Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DON BENITO - DONDl
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deve risultare da un pubblico istromento, ed essere omologata dall'autorità giudiziaria, la quale prima di concedere il decreto di omologazione esplora la volontà del donante, onde accertarsi se per avventura non muovasi a donare per qualche artifizio, seduzione od inganno. Ove la donazione sia fatta da una donna, devono inoltre sentirsi, prima dell'omologazione, due parenti della donante, e in loro mancanza due amici della famiglia. Siccome poi la legge favorisce le donazioni fatte in contemplazione di un certo e determinato matrimonio, così queste sono dispensate dall'obbligo dell'omologazione. La donazione tra vivi non obbliga il donante, e non produce alcun effetto se non dal giorno in cui è accettata, e quest'accettazione, ove si tratti di donna maritata, non può aver luogo senza il consenso del marito, o se si tratta di minori o d'interdetti, deve esser fatta da coloro ai quali la legge commette la cura delle loro persone e dei loro beni. La donazione può soltanto comprendere i beni presenti del donante, e se comprende beni futuri è nulla riguardo a questi; la legge inoltre non permette la donazione di tutti i beni presenti, se il donante non se ne riserva l'usufrutto, o qualche discreta porzione onde sovvenire ai suoi bisogni, e poter testare. La facoltà di donare potrebbe in alcune circostanze riuscire di grave pregiudizio agli eredi aventi diritto alla legittima, ove la legge non la contenesse entro giusti limiti, e però le donazioni tra vivi, anche fatte a contemplazione di matrimonio agli «posi ed ai figli nascituri, vanno soggette a riduzione alloraquando al tempo della morte del donante si riconoscono eccedenti la porzione di beni di cui questi poteva disporre.
Si è accennato che la donazione è irrevocabile, tuttavia questo principio è soggetto ad alcune eccezioni; infatti la donazione può essere rivocata: l°per inadempimento delle condizioni sotto le quali è stata fatta; 2° per causa d'ingratitudine; 3° per sopravvenienza di figli. La donazione è un vero contratto, e se essa è condizionale, il donatario col-l'accettazione si è obbligato all'eseguimento delle condizioni opposte alla liberalità; ove pertanto il donatario manchi alle sue obbligazioni, il contratto è sciolto, essendo che nei contratti sinallagmatici la condizione risolutiva è sempre sottintesa nel caso che una delle parti non soddisfaccia alla sua obbligazione. L'interesse dei costumi e la punizione che merita l'ingratitudine, il più odioso di tutti i vizii, non permettevano che il donatario, il quale se ne rendesse colpevole, conservasse il benefizio statogli conferito ; quindi la legge offre al donante un'azione per privamelo. Siccome però non mancano coloro i quali fanno una liberalità, e poi se ne pentono senza alcun ragionevole motivo, così la legge ha saggiamente ristretti i casi di revoca per ingratitudine, onde ovviare agl'inconvenienti diveder troppo estesa l'applicazione di un principio che vuol essere usato con tutta parsimonia. È pertanto stabilito che si faccia luogo alla rivocazione solamente nei seguenti casi, cioè: se il donatario abbia attentato alla vita del donante; se siasi reso colpevole verso di lui di sevizie, delitti od ingiurie gravi; se gli neghi gli alimenti. Finalmente la legge autorizzò le rivocazioni della donazione nel caso di sopravvenienza difigli al donante, supponendo il legislatore ch'esso non avrebbe donato ove avesse potuto ciò prevedere. Si è detto che le leggi favoriscono in modo speciale le donazioni fatte in contemplazione di un certo e determinato matrimonio, e però in favore di questa causa la legge rallenta il rigore delle sue disposizioni. Così, per esempio, per causa di matrimonio il donante può disporre di tutti o di parte de' suoi beni che sarà per lasciare al tempo della sua morte, avendo il legislatore saggiamente pensato che coloro ai quali può ripugnare di fare una donazione tra vivi, faranno più facilmente una liberalità la quale debba soltanto avere il suo eseguimento dopo la loro morte ; similmente, contro ciò che è stabilito in massima generale, nelle donazioni per causa di un determinato matrimonio si possono comprendere i beni presenti e futuri. È però da osservarsi che se il matrimonio non segue, la donazione rimane priva di effetto. Gli sposi possono anch'essi nel contratto di matrimonio farsi donazioni scambievoli, non eccedendo però quanto potrebbero lasciarsi per testamento; ma ai conjugi durante il matrimonio non è permesso di farsi l'uno all'altro alcuna liberalità, salvo per atto di ultima volontà, nella forma e secondo le regole stabilite.
DON BENITO (geogr.). — Città di Spagna, provincia di Badajoz, presso la sinistra riva della Guadiana, con 15,000 abitanti.
DONCÀSTER (geogr.). — Città del West Riding del Yorkshire, in Inghilterra, sulla destra del Don, con 18,758 abitanti.
DONDI (geneal. e biogr.). — Questa illustre famiglia padovana, che trovasi nominata latinamente Dondus
0 de Dondis, assunse il nomignolo Dell'orologio per l'invenzione di un orologio a ruote fatta da uno dei suoi membri, come ora vedremo. Sembra che si stabilisse in Padova sino dal xm secolo. Varii furono gli uomini eminenti, soprattutto nelle scienze, da essa usciti, dei primarii dei quali tessiamo brevemente la vita.
Giacomo, nato al principio del secolo xiv, si rese celebre come filosofo, medico, matematico, e, quanto la ragione dei tempi comportavalo, anche come letterato. In Venezia compose un trattato sul flusso e riflusso del mare, rimasto inedito. L'opera sua giunta a noi ebbe nella prima edizione (Venezia 14^1) il titolo di Promptuarium medicina, nelle seguenti quello di Aggregatio medicamenlorum (1543 e 1576) con tavole incise in Venezia nel 1499. Ne furono fatte versioni in più lingue ; quella italiana col titolo di Herbolario volgare (Venezia 1536). Scrisse pure un trattato: De modo conficiendi salis ex aqtiis calidis fontium Aponi; ed un compendio molto pregiato della grand'opera di Ugo il grammatico, sulla significazione di tutte le parole, rimasto manoscritto. Ma, sopra ogni cosa, rese cospicuo il suo nome il famoso orologio, che fu riputato la maraviglia del secolo. Fu ad istigazione di Ubertino III da Carrara, signore di Padova, che Giacomo immaginò quell'opera, eseguita da Antonio da Padova, eccellente artefice. L'orologio elevato sulla torre del palazzo pubblico di Padova segnava, oltre le ore, il corso apparente del sole secondo i segni dello zodiaco, le rivoluzioni dei pianeti, le fasi detta luna,
1 mesi ed anche le feste dell'anno.
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