Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

Pagina (5/415)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina  Immagine

      4
      dire altrettanto del potere irrefrenato di colui che ne esercitava l'ufficio. 11 Balbo dimostrò come la monarchia temperata sia quella che predomina nella storia. Già alla voce Potere riportammo qualche cosa delle prove storiche che egli copiosamente adduce in appoggio della sua tesi, nel libro Bella monarchia rappresentativa. L'assolutismo, la monarchia pura, non fu in ogni età, in ogni paese, se non una eccezione breve per la sua stessa mostruosità. Tutti quegli shah, o rahja, o thiang, o faraoni dei regni orientali non furono che re temperatissimi, fra le influenze, il potere, la prepotenza guerriera
      0 sacerdotale, e le mene, gli intrighi dei serragli. E generalmente sopra di essi stavano quelli che ora con voce romana chiamiamo imperatori, e che con i nomi indigeni di Melek-Malakim, Shahin-Shàh, Malia rahja, Ka-Kan dovremmo chiamare più propriamente re dei re. Il quale fosse pure assoluto per istituzione, non poteva per certo essere in fatto di fronte alle resistenze dei re suoi soggetti e dei loro consigli.
      Lo stesso si può dire dei basilei greci e dei reges romani. Moderatissimi nella loro potenza, come ci fan fede storie e poemi, tradizioni e critica, caddero dopo qualche secolo e lasciarono posto a repubbliche aristocratiche prima, poi man mano ognor più democratiche, finché le intemperanze di una libertà soverchia a popoli che non ne sapevano ormai se non abusare, condussero ai tiranni ed agli imperatores, veri re assoluti, dei quali restarono
      1 titoli a indicare il despotismo di un solo.
      È inutile portar argomenti a dimostrare quanto poco fossero assoluti quei king o kònig o capi germanici che stabilitisi sul territorio romano, presero il nome latino di re. Una nuova eccezione riappare nella storia all'epoca moderna quasi in tutta Europa: scomparsi, ove le repubbliche, ove gli stati generali e i Parlamenti, ove i consigli dei priucipi, la potestà regia assoluta si presenta di nuovo per circa due secoli: ben lontana però dall'essere quella degli imperatori di Roma, non couseutendolo più la civiltà nuova, e la coscienza dei proprii diritti, più o meno ampiamente diffusa nelle nazioni. Per
      10 che, essa si sorregge e predomina per luoghi anni non come evento casuale e forzato, ma come un portato dei tempi, come una istituzione che ha causa e radice profonda nei bisogni dell'epoca. Con giusta filosofia perciò il Ferrari, allorché parla delle monarchie del seicento, osserva che « i colpi di pu- j gnale sul petto di Enrico IV e di Grange fauno fremere, allorché la regalità è un'iustituzione e non già il potere di un uomo » (La mente di Vico, pt. i, cap. ni).
      Divenne tale sul finire del secolo xvirr, e fu allora che restò rovesciata. Rinacque per poco e ben più limitata sia nello spazio, sia in se stessa: ora nella vecchia Europa è quasi scomparsa, è ridiventata una eccezione orinai poco più duratura. Ora :
      11 potere regio è quasi per tutto una instituzioue la quale, perduta quella semplicità che le era propria allorché sola si trovava alla propria altezza, forma una parte del complicato ordigno dei governi monarchici rappresentativi.
      Perciò, se togliamo la provetta Inghilterra, in Ogni altro luogo raramente è compresa nell'ufficiodi cui è incaricata, raramente sa comprendere se stessa. E questa è l'accusa più grande che le facciano gli assolutisti. Qual cosa più semplice infatti di quella d'un re assiso sul posto più elevato fra i suoi popoli, ch'ei regge paternamente? Quale spettacolo più bello di quello presentato dal santo re Luigi IX, il quale, assiso all'ombra di un'alta quercia, rende giustizia ai felici sudditi che lo circondano? E dimenticano Luigi XI che percorre le sue provincie con il boja ai fianchi. Imperocché rari sono gli uomini di genio, più rari quelli di cuore, e sovente dall'uomo grande nasce l'inetto, quasi compenso fornito dalla natura. Far dipendere dal caso non solo la felicità o la sventura, ma ben anco la vita e la morte degli Stati, è un compe-, rare a troppo caro prezzo la possibilità d'esser retti talvolta da un Pietro il Grande. « Perchè uno Stato monarchico, ripeteremo col Rousseau, potesse essere sempre ben governato, converrebbe che , l'estensione ne fosse misurata alle facoltà di colui , che governa... Converrebbe, per cosi dire, che un , regno si estendesse o si rimpicciolisse a seconda della saggezza del principe che pel momento lo governa ».
      Il rimedio che proponevasi dagli scrittori affezionati alle forme monarchiche per se stesse, era la elezioue del sovrano. Di ciò può quasi dirsi che non si discuta più modernamente: le forme costituzionali hanno diminuito di tanto i mali provenienti dalla inettitudine del re, che forse nessuno tra gli scrittori monarchici cerca di prevenirli col suggerire il pericoloso rimedio della elezione. Mentre diffatti la imbecillità di Carlo VI condusse la Francia sull'orlo dell'abisso; la demenza di Giorgio III non impedì che l'Inghilterra progredisse francamente in libertà e potenza. Il Sismoudi è uno di quelli che più han vagheggiato la forma elettiva. Dottrina e storia gli forniscono del pari gli argomenti. Pone la necessità d'avere a capo un uomo illuminato, l'impossibilità , che esso si trovi continuamente in una dinastia, la I giustizia di sollevare al più alto posto dello Stato chi più lo merita, non chi vi si trova collocato dal caso: ricorda gli esempi dell'Impero germanico che contò tauti sovrani di mente eletta prima di cadere nelle mani d'una dinastia: agli esempi dell'Ungheria e della Polonia rovinate dalle lotte, dalle gelosie delle famiglie parteggiane e ambiziose di trono, oppone quello di Venezia tranquilla, senza pensare che l'aristocrazia regnava colà, non il doge: ai pericoli di quelle lotte e di quelle gelosie oppone le guerre di successione e i mali delle reggenze, guardando più al passato che al presente, più alle monarchie pure che alle costituzionali: e dimentica poi il più graude, il più costante esempio nella storia, quello delle monarchie elettive cambiate in ereditarie, per tacito consenso di popolo, per la forza stessa delle cose.
      Abbiamo detto già che in uno Stato rappresentativo non è necessario un genio per re: basta un uomo di mente educata a comprendere i proprii doveri, e di cuore capace a compierli. Ora ciò è più facile trovarlo nei mediocri che nei grandi, trascinati dalla loro stessa grandezza ad imporsi agli altri. Chi può immaginare un Cesare, un Car-lomaguo, un Napoleone, re costituzionali? costretti


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina  Immagine

   

Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

Pagina (5/415)






Balbo Potere Bella Melek-Malakim Shahin-Shàh Malia Ka-Kan Europa Parlamenti Roma Ferrari Enrico IV Grange Vico Europa Inghilterra Luigi IX Luigi XI Stati Pietro Stato Rousseau Carlo VI Francia Giorgio III Inghilterra Sismoudi Stato Impero Ungheria Polonia Venezia Stato Cesare Car-lomaguo Napoleone Far