Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DOSSIPATRE GIOVANNI — DOST-MOHAMMED-KAN
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      derivarono dall'invidia e dal malanimo che Battista portava al fratel suo. Fecero di chiaroscuro nel cortile di detto palazzo istorie d'Ercole ed un'infinità di nudi, una parte delle quali fu distrutta dall'incendio del 1718. Di lor mano è una tavola nel duomo di Modena rappresentante Maria Vergine col figliuolo in gloria e varii santi.
      Nulla diciamo delle pitture nel castello di Trento e nel palazzo delle Albere, essendo perite. Esiste una memoria della sontuosità del primo nel poema del Mattioli intitolato 11 magno palazzo del cardinale di Trento (Venezia 1539), libro rarissimo. Il Vasari ricorda l'opera malamente eseguita nel palazzo del duca d'Urbino, detto dell Imperiale, che fu ridipinta dal Genga, tanto potè la caparbietà di Battista e la facile condiscendenza di Dosso, che permisegli di fare quello che non poteva uè sapeva, essendo quegli buon paesista, anziché pittor di figura.
      Nel duomo di Faenza i due fratelli dipinsero Cristo che disputa nel tempio, quadro di gran pregio, che avendo patito assai per ingiurie del * tempo, fu nel 1752 ridotto in piccoli quadretti, che conservansi nella famiglia Cantoni, sostituitavi una copia di mano del Biancoli di Cotignola. La Galleria di Dresda possiede un celebre dipinto di Dosso, esprimente i quattro dottori della Chiesa, di così sugoso colorito, che si direbbe di Tiziano, e la pinacoteca del Louvre la vaghissima Circoncisione che il Laudon dice Vun des plus agréables du Musée per l'ingenuità di espressione, l'aria delle teste, il bel piegar dei panni e l'armonico tono del colorito.
      Sembra che debbansi al pennello di Dosso due preziosi ritratti: quello dell'Ariosto, che lo amò e lo prescelse a disegnare i soggetti dell 'Orlando Furioso, e quello del Correggio, solo che esista, e che sulla descrizione fattane dal Mengs fu riconosciuto dal cavaliere d'Azara nella Vigna della Regina a Torino.
      Il Vasari asserisce che Dosso divenuto vecchio consumasse gli ultimi anni senza lavorare, essendo insino all'ultimo della vita provvisionato dal duca. Alfonso; e che dopo lui rimanesse Battista, che lavorò molte cose da per sè, mantenendosi in buono stato. Ma errò ; il Lanzi, il Baruffaldi ed i suoi annotatori concordi affermano che Battista mori nel 1545 e Dosso circa il 1560.
      11 Faber (Conversations-Lexicon ftir Bildende Kunst) sotto l'articolo Ferrara ha raccolta buona quantità di notizie, alle quali abbiamo attinto alcune delle cose riferite. Ebbe Dosso un panegirista tra gli Allemanni nel Fiorillo, e nel descrittore dei suoi dipinti a fresco in Ferrara (vedi il Kunstblatt, 1841, ii° 74 e segg.).— È vissuto anche un terzo Dosso per nome Evangelista, inferiore di merito a Battista, siccome attesta lo Scanelli nel suo Microcosmo.
      DOSSIPATRE Giovanni (DoxipaterJoannes)(biogr.).
      — Grammatico greco, sotto il cui nome possediamo un ampio commentario sopra Aftonio, stampato per la prima volta da Aldo (1509), e di poi da Walz nei suoi Rhetores Greeci (voi. ii). Questo commentario, d'oltre 400 pagine, intitolato 'O^iXia-. eU 'A&Oóv.ov, è pieno di lunghe citazioni da Platone, Tucidide, Diodoro, Plutarco e da molti Padri della Chiesa.
      Le spiegazioni date pare sieno derivate da commentatori più antichi d'Aftonio. Havvi un'altra opera di simile carattere, che porta il nome di Doxipater. Essa è intitolata: UpoXsYÓ^sva tt(« f>*)ro-pixr,c, e dacché il suo autore mentova l'imperatore Michele Calafate, dev'essere vissuto dopo il 1041. Quest'opera è stampata nella Bibliothèque Coislin (pag. 590, ecc.), e nella Bibl. Grcec. di Fabricio (ix, pag. 586) della vecchia edizione.
      Vedi Walz, Prolegom. (voi. n, ecc.).
      DOSSOLOGIA (liturg.). — Cosi, dalle parole Sóli a, gloria, e Xó?o;, parola, viene chiamato dai Greci l'inno angelico, vale a dire il Gloria in excelsis Beo, il quale si suol cantare dai Latini nella messa.
      I Greci nella loro liturgia distinguono due dossologie , la grande o maggiore, e la piccola o minore: la prima è l'inno di cui si tratta, la seconda è il versetto Gloria Patri et Filio, ecc., con cui finiscono tutti i salmi dell'uffizio divino.
      Filostorgio, scrittore parteggiante per l'arianesimo, dà tre forinole della piccola dossologia; la Gloria al Padre e al Figliuolo e allo Spirito Santo; 2a Gloria al Padre pel Figliuolo nello Spirito Santo; 3a Gloria al Padre nel Figliuolo e nello Spirito Santo. Niceforo e Sozomeno ne aggiungono una quarta: Gloria al Padre e al Figliuolo nel Santo Spirito. La prima di queste dossologie è la più antica, e fu sempre adoperata nelle chiese occidentali: Teodoreto la pretende venuta dagli Apostoli. Le altre sono invenzione degli ariaui, i quali le composero nel loro concilio antiocheno del 344, dove essendo già fra loro divisi, vollero una dossologia coerente al loro modo di pensare. 1 cattolici tennero la prima, siccome professione di fede contraria all'arianesimo.
      Per quanto riguarda alla maggiore, eccetto le parole Gloria in excelsis che gli Evangelisti mettono in bocca agli angeli, i quali annunziano la nascita del Salvatore, non è ben certo chi ne fosse l'autore. Quello che v'ha di positivo si è che questo cantico è antichissimo, ed è una solenne professione di fede. San Giovanni Crisostomo ci riferisce che gli asceti lo cantavano al mattutino; ina si sa che fin da tempi remoti esso fu cantato nella messa, eccettuato qualche giorno. La liturgia mozarabica prescrive che si canti la festa dei Natale prima dell'epistola e del Vangelo; in altre chiese canta-vasi solamente nelle domeniche e nelle feste solenni. Ai dì nostri nella Chiesa romana si tralascia nelle ferie e nelle feste di rito semplice, come anche nell'Avvento e dalla settuagesima sino al sabbato santo.
      Chiuderemo osservando che sì l'una che l'altra dossologia debbono essere più antiche dell'arianesimo, e che quanto era prima uua semplice costumanza, fu ridotto in legge per preservare i cattolici dal cadere nell'eresia. Eusebio allude probabilmente alle dossologie quando dice che i cantici dei cristiani attribuivano a Gesù Cristo la divinità, ed erano opera dei primi tempi della Chiesa. Plinio il giovane scriveva a Trajano che i cristiani nelle loro adunanze cantavano inni a Gesù, come a Dio, e la medesima cosa conferma Luciauo nel suo Philopatris. DOST-MOHAMMED XAN (biogr.). — Emiro di Ka-
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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