sia breve, mostrando l'esperienza che l'uomo può essere lungo tempo tormentato da atrocissimi dolori. È proverbio volgare che per dolore non vien la morte ; ma qui bisogna distinguere le qualità dei dolori ; imperocché, se è vero che leggiere alterazioni fisiche o tenui dispiaceri morali non sono cagione di morte, i patimenti lunghi e tormentosi, i giuvi mali irreparabili, travagliando il corpo e l'anima, affrettano la fine dei giorni. Del resto, salvo gli estremi sempre fatali, il dolore è anche, come il piacere, per siffatto modo relativo, che mentre tal cosa è cagione d'intenso dolore ad un individuo, ad altro si fa appena sentire come molestia. Cercano i moralisti qual sia il dolor morale maggiore ; ma ciò essendo pure relativo, la questione non è da porsi in generale; tuttavia si può ragionevolmente affermare che il dolor maggiore per una persona è il sentimento della perdita del suo maggior bene.
Ma perchè v'ha dolore nel mondo? dicono i buoni oppressi da non meritate sciagure, dicono i tristi colpiti da giuste pene. Tale questione va naturalmente connessa a quella del male ; e però qui convengono pure le ragioni filosofiche che conciliano l'esistenza del male colla suprema bontà di Dio, che si espongono a suo luogo (V. Mala) ; tuttavia per non tacer tutto, diremo ancora brevemente dell'uf-
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