Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
DONNAZ — DONOSO CORTES DON JUAN DE VALDEGAMAS
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ch'esse furono quasi sempre animate in questi casi da qualche prepotente affetto, e che se vi furono moltissime donne che brillarono per ardente immaginativa, poche furono le filosofesse e le ragionatrici profonde. Si dirà che i regni delle donne furono spesso più felici di quelli degli uomini ; ma havvi chi fece osservare che, regnando le donne, gli uomini realmente erano quelli che comandavano. In una parola, la donna è sempre molto migliore o assai peggiore che l'uomo, appunto perchè essa non opera mai o quasi mai appoggiata ai calcoli di quella fredda ragione che spegne bensì l'entusiasmo, ma che ad un tempo ci preserva dal fanatismo e dalle azioni sconsigliate, e ci rattiene nella via di mezzo, che è quella della saviezza. All'opposto la donna si abbandona quasi sempre a qualche affetto od a qualche passione prepotente ; quindi ne avviene che se l'affetto stesso oppure l'oggetto di questo è nobile, principalmente se religioso, non havvi nulla di più sublime della donna, e non havvi sacrifizio od abnegazione di cui non sia capace; invece che se questi affetti o gli oggetti di essi sono turpi, allora la femmina diventa capace di ogni scelleratezza, ed i delitti i più abbomine-voli Sono da lei commessi colla più fredda indifferenza. Ma la debolezza del sesso femminile si svela anche nel modo stesso con cui essa commette tali delitti, ed infatti il veleno è ben più spesso che il ferro lo strumento da lei prescelto ; ella cerca sempre di colpire la sua vittima addormentata ed in mezzo all'ombre. Del resto, più che dal ragionamento, la donna si lascia guidare dalle preghiere, dall'amore o dal timore ; ma si persuada pure colui che presceglie quest'ultima via per guidare la donna, che tosto o tardi egli sarà ingannato, oppure la donna accorta troverà il modo di farsi comandare ciò che desidera di fare, e proibire ciò che le spiace. All'opposto quel marito che saprà farsi amare e far rispettale ad un tempo la sua autorità, sarà in generale il più fortunato.
DONNAZ (geogr.). — Comune nella provincia di Torino, circondario d'Aosta, con 1648 abitantiDONNOLA (tool.). — Specie di mammifero dell'ordine dei carnivori (V. Mustela).
DONO (.stor. eccl.). — Due pontefici nella serie dei papi riscontransi sotto il nome di Dono, e talvolta Domno, Domnione, Cono e Cunone, siccome leggesi nel Baronio, all'anno 676, dei quali diamo alcuni cenni.
DONO I (biogr.). — Figliuolo di Maurizio, e cittadino romano, nel primo giorno di novembre dell'anno 676 successe ad Adeodato II, morto poco innanzi. L'arcivescovo di Ravenna, Mauro, spalleggiato dalla potenza degli esarchi, aveva ricusato obbedienza alla santa Sede. Dono venne a capo di ricondurla agli usi antichi, sendo succeduto nella sedia arcivescovile Reparato (Teofane, Cronolog.), il quale eccitò con lettera il pontefice a radunare un Concilio generale per la pace della Chiesa ; ma il papa mori l'il aprile del 676, nè potè appagare il lodevole desiderio di Reparato. Ornò l'atrio della Basilica vaticana; ristaurò e dedicò l'Ostiense. Ebbe per successore Sant'Agatone (V.).
DONO II (biogr.). — Romano, successe nel pontificato, mercè il favore dei conti Tuscolani, a Bene-
detto VI (comecché Natale Alessandro dica a Giovanni Xlil) nel 974. Nulla rimane degno di memoria di questo pontefice, il quale sedette sul trono pontificio tre mesi o poco più, governando con molta integrità, siccome nella Vita di lui asserisce Gio vanni Stella.
DONORATICO (geneal.). — I conti di Donoratico, potenti già nello Stato di Pisa, erano un ramo dell'illustre famiglia Della Gherardesca, i cui feudi erano posti fra Pisa e Piombino, sulla maremma insalubre del mar Tirreno. Nel medio evo i conti di Donoratico furono capi del partito ghibellino a Pisa, e protettori del popolo contro i nobili. Cre-devansi essere di grado superiore agli altri gentiluomini, e mantenevansi in riputazione per la loro lega colla fazione democratica. Presero essi le armi in favore di Corradino, e condottigli i soccorsi somministratigli da Pisa, due di loro, Gerardo e Galvano, morirono con quell'infelice sullo stesso patibolo.
La potenza della famiglia Donoratico provò un gran crollo nella peste del 1348, la quale gli rapì tutti i suoi membri che potevano cingere le armi o sedere a consiglio. Allora nuovi capi impadro-nironsi del potere in Pisa, e i conti di Donoratico furono costretti a ritirarsi nelle loro terre (V. Gherardesca [conti della]).
D0N0S0 CORTES Don Juan de VALDEGAMAS (biogr.). — Celebre statista e pubblicista spagnuolo, nato di ricchi genitori nel maggio 1809 nella città d'El Valle nell'Estremadura, diede opera a Salamanca e a Caceres agli studii filosofici, ed ai giuridici in Siviglia, e non avendo raggiunta per anche l'età prescritta dai regolamenti per essere ammesso nell'ordine degli avvocati, divenne professore al collegio di Caceres. Nel 1832, quando Ferdinando VII era in fin di vita, e il partito liberale temeva grandemente fosse per essere contrastato alla figlia di lui, Isabella, il diritto di successione al trono, Donoso affrettossi al palazzo di La Granja, offrì i suoi servigi alla regina reggente Cristina, scrisse una Memoria sui diritti di Isabella 11, la quale non fu però, per le sue opinioni liberali, stampata, e fu nominato in guiderdone, nel febbrajo 1833, ufficiale nel ministero di grazia e giustizia, e nell'anno seguente segretario effettivo della regina. Nel 1835 fu inviato commissario reale col generale Rodii a ridurre ad ubbidienza la sua nativa provincia d'Estremadura, e adoperossi con si buon esito, che il Governo gli conferi la gran croce di Carlo III ed un più alto posto; ma, mal soddisfatto della piega che pigliavano le faccende politiche, rassegnò la sua carica, ed occupossi per qualche tempo a combattere il partito che appoggiava la rivoluzione di La Granja. Coll'ajuto d'Alcala Galiano ei fondò il giornale El Piloto, e fu per qualche tempo editore della Re-vista de Madrid, fondata a somiglianza della Revue des Deux mondes, e nella quale pubblicò una serie di articoli intitolati La Spagna dopo il 1834. Nel 1837 recitò all'Ateneo di Madrid una serie di lezioni sulla politicale quali eccitarono grandemente l'attenzione generale. Egli era in Francia nel 1840, quando fu espulsa la regina Cristina, cui affrettossi offerire i suoi servigi, e dicesi dettasse il celebre manifesto da lei pubblicato a Marsiglia. Appresso
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