Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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DONZELLI DOMENICO — DONZELLO (DEL) PIETRO E POLITOtrasferissi a Madrid per difendere i diritti di lei contro Espartero, ma i suoi sforzi riuscirono infruttuosi, e tornatosi in Francia, scrisse un'Istoria della minor ennità £ Isabella 22, di cui furono pubblicati squarci assai encomiati nella Revista de Madrid. Nel 1844, dopo la caduta d'Espartero, ei tornò in Ispagna, e fu nominato plenipotenziario per invitare la regina Cristina a far ritorno a Madrid, nella quale occasione s'ebbe in ricompensa il titolo di marchese di Yaldegamas. La sua penna, che mai non ebbe posa, prese quind'innanzi a difendere una causa diversa da quella che gli aveva procacciato i suoi primi allori. Ultra-liberale dapprima, Donoso Cortes divenne conservatore cattolico, e, dopo Balmes, il più valente campione letterario del catolicismo in Ispagna. Allo scoppio della rivoluzione nel 1848 egli era ambasciatore in Prussia, e andò poi in tale qualità in Francia, ove assistè agli sponsali di Luigi Napoleone con la spagnuola contessa di Montyo, e fu colto dipoi da un attacco di pericardite che lo trasse, in capo ad un mese, a morte in Parigi, addi 3 maggio 1853.
Oltre le opere summentovate, Donoso compose le seguenti altre : Consideraciones sobre la diplo-macia, y su influencia en el estado politico y social de Europa desde la revolucion de julio hasta el tra-tado de la cuadruple alianza (Madrid 1834); La ley electoral, considerarla en su base y en su relation con el espiritu de nuestras instituciones (ivi Ì835) ; Lecciones de derecho politico (ivi 1837). Una scelta raccolta de' suoi scritti fu fatta nel 1848 a Madrid, sotto il titolo di Coleccion escogida de los escritos del excelentissimo Senor Don Juan Donos Cortes. Essa non contiene veruna delle sue poesie, ma la più parte de* suoi scritti politici succitati ed alcuni de' suoi articoli capitali pubblicati nelle riviste, notevoli, come quelli del Macaulay, per lo splendore dello stile. A Parigi fu fatta un'edizione francese delle (Euvres cemplètes di questo celebre pubblicista spagnuolo, il quale diede origine a vive polemiche fra rivoluzionarii e cattolici.
DONZELLI Domenico (biogr.). — Nato a Bergamo nel 1791 e morto in Bologna nella primavera del 1873. Dotato di voce non estesa oltre la comune negli acuti ; ma piena, vigorosa, sicura, pieghevole, di bellissimo suono e affascinante, a questa deve la sua celebrità. Dapprima fu corista in Bergamo, poi secondo tenore, poi secondo tenore supplementare, ed in ultimo fu primo tenore mezzo carattere. Nel 1809 volle recarsi a studio a Napoli; cimentatosi a concorrere ad un posto gratuito in alcuno di quei Coliseìvatorii, non riusci ad averlo. Si accomodò dunque con Viganoni, nome celebre in quel torno, e pochi mesi dopo esordi benissimo ed applaudito al teatro del Fondo, cantando nella Nina Pazza di Paisiello. Restò fissata subito la sua fama, e da quel punto fu ricercato ed applaudito pei teatri di tutta Europa. Fattosi discreto peculio, quando credette avere tocco l'apice, giudizioso come era, si ritrasse dal teatro, e fermò la dimora in Bologna. Vi restò per lo intero scorcio di vita, amato da tutti, e compianto sinceramente al trapasso, perchè artista di singolare perizia, costumatissimo, d'animo retto, di cuore benevolo, schietto di modi e gentile, d'antica onestà e fermezza di carattere. Fu cantante digenere drammatico, come oggi si dice, e le opere in cui maggiormente rifulse sono VOtello, la Norma, La Muta di Portici e 11 Bravo di Venezia. Id questa specialità fu maestro solenne, presa la parola nel suo più ampio significato. Ebbe emissione, infatti, di voce sempre sicura, spontanea, ampia; le legature, lo smorzature, i portamenti, le inflessioni tali, che nessun altro cantante n'ebbe mai tanta dovizia quanto lui, condotto il tutto all'ultima finitezza. I passaggi di forza e grazia eseguiva con precisione veramente rara, senza manierismo, senza sforzo come senza fatica. Ebbe pronunzia scolpita con perfetta sillabazione, stile non esagerato, castigato, e veramente classico. Gli toccarono insomma in bell'accordo tutte le doti che furono vanto costante delle nostre antiche scuole, onde la musica italiana fece il giro del mondo, preferita a quella di ogni altra nazione. Vissuto benissimo, vide avvicinarsi l'ora estrema colla calma del filosofo e la rassegnazione del cristiano.
DONZELLO e DONZELLA (stor. e cost. tnod.). - Appellazioni derivate da domicéllus e domicella, vocaboli di bassa latinità e diminutivi di dominus e domina ; e con questi titoli chiamavansi nel medio evo non solo i figliuoli dei cavalieri e dei baroni, ma eziandio quelli degli stessi re. Dicevansi donzelli i maschi sino al momento di essere creati cavalieri, e donzelle le femmine finché non erano maritate. Ma col tempo s'introdussero altre applicazioni di questi nomi che non giova enumerare. Basti il dire che l'orgine di tali vocaboli è la stessa di quella di damigello e damigella, e che ai donzelli si applica tutto ciò di cui si è discorso sotto Damigello (V). Osserveremo tuttavia che sebbene nei vecchi libri quest'ultima appellazione e quella di donzello ri trovino spesso confuse con la denominazione di paggio, tuttavia ne differivano in generale in ciò che il servizio dei primi era al solo fine di conseguire Cavalleria (V.), e quello del paggio non sempre, essendo egli stipendiato, non quelli. Oltre a ciò il donzello era sempre nobile di nascimento, non così il paggio.
Oggidì donzello e damigello sono vocaboli andati in disuso nella lingua comune, mentre quelli di donzella e di damigella hanno ricevuto applicazioni estesissime, troppo note perchè qui se ne faccia parola.
DONZELLO (del) Pietro e Pòlito (biogr.). — Questi due fratelli sono i primi pittori della scuola napo-litana che ricordi il Vasari, parlandone per incidenza nella vita di Giuliano da Majano. Furono figliastri di Angiolo Franco e congiunti del celebre architetto Giuliano da Majano, che insegnò loro l'architettura, parendo che la pittura fosse loro insegnata dal Solario, detto volgarmente lo Zingaro (V.), comecché nelle loro pitture trasparisca la maniera della scuola dell'Ombria. Dipinsero pel re Alfonso a Poggio Reale ; e tra le altre cose, la Congiura contro Ferdinando, ch'era succeduto ad Alfonso, diede loro celebrità. Il Sannazaro, vedutala , l'onorò di un sonetto, che è il 41HB0 della parte n delle sue Rime.
Il loro stile ritrae alquanto dal maestro, ma il colorito è più dolce. Assai si distinsero nelle architetture e nell'arte di figurar fregi e trofei ed istorie
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