Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DORIA
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      nino Dona fu inviato nei mari di Grecia il mese di luglio 1351, con sessantaquattro galere per combattere Niccolò Pisani, uno dei più grandi ammiragli che abbiano avuto i Veneziani. Doria assediò alcun tempo la flotta veneta chiusa nel porto di Negro-ponte; ma forze superiori l'obbligarono ad allargarsi. I Veneziani si unirono ai Catalani ed ai Greci, loro alleati, e Doria, poiché ebbe preso Tenedo, dove passò i più cattivi mesi dell'invelilo, andò a minacciare Costantinopoli. Stava egli negli angusti mari del Bosforo, quando Niccolò Pisani gli si ap-presentò al 13 febbrajo 1352. Una spaventevole battaglia fu combattuta sotto le mura di Costantinopoli ; nn vento furioso del mezzodì sconvolgeva il mare ; dense nubi oscurarono il giorno per tempo, ed avvilupparono in breve le due flotte nella più profonda notte. Combattevano però alla volta in venti luoghi diversi contro gli elementi e gli uomini, senzachè niuna potesse tenere un ordine generale o conoscere i vantaggi ed i sinistri dei proprii alleati. La dimane Doria riconobbe alla fine che aveva guadagnato la battaglia, a prezzo però di tredici delle sue galere colate a fondo. Egli ne aveva prese ventisei a' suoi nemici ; ma il numero dei feriti era sì grande sulla sua flotta, che una malattia contagiosa si mise tra le sue genti, e gli rapì la metà dei marinai prima che arrivasse a Genova per annunziarvi la sua vittoria. L'anno dopo Paganino Doria non fu eletto ammiraglio, ed i Genovesi furono crudelmente battuti alla Soiera; ma nel 1354 gli fu dato di nuovo il comando delle armate della sua patria, ed al 3 di novembre attaccò Niccolò Pisani a Porto Longo con tanta fortuna ed abilità, che prese quell'ammiraglio con tutta la sua flotta, composta di trentacinque galere, e tutte le sue ciurme, senzachè un sol uomo gli scappasse. Tale segnalata vittoria pose fine alla terza guerra tra i due popoli marittimi ; i Veneziani accettarono tutte le condizioni che i Genovesi vollero impor loro, ed acconsentirono ad una pace vergognosa.
      Luciano, ammiraglio dei Genovesi nella loro quarta guerra coi Veneziani o guerra di Chioggia. Comandava egli, nell'anno 1378, nel golfo Adriatico, una flotta di ventidue galere, con la quale prese Rovigno in Istria, saccheggiò ed abbruciò Grado e Caorle, e sparse il terrore fino nel porto di Venezia. Vettore Pisani, che gli era stato opposto con venticinque galere, gli diede finalmente battaglia in faccia a Pola il 29 di maggio 1379. Luciano Doria fu ucciso nell'incominciamento della mischia; con tutto ciò le sue disposizioni erano state sì opportune e furono sì bene osservate da Ambrogio Doria, suo fratello, che la battaglia fu compiutamente guadagnata in un'ora e mezzo; quindici galere veneziane furono prese, millenovecento prigionieri, tra i quali ventiquattro nobili veneziani, vennero in potere del vincitore, e Vettor Pisani, che aveva riparato a Venezia con sette vascelli soltanto, fu messo in carcere appena arrivato, siccome reo della sua mala fortuna.
      Pietro, ammiraglio dei Genovesi nella guerra di Chioggia, fu inviato da Genova per succedere a Luciano Doria dopo la morte di questo ; in pari tempo la sua flotta fu aumentata a quarantasette galere, e con essa egli si rese padrone di Chioggia il 16 agosto 1379. Si trovava in tal modo nel recinto delle forti-
      ficazioni di che la natura ha munito Venezia ; più padrone che i Veneziani stessi di tutti i canali della laguna, pareva che niun ostacolo gli potesse impedire di giugnere con la sua flotta sino alla piazza di San Marco. I Veneziani chiesero la pace ad ogni costo, quanto alle condizioni fidando nella generosità dei loro vincitori. Il re d'Ungheria ed il signore di Padova, alleati dei Genovesi, volevano accordarla ; ma Pietro Doria rispose agli ambasciatori veneti : c Voi non avrete mai la pace dalla nostra Repubblica, se prima noi non abbiamo posto una briglia ai cavalli di bronzo che sono sulla vostra piazza di San Marco; quando gli avremo imbrigliati con le nostre mani, vi faremo ben star cheti ». Il successo smentì in breve tant'arroganza. Vettore Pisani, rimesso in libertà, fortificò i canali in modo da chiudere ai Genovesi l'avvicinarsi a Venezia; non andò guari che per una combinazione di fortuna e d'accorgimento tolse loro fino la possibilità di poter uscire di Chioggia. Pietro Doria, senz'essere stato vinto, si trovava chiuso con la bella sua flotta ed assediato nel porto medesimo che aveva conquistato. Invano ricorreva agli espedienti più arditi e più ingegnosi per aprirsi una comunicazione col mare ; la fortuna dei Veneziani e i talenti di Vettor Pisani e di Carlo Zeno resero tutti i suoi sforzi inutili. Alla fine venne ucciso da un colpo d'artiglieria, il 22 di gennajo 1390, sotto il convento di Brondolo ; e la flotta, con la quale aveva fatto la conquista di Chioggia, fu obbligata ad arrendersi prigioniera il 21 di giugno dello stesso anno.
      Andrea. Di questo celebre ammiraglio vedasi la biografia alquanto distesa in fine del presente articolo genealogico.
      Antonio viveva nel 1529. Varii allori raccolse in servigio di Carlo V, di cui fu uno dei più valenti capitani. Scrisse la narrazione degli avvenimenti del suo tempo, che fu di poi pubblicata col titolo : Compendio di Antonio Boria, delle cose di stia no-titia et memorie occorse al mondo del tempo dell'imperatore Carlo V (Genova 1751).
      Girolamo, conte di Cremolino, morto in Genova nel 1558, cardinale. Servì la Repubblica in varie ambascerie ; ma sendo morta sua moglie, si diede alla chierisia, e tanto pe' suoi meriti, quanto per le istanze del celebre suo parente Andrea, fu creato cardinale, nel 1528, da Clemente VII. Conosciuti i pregi che lo adornavano, Paolo III gli diede il vescovado di Nebbio (Corsica), e nel 1540 lo trasferì a quello di Noli coll'amministrazione delle chiese di Saragozza e di Tarragona in Ispagna, ove celebrò un sinodo, i cui atti furono pubblicati nelle stampe Morì mentre era stato dalla Repubblica deputato a comporre le cose interne turbate dalla congiura dei Fieschi.
      Giovanni o Giannettino, cardinale, dei principi di Melfi, nato nel 1554, compiuti gli studii in Ispagna, fu di buon ora impiegato al servigio di Filippo II, del quale fu viceré in Sicilia. Clemente Vili, nel 1604, ad istanza dello stesso re, lo creò cardinale, e Paolo V, cinque anni appresso, arcivescovo di Palermo. Zelo pel bene della Chiesa lo indusse a tenere due sinodi; sotto di lui furono trovate le ceneri di santa Rosalia, speciale protettrice dei Palermitani, in una spelonca del monte Pellegrino, dov'ei fec*
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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