Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      DRAMMATICA MUSICAloro drammi. Di fatto Aristotele la dice il più grande abbellimento di cni sia capace la tragedia; e potrebbesi citare un gran numero di antichi autori, per provare che tutti i drammi dei Greci e dei Romani erano non solamente cantati, ma accompagnati da musicali stromenti. Alcuni dotti critici, non riflettendo sull'origine della tragedia e insensibili forse all'incanto della musica, parvero maravigliarsi come un popolo così spiritoso e sensato com'erano i Greci, potesse soffrire che i suoi drammi venissero cantati. Ma siccome l'autichità riconosce unanimamente che le prime rappresentazioni drammatiche ad Atene ebbero la loro origine dal Ditirambi (V.), specie di canto in onore di Bacco, il quale si trasformò in appresso in coro nelle prime tragedie (V. Coro), non dobbiamo maravigliarci che i cori continuassero ad essere cantati. Nè l'uso di mettere in musica gli episodii, nome ch'ebbero da principio gli atti della composizione teatrale, può parere strano quando si rifletta ch'essi erano scritti in verso, e che allora tutti i versi erano cantati, e dovevano esserlo principalmente quelli che erano destinati a dilettare il pubblico radunato in ispaziosi teatri, all'aria libera, in cui non si potevano far sentire se non con una pronuncia lenta, sonora ed eccessivamente articolata.
      È vero che la tragedia è un'imitazione della natura, ma di una natura esaltata ed abbellita. 11 teatro non può esistere senza una certa esagerazione; i versi sono l'esagerazione del linguaggio ; ordinario, e la musica lo è della declamazione, nella stessa guisa che la danza non è altro se non il gesto esagerato; e però i Greci appellavano la » recitazione drammatica txéXoc, canto, e i Latini mo-dulatio, modus, canlieum, vale a dire canto, modulazione, musica. Di fatto, come si è accennato, i teatri della Grecia e dell'Italia erano di tanta estensione, che devesi naturalmente conchiudere, la necessità di parlarvi ad altissima voce avervi introdotto la declamazione musicale. Perocché chiunque grida abbastanza forte per farsi sentire da lontano, si serve di tuoni fissi che, addolciti, divengono tuoni musicali; e si sa che i tuoni del linguaggio ordinario sono troppo passeggeri, troppo indeterminati per essere portati ad una gran distanza o diffusi in un vasto spazio.
      Si fu parimente la necessità di rafforzare la voce degli attori con tutti i mezzi possibili che somministrò l'idea delle maschere di metallo e dei vasi armonici, di cui le une servivano come di trombe parlando, e gii altri, collocati in varii luoghi del teatro, vi propagavano il suono. Ma senza ricorrere alle conghietture, possiamo formarci qualche idea del genere di musica adoperato tanto negli atti o episodii, quanto nei cori ; perocché Plutarco ci dice nel suo Dialogo sulla musica, che i poeti ditirambici e tragici adottarono per le loro produzioni la stessa esecuzione musicale di cui Archiloco passava per inventore ; e che Ar-chiloco eseguiva la musica de' suoi giambi in due modi differenti, recitando cioè gli uni con un accompagnamento particolare, e cantando gli altri mentre gli strumenti suonavano le medesime note della voce. Quest'ultimo fu il metodo che gli autoritragici adottarono in appresso. Troviamo pare nella stessa opera, che i giambi declamati erano eziandio accompagnati dalla cetra e da altri strumenti; ma l'uso della cetra in queste occasioni non era continuo. Pare solo che il musico desse all'attore il tuono generale della declamazione, come si danno le note dell'accordo nel recitativo moderno, mentre nel coro e negli altri generi di poesia cantati, gli strumenti accompagnavano costantemente la voce nota per nota. La qual cosa stabilisce i due differenti generi di melodia, uno per la declamazione delle scene e l'altro pei canti del coro ; somiglianti forse il primo al nostro recitativo, ed il secondo ai canti ecclesiastici.
      La ragione e l'autorità degli antichi autori debbono egualmente farci credere che questa musica era semplice, e destinata solamente a rendere il linguaggio più articolato e l'espressione delle passioni più gagliarda. Secondo lo stesso Plutarco, il genere cromatico non era mai in uso nella tragedia, e il ritmo o la misura stretta non vi erano osservati ; ed ecco una rassomiglianza di più col nostro recitativo, in cui non si segue altra misura che l'accento e la cadenza del verso.
      L'abate Duclos non s'è fatto scrupolo di assicurare arditamente che l'attore nel dramma antico era accompagnato da un basso continuo, simile a quello che accompagna il recitativo italiano; ed egli crede di poter asserire, dietro un passo da lui citato, che lo stromento su cui eseguivasi questo basso era un flauto. Ma oltre all'esservi assurdo nel dire che uno stromento di soprano suonasse il basso, pare dimostrato che nessuna specie d'accompagnamento di basso era dagli antichi conosciuta; Duclos poi sostiene, contro l'opinione generale, che il melos dei tragici greci non era nè nel canto, nè nel recitativo in note fisse e musicali ; ma se ciò fosse, perchè Aristotele avrebbe detto che la musica è una parte essenziale della tragedia? perchè l'avrebbe egli appellata il principile ornamento di una composizione? Molti passi di Cicerone risguar-danti Roscio sarebbero affatto inintelligibili se gli antichi attori romani non avessero, come i greci, declamato in note musicali. Egli riferisce nel libro De oratore, avere Roscio sovente dichiarato che, quando l'età diminuirebbe le sue forze, egli non abbandonerebbe per ciò il teatro, ma pi onungerebbe la sua parte secondo il suo potere, e costringerebbe la musica a conformarsi alla debolezza della sua voce. E ciò egli fece difatto, perocché lo stesso Cicerone, nel libro De legibus, dice che Roscio nella sua vecchiaja cantava con un suono di voce più basso, e costringeva i suonatori di flauto a suonare più lentamente.
      Le tragedie greche erano dunque cantate ; dò pare incontestabile, quantunque i più antichi manoscritti greci non abbiano conservato alcuna traccia di questa musica. Lo stesso si vuol dire delie commedie, poiché avevano cori. I Romani, che studis-vansi d'imitare in tutto i Greci, introdussero nelle loro tragedie i cori e i canti accompagnati da parti stromentali; ma ciò che vi ha di singolare si è che le loro commedie, sprovvedute di cori, erano tuttavia poste in musica. Antichi manoscritti di Terenzio non ce ne lasciano alcun dubbio. Accanta
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume VII (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1879 pagine 1048

   

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