Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DONATI BINDO ~ DONATI CORSO
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      bilrpente pel 1386, comecché nelle Denunzie citate dal Gay e (i, 120-123) si trovino indicati gli anni 1382 e 1387, oltre quello seguito dalla comune. Fu dai suoi appellato per vezzo Donatello, e cosi si sottoscrisse nelle opere. Dalla fanciullezza fu allevato in casa di Ruperto Martelli, dal quale, per le buone qualità sue, fu amato. Dando opera all'arte del disegno, divenne a poco a poco scultore cospicuo e statuario rarissimo, pratico negli stucchi, valente nella prospettiva, e nell'architettura molto stimato. Nè minor lode gli si deve per avere messo in buon uso l'invenzione delle storie nei bassorilievi. La prima sua opera che appalesò la grande abilità dell'artefice fu vìxì'Annunziata di pietra di macigno,in Santa Croce, nella cappella dei Cavalcanti, ove tuttavia esiste : in essa l'aria delle teste è maravigliosa, ben rigirati i panni e maestrevolmente piegati, e col cercare l'ignudo delle figure si pare come Donatello tentasse di scoprire la bellezza degli antichi. Vuoisi però correggere l'errore del Vasari, ripetuto da' suoi copiatori, che i putti sieno sei, mentre in realtà sono quattro, di legno e non di marmo. Fece di poi un Crocefisso di leguo per la medesima chiesa, che tuttodì si vede nella cappella dei Bardi, intorno al quale fu piacevolmente rimbeccato da Filippo di ser Brunellesco, come leggesi nell'Aretino. Nel tempio di San Giovanni condusse il nostro scultore la sepoltura di Giovanni Coscia, già papa sotto il nome di Giovanni XXIII (V.), in cui fece di sua mano il defunto di bronzo dorato, e di marmo la Speranza e la Carità; e Michelozzo (V.), creato suo, vi fece la Fede. Di tale opera, come dell'antecedente, parla il Cicognara, il quale ha dato pure il disegno della Maddalena penitente, di legno, che conservasi nella citata chiesa. La Dovizia, scolpita in macigno forte ; Daniello, di marmo (che erroneamente il Bottari disse posta nell'interno di S. Maria del Fioro, fidandosi dell'annotatore del Riposo del Borghini, che prese un Ezechia d'ignoto pel Daniele di Donatello), che stava in Mercato Vecchio, ed altre sue opere sparse per la Toscana tanto nelle chiese che nelle case dei signori, e massime in quelle dei Medici, sono perite. Ma rimangono il San Pietro in Orsanmichele, il San Giorgio, lodatissimo (Bocchi, Eccellenza della statua di San Giorgio di Donatello, 1584), le tre statue nella facciata del campanile di Santa Maria del Fiore (che Vasari, per errore, dice quattro), la famosa Giuditta che taglia la testa ad Oloferne, in metallo, opera di grande eccellenza e magistero, e il Davide, bellissimo, di bronzo (oggi nella Galleria degli Uffizii), e l'altro di marmo, ed il San Giovanni per Ruperto Martelli, con varii medaglioni ed altri finissimi lavori.
      Ammirasi in Napoli, in Sant'Angelo a Nilo, l'elegante e sontuoso sepolcro del carciinuló JBrancacci, in cui lavorò pure Michelozzo (vedi Gaye, 117-119), e la testa di bronzo di un cavallo tanto bella, che fu creduta antica. In Padova, per commissione della Signoria, gettò in bronzo la statua equestre di Gai-tamelata, e molte altre opere di getto condusse a perfezione nella chiesa del Santo (V edi Lettere pittoriche, t. i, pag. 70, ed. Silvestri) ed altrove, di qualità che il Vasari asserisce essere in quella città opere di lui infinitissime ( Vita di Donato). Nè Roma, nè Faenza, nè Venezia e molte altre città, entro efuori Toscana, mancano di alcun'opera 4el grande scultore fiorentino. Saremmo infiniti se volessimo tutte le sculture, i getti, gli stucchi ed altri suoi egregi lavori numerare, che possono vedersi descritti in Vasai i, il quale cosi conchiude la vita dell'artista esimio : « Delle opere di costui restò cosi pieno il mondo, che ben si può affermare con verità nessun
      artefice aver mai lavorato più di lui..... Gli arteficidebbono riconoscere la grandezza dell'arte più da costui che da qualunque altro che sia nato modernamente; avendo egli, oltre il facilitare le difficoltà dell'arte con la copia delle opere sue, congiunto insieme r invenzione, il disegno, la pratica, il giudizio ed ogni altra parte che da un ingegno divino si possa
      0 debba mai aspettare ». Morì in patria nel 1468, come ricavasi dal Palmieri (De temporibus; ed il 1466 nell'edizione del Vasari è errore), e fu sepolto in San Lorenzo presso al sepolcro di Cosimo il Vecchio, che gli fu, più che mecenate, amico in tutta vita, e che, morendo, il raccomandò a Piero suo figliuolo. Lasciò numerosi discepoli e imitatori, ai quali fu a maraviglia carissimo non solo per la valentìa nell'arte, ma sì per la soavità dell'animo liberale, amorevole e cortese con tutti. La città di Firenze l'onorò con esequie splendide, con poesie ed epitaffi, fra i quali rechiamo quello del canonico Salvini, posto, innanzi alla metà del secolo scorso, all'ingresso del sotterraneo ov'è sepolto, che dice : Donatellue - Restituta antiqua sculpendi ccelan-dique arte — Celeberrima — Medicis principibus summis bonarum — Artiumpatronis apprime carus — Qui ut vivum suspexere - Morino etiam sepulr crum loco sibi — Proximiore constituerunt. Il dotto Vincenzo Borghini, alludendo al fare risoluto e fiero di Donatello, scrisse sotto un disegno di Michelangelo: *H Bov«($£wtò? ùwvayiXet, e sotto uno di Donato: *H Awva-roc Bova^amSci, che in nostra favella suonerebbe: 0 Buonarroti donateggia; 0 Donato buonarroteggia.
      Donatello ebbe un fratello che applicò alla stessa professione, del quale parlasi sotto il nome di Simone (V.).
      DONATI Bindo (biogr.). — Poeta italiano, nato a Firenze intorno la fine del secolo xiu da Alessio Donati, uno de'più antichi poeti toscani, si rese illustre egli stesso per poesie rimaste inedite, ma che lo collocano, al dir del CreBcimbeni, fra' primi scrittori dei tempi suoi.
      Vedi Crescimbeni, Istoria della volgar poesia.
      DONATI Corso (biogr.). — Cittadino di Firenze, capo della fazione dei Neri, la quale nell'anno 1308, dopo la cacciata dei Bianchi, reggeva la città e lo Stato. Parendo a lui ed ai suoi aderenti di non essere negli onori ed ufficii rimunerati come meritava il fatto da loro, o, come altri pensano, volendo egli farsi signore della città, ordì una congiura contro
      1 governanti, e per meglio riuscire nel suo intento chiamò in suo ajuto da Lucca il celebre Uguccione della Faggiuola, di cui aveva sposata la figliuola.
      Avuto qualche sentore della trama, i Signori s'avvisarono di alienare dal Donati il popolo, su cui fondava la sua maggiore speranza, spargendo che coll'ajuto del suocero volesse farsi tiranno della patria. Perciò citato da loro e condannato a morte come contumace nel breve spazio di due ore, posciat^iOOQLe


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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