Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
REValerio Fiacco anch'egli (1. n, Argon.) ricorda co-testa sacerdotale o regia diguità, che si ottiene coll'assassinio, dicendo riuscire funesta la selva di Aricia al solo suo re:
.....et soli non mitis Aricia regi.
8° Re d'armi od araldo d'armi era nel medio-ero, principalmente in Francia, colui che aveva l'incombenza di vegliare alla conservazione di tutto ciò che aveva relazione coll'arte araldica, compilando alberi genealogici ed opponendosi all'usurpa-zinne di titoli e stemmi. Pubblicava la calibrazione delle feste e dei torneamenti spettanti ai varii ordini dell»» cavalleria; spiegava i cartelli, invitava i com-bnttenti, e ripartiva egualmente l'ombra e la luce ai duellanti ad oltranza: assisteva «He nozze ed alle esequie dei re, racchiudendo nella tomba le insegne d»-l principe estinto. Dichiarava all'estero la guerra ed annunziava la pace, ed in ciò nou d fivrenziavasi punto per privilegi e funzioni dall'araldo degli antichi. Il suo vestito di gala consisteva in una cotta d'Hrmi di velluto violetto cremisi, scendente appena al ginocchio, e guernito davanti e di dietro di tre g eli d'oro; indossava alle pompe funebri veste strascicante e portava in mano un bastone nodoso indorato. Sotto Naj>oleone I si videro in Fraucia re di armi con cotte di velluto azzurro ed api d'oro; ricomparvero sotto la ristorazione, sostituendo alle auree api i gigli d'oro (V. Araldo-.
9° Re della fava. — Chiamasi cosi nel linguaggio famigliare quell'individuo a cui tocca in sorte la fova della stiacciata o focaccia, che i membri di una famiglia mangiano insieme coi loro amici la vigilia od il dì dell'Epifania, detta volgarmente la festa dei Tre Ke. Antichissima si è la creazione di cotesto e la consuetudine patriarcale di crearlo fra le caste e pure gioje domestiche conservasi tuttogiorno e nei poveri tugurii e negli splend di palazzi. Riscontrasi fra gli Ebrei fino dalle età più riinote, sendo registrata nell'Ecclesiastico. Notammo già che i Ho mani traevano a sorte coi dadi od aliossi il re del banchetto; ed è quindi più che probabile essersi originato da questo l'odierno re della fava. 1 Greci si servivano delle fave nelle votazioni popolari, significando assoluzione la fava bianca, e condanna la nera; ed in Atene sorteggiavausi colle ("ave i magistrati. Derivò quinci il precetto di Pitagora: astienti dalie fave (a fabis absfine), ossia non immischiarti punto uè poco negli affari politici ; mas sima che fu poi tradotta letteralmente e materialmente da'suoi discepoli nel seuso proprio, di non mangiar fave. I Romani chiamavano calende delle fave (fabarice calendce) il primo giorno di giugno, perchè offrivasi in esso un sacrificio di fave alla dea Carna o Cardina, custode dei cardini delle ; porte e delle culle dei bambini, per tenerne lontane le streghe. Nel paganesimo, alla fine di dicembre, durando i Saturnali, i ragazzi tiravano a sorte colle fave iJ re; e nel cristiauesimo fu trasportato cotesto uso al priucipio di geuuajo, e prò- j ^riamente al 6, giorno dei Tre Re.
10° Re delle fiere si addimauda il lione, detto anche il re della foresta, e secondo il Monti, il Utmdo imperator della foresta; e re dell'armento è il toro (Pnaedr., iv,*12; Stat., Th., v, óòò).
11° lire delle api (rex apum) è ricordato sovente da Virgilio; ed il re degli uccelli (rex avium) da Pliuio; ed anche l'Eridano o Po ha dal primo il titolo di re ifluviorum rex Eridanus. Virg., Georg., i, 4X2; iv, passim: PI in., E. N.y x, 95).
12° Nei giuochi delle carte, a seconda della varietà dei segui o semi che hanno le medesime, vi souo i re di bastone, coppe., danari e spade, oppure i re di cuori, fiori, picche o quadri, e significano le prime quattro figure di ogui seme rappresentanti appunto un re. Vi è finalmente anche il re degli scacchi, dalla cui impossibilità di muoversi senz'essere offeso dai pezzi dell'avversario dipende l'esito, e quindi la perdita o vincita di uua partita agli scacchi, come si vedrà a suo luogo (V. Scacchi).
Vedi Saiut-Priest, Histoire de la royauté, con-sidérée dans ses origines jusquà la formation des principales monarchies de VEurope (Parigi 1842,
2 voi. in-8° gr.).
RE (dir. pubbl.). — Non sapremmo altrimenti definire che cosa si intenda per re, se non servendoci d'una frase che racchiude una petizione di principio: re è la persona che sta alla testa di uno Stato retto a monarchia con titolo di regno; salvo poi a definire il regno uno Stato il cui primo magistrato ha nome di re.
Diffatti se noi volessimo dare una definizione che avesse per elemeuti i poteri della persona o dell'ufficio definito, dovremmo farne altrettante quante sono le differenze fra le attribuzioni esercitate dal re nei varii paesi e nelle varie epoche della storia; differenze che spaziano tra il potere illimitato del despota e quello del re costituzionale.
Nondimeno coloro che troppo facilmente dal nome argomentano alla cosa, o aunettono al titolo di re tutti gli attributi della sovranità, come vorrebbero i seguaci del diritto divino, o predicano incompatibile con l'esistenza di tale supremo ufficio ogui esercizio di vera libertà.
Nè la storia, uè la dottrina appoggiano codeste • preoccupazioui, benché della dottrina soprattutto si servano gli uni a provare la loro tesi, come della storia si servono gli altri, quale argomeuto d'uua esperienza che uon falla, e dimostrazione d'uu diritto consacrato dal tempo.
Noi non vogliamo portare in campo la quistione della miglior l'orma di governo possibile, quistione troppo loutana dalla natura di questo articolo, e saremmo per dire oziosa per chi creda, come noi, impossibile scioglierla con una formula che non lasci tutto da determinare.
Perciò, senza assumerci una dimostrazione dottrinale e storica della, eccellenza della forma monarchica, temperata dalle istituzioni liberali, verremo esaminando brevemente le varie gradazioni di autorità che nelle principali epoche storiche andarono congiunte all'ufficio regio, toccando della quistione sull'eleggibilità o trasmissione ereditaria di esso, e concludendo col riferire alcuue fra le principali dottrine dei pubblicisti sulla sua essenza e natura nella monarchia costituzionale.
Checché pretendano i partigiani dell'assolutismo, è indubitato che, se la forma regia è il più Hutico e il più diffuso fra i modi di governo, non si può
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