Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
1010 DUCQ GIUSEPPE FRANCESCO - DUELLOclassesouvrières (1846,3 voi.) ; Des écoles de ré forme (1848) ; Du paupérisme des Flandres (1850), Memoria premiata dall'Accademia di scienze morali e politiche; Des eolonìes agrieoles (1851) ed altre parecchie.— Vedi: Vapereau, Les contemporains
— Unsere Zeit (Lipsia 1869, part. i, pag. 313).
DUCO Giuseppe Francesco (biogr.).— Pittore belga,
nato a Ledeghem il 10 settembre 1762, morto a Bruges il 9 aprile 1829, era figlio di un barbiere di villaggio, il quale non gli potendo dare un'educazione compiuta, lo mandò a studiare sotto il pittore belga Paolo dé Kock. Ei fece rapidi progressi sotto questo maestro, e dopo essere stato premiato più volte a Bruges, recossi nel 1787 a Parigi per perfezionarsi nello studio di G. B. Suvée, e ottenne successivamente i primi premii di disegno dal vero (178'»), di figura dipinta (1796), di figura d'espressione (1800), e il secondo premio generale dell'Istituto (stesso anno), il quale gli procacciò un alloggio nel palazzo delle Belle Arti. Nel 1807 egli visitò l'Italia a spese del Governo francese, e si fermò a Roma, ove il viceré Eugenio Beauharnais si affrettò porre a sua disposizione un'ampia dimora, e gli commise molti grandi dipinti, di cui uno procacciò all'autore una medaglia d'oro all'Esposizione di Parigi nel 1810. Ducq tornò a Parigi nel 1813 riponendo piede nel palazzo delle Belle Arti, ed abbandonando dopo i disastri del 1815 la Francia, accettò la protezione del re dei Belgi che lo nominò pittore della sua Corte, professore all'Accademia di Bruges, cavaliere del Leone Belgico, ecc. Continuò a lavorare alacremente, finché nel 1829 un colpo di apoplessia paralizzò la sua mano destra ed abbreviò i suoi giorni. 1 suoi dipinti principali sono: La Notte e l'Aurora pel palazzo di Saint-Cloud ; Antonello di Messina che visita lo studio di Fan Dyck, salone di Gand 1820; Angelica e Medoro; Venere che esce dalle acque; quest'ultimo dipinto viene considerato come un capolavoro. Ducq va distinto per una grande correzione di disegno e una composizione piena di gusto e di eleganza.
Vedi Annales du Musée de Paris (ix e x).
DD DEFFAND Maria DE VICHY (marchesa) (biogr.).
— Celebre donna francese, nata in Borgogna nel 1697, morta il 24 settembre 1780, famosa per la sua bellezza e pel suo spirito. Fu amica di D'Alembert, Voltaire, Montesquieu, Marmontel e degli altri grandi filosofi e letterati dell'epoca. Pubblicò su di essa eccellenti saggi il Sainte-Beuve nelle sue Causeries du Lundi.
DU DEVANT. V. Sand Giorgio.
DUDLEY (geogr.). — Città del Worchestershire in Inghilterra con 43,782 abitanti.
DUDLEY Roberto. V. Leicester (biogr.).
DUELLO (stor.,cost.e legisl.).— Combattimento tra due a corpo a corpo fatto per disfida. Considerato sottoquesto aspetto, èdiun uso antichissimo, siccome ne fanno fede l'Iliade di Omero e il libro i dei Re, nel quale è descritta la disfida del gigantesco Golia alle schiere d'Israele, allorché si fece a chiedere che un uomo ne uscisse a combattere con lui. Molti fatti provano l'uso presso i più antichi popoli di scegliere il più forte dei loro guerrieri onde con un duello terminare la gueira (V. Combattimento singolare e Disfida).
Ma l'antichità non conobbe il duello quale si fa ai giorni nostri, vale a dire quell'assurdo costume di provocarsi per cose private e talvolta da nulla, onde giustificarsi spargendo il sangue dell'avversario. Questa barbara usanza ci venne dal Settentrione con quei Barbari che scesero ad invadere il mezzodì dell'Europa, non conoscendo quelle genti altro modo di far valere le loro pretensioni. Essi non apprezzavano nell'uomo nè il sapere, nè l'umanità, nè la giustizia, ma sibbene il coraggio ed il valore guerriero. Tutto volevasi ottenere con la spada alla mano. Domandavasi, per esempio, una fanciulla in moglie, e un rifiuto, per giusto che fosse, dava occasione di duello. Quanto fosse più generoso il pensare dei Romani intorno a disfide lo prova il fatto dei due centurioni riferito da Cesare ne'suoi Commentarii. La gelosia avendo reso quei due centurioni nemici implacabili, essi finirono per disfidarsi ; ma la disfida si ridusse a mostrare alle romane legioni chi di loro più valesse in battaglia. L'uno, dopo di aver uccisi molti nemici, cadde ferito, e chi corse a sovvenirlo fu il suo rivale.
Prima dell'invasione dei Barbari era il duello dai Romani sì mal conosciuto, che un Teutone avendo sfidato Mario a combattimento singolare, questo capitano rispose: che se colui era si desideroso di morire, poteva impiccarsi. Ma nei bassi tempi l'abuso del duello si recò a tal segno da essere comandato dalle leggi stesse. Questa usanza cominciò a farsi universale in Francia ed altrove dacché Gondebaldo, re di Borgogna (che regnò dal 491 al 516), promulgò una legge, nella quale era detto: che se uno dei contendenti ricusava l'offertogli giuramento in giudizio e si offeriva invece di provare colle armi la sua ragione, il re avrebbe consentito al duello quand'anche l'avversario si ricusasse di accettarlo. Da quel tempo il giudizio del duello fa ammesso nella legislazione degli Allemanni, dei Danesi, dei Longobardi e dei Francesi (V. Combattimento giudiziario e Giudizi! di Dio), e una volta radicato, ci volle lo sforzo di più secoli per estirparlo, non ostante che l'autorità civile e l'ecclesiastica in ciò d'accordo si adoperassero.
La pratica del giudizio del duello, già detta empia da Liutprando stesso, re dei Longobardi (tit. 91,§4 ed altrove), fu infatti condannata dai pontefici, dai vescovi e dai Concilii, incominciando da quello di Valenza dell'855 e discendendo sino al Tridentino (8e88. 25, can. 19), non che da molti scrittori. San Luigi la vietò non solamente nei proprii StAti, ma ben anche in quelli de' suoi vassalli, i quali però, restii com'erano sempre i feudatarii all'autorità sovrana, la mantennero in vigore. Di quel pio re imitava per altro l'esempio Alfonso conte di Poitiers e dell'Alvernia, concedendo a' suoi sudditi il privilegio di non poter essere forzati al duello da chi-chessia (anno 1270); e simili privilegi troviamo concessi a parecchie città, monasteri, ecc. da Guglielmo conte di Fiandra (anno 1127), da Filippo Augusto (anno 1187), da Federico II imperatore (anno 1237), da Filippo il Bello (anno 1310) e da altri principiQuesto fu il primo passo che temperò ma non isradicò l'abuso, al quale si tentò poi di porre qualche maggior riparo in Francia con una legge del 1422, restringendo a quattro i casi del duello:
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