Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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presso gl'Indiani, abbiamo un esempio anche nelle sacre carte, nella specie di compra che Giacobbe fece di Lia e quindi di Kachele, con sette e sette anni di servizio nella casa di Labano loro padre. Antica usanza era pur quella che lo sposo dotasse la sposa, come riferisce Strabone praticarsi dai popoli della Biscaglia (lib. ni), e Tacito presso gli antichi Germani (De mor. Germ., 17). Nella Gallia, secondo Cesare, lo sposo faceva alla sposa una dote eguale a quella che da lei riceveva (De bello Gali., vi, 19).
Vuoisi che presso gli Ateniesi non si concedesse alcuna dote alla donzella, pensando il legislatore che una sì santa unione dovesse avere il suo fondamento nell'amore e non nell'interesse; erasi per ciò da Solone stabilito che la sposa non recasse al marito che tre vesti ed alcuni mobili di poco valore. Sappiamo però da Erodoto che tal legge non fu lungamente osservata, poiché nello stesso secolo Callia, acquisitore dei beni di Pisistrato, avendo tre figlie nubili, diede loro una ricchissima dote (vi, 112). Quindi da parecchi scrittori si fa cenno di dote, come vediamo in alcune orazioni di Isocrate, di Demostene, di Lisia e d'Iseo. Lo stesso Solone dovette accorgersi del suo errore, che però è effetto di una generosa utopia, quando, avendo ammesse le figlie nella successione del padre, non esistendo figli maschi nella famiglia, vide ch'esse trovavano facilmente marito ; mentre così non era di quelle che non possedevano ricchezze, per le quali dovette il legislatore provvedere in modo speciale. Plutarco, ammiratore di Licurgo, loda il divieto della dotazione delle donzelle ordinato a Sparta, ed osserva che la povertà non era d'ostacolo al matrimonio ; però questa legge ebbe anche essa brevissima durata, e lo stesso Plutarco, nella vita di Lisandro, narra che alla morte di questo' ambizioso spartano, due giovani avendolo creduto ricco, chiesero le sue figlie in ispose, ma le rifiutarono quando seppero che era morto privo di sostanze. Sappiamo per altra parte da Aristotele, che le Spartane giunsero a possedere le due quinte parti del territorio (Politic., lib. 2, cap. 9).
Le doti furono in uso presso i Romani fino dai tempi della repubblica, poiché ci attestano gli scrittori che nell'occasione del matrimonio signa-bantur pacta dotalia, benché certamente non ascendessero alle considerevoli somme cui furono poscia portate sotto l'impero. Noi non ci occuperemo nè dell'opinione di Wielling, il quale pensa che presso i Romani antichi le doti fossero sconosciute, nè delle molte discussioni che si fecero a questo proposito; ma ci limiteremo a dire che nel corpo del diritto romano si stabilì un giusto sistema rispetto al diritto dotale; sistema che, come le altre leggi contenute nella collezione di Triboniano, fu in vigore presso la maggior parte delle nazioni europee; nè ometteremo di accennare che Giustiniano, secondando i voti della natura, introdusse la eguaglianza di diritti tra i maschi e le femmine, come appare dalle novelle 18 e 118.
Venendo ora a parlare delle legislazioni moderne, è da notare che in Francia il matrimonio si può contrarre tanto sotto il regime della comunione dei beni, quanto sotto il regime dotale, col primo deiquali si stabilisce tra i conjugi la comunione dei beni, e si autorizza fra di essi una società, i cui effetti sono determinati dalla legge e dalle partico-lari convenzioni. Questo sistema, il quale può essere vantaggioso per diversi riguardi, fu da molti considerato come imperfetto, in quanto che in esso non può avere luogo la proibizione di alienare i beni dotali, proibizione che è la più efficace guarentigia dell'adempimento dei pesi matrimoniali. Egli è per questo motivo che il Codice piemontese, in ciò seguito dal Codice civile italiano (art. 1433), volle che non fosse pel-messo ai conjugi di contrarre altra comunione universale di beni fuorché quella degli utili ; la quale ha per effetto di rendere comuni e divisibili gli acquisti fatti dai conjugi unitamente o separatamente durante la comunione, tanto se gli acquisti sono derivati dall'industria comune, quanto se sono conseguenze di risparmii fatti sui frutti o sulle entrate dei conjugi, detratti però sempre i debiti comuni.
La dote è costituita o dalla sposa quando essa ha beni proprii, o dai suoi genitori, ovvero anche da terze persone.
La dote non può costituirsi nè aumentarsi dai conjugi dopo celebrato il matrimonio: la costituzione o l'aumento di dote che venisse fatto da altri dopo celebrato il matrimonio non obbliga i beili del marito se non dal giorno della seguita costituzioue od accrescimento; e in questo caso non può stipularsi alcun lucro dotale. Se nel contratto di matrimonio non si è fatta particolar convenzione fra gli sposi riguardo ai lucri dotali, s'intende in forza della legge stabilito un lucro reciproco del terzo dell'ammontare della dote in favore del conjuge sopravvivente, in proprietà quando non sianvi discendenti dal loro matrimonio, e nel caso contrario in semplice usufrutto. L'amministrazione della dote durante il matrimonio spetta al solo marito, e peiò egli solo ha il diritto di agire contro i debitori e detentori della medesima, di percepirne i frutti e di esigere la restituzione dei capitali. Coloro che costituiscono una dote sono tenuti a guarentire gli oggetti compresi nella medesima; ma il marito non è tenuto a dare cauzione per la dote che riceve se non è stato obbligato nell'atto della costituzione dotale ; però se il dotante è nel numero delle persone che sarebbero tenute a prestare gli alimenti in caso di necessità, ove la dote sia in pericolo pel dissesto degli affari del marito, può il tribunale prescrivere le cautele opportune per la conservazione di essa. Similmente vuoisi avvertire che gli ascendenti obbligati a dotare le figlie devono, nell'occasione della costituzione della dote, prendere sui beni del marito l'iscrizione dell'ipoteca legale attribuita alle donne maritate, e non adempiendo a quest'obbligazione sono tenuti alla restituzione o pagamento di tutta o parte della dote perduta a causa dell'omessa o ritardata iscrizione. La legge obbliga il marito medesimo a far iscrivere la suddetta ipoteca per la dote.
La dote non può essere alienata od ipotecata, se nel contratto di matrimonio non ne è stata permessa l'alienazione o l'ipoteca. Fuori di questo caso, non si possono durante il matrimonio alienare od obbligare la dote e le ragioni dotali, nè ridursi,
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