Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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a dividere col Parlamento la propria autorità; soggetti a vedere da questo respinti i disegni sui quali forse intendono di fondare la prosperità del loro popolo, è impossibile che a lungo andare non rompano ogni freno, arrogandosi quella parte d'autorità di cui non sono investiti.
I suggerimenti dei pubblicisti e le guarentigie delle costituzioni si dirigono in parte essenziale appunto a prevenire e rendere quanto più si può difficile l'eccedere del potere regio : e la pratica costituzionale tende a stringere sempre più i legami da cui è circondato, allargando i privilegi delle assemblee a danno della prerogativa reale.
Ed è appunto su questa prerogativa che più si agitano le questioni teoriche e pratiche della vita costituzionale: determinarla di confronto ai diritti della nazione, agli interessi della libertà, alla responsabilità ministeriale, alle tradizioni storiche, è la parte più ardua e più complicata del regime monarchico rappresentativo.
In Inghilterra, nostra primogenita in libertà, per usare la espressione del Balbo, la distinzione fraprerogativa reale e i privilegi delle Camere dura tuttora nel linguaggio politico quale memoria del processo storico della costituzione inglese (V. Parlamento), partita dal potere antecedente del sovrano, venuto limitandosi man mano per le concessioni strappate dall'aristocrazia e dai Comuni. Queste stesse memorie storiche, cotanto rispettate colà, fanno del re, o come si dice, della Corona il caput et finis della costituzione inglese. L'immortalità, l'onniscienza, l'onnipresenza, l'inviolabilità, l'iufallibilità sono doti inerenti al sovrano, il quale nondimeno è quello che meno usa dell'ampio potere di cui è apparentemente investito. Tutto il potere esecutivo è nelle mani ; la Corona è la sorgente degli onori, e può sola conferire grado e precedenza: essa ha il potere di nominare quasi tutti i giudici : sooo di proprietà del re, quale Lord Paramount, tutte le terre del regno, delle quali i possessori non sono che usufruttuarii. Ma la necessità di servirsi ad ogni tratto del concorso della nazione convocata nel Parlamento, è il freuo più grande e più vero che l'autorità regia abbia mai patito, così che essa si esercita in tutta l'influenza che per se stessa necessariamente ha, solo allorquando la persona che ne è investita sa coi meriti proprii farla prevalere nei consigli e nell'azione. Il rispetto dei sudditi segue il grazioso sovrano che sa conciliare i proprii diritti col bene della nazione; e il sno nome si mescola in tutte le solennità pubbliche e private, è rispettato ugualmente da tutti i partiti.
II sistema inglese venne esteso a quasi tutti gli Stati del continente, più o meno modificato dagli Statuti, più o meno compreso dalle popolazioni. Nel Belgio e nell'Olanda la prerogativa regia è in parte più estesa, in parte più ristretta di quello che in Inghilterra; di fatto, mentre da un lato il re ha potere assoluto sulle colonie e possessioni straniere, stabilisce la paga e gli emolumenti dei giudici, e nelle vacanze della legislatura può dispensare gli individui dall'osservanza delle leggi, facoltà sconosciute al re inglese; dall'altro lato è limitato più che questo nel diritto di grazia, nella formazionedei trattati, e nelle nomine dei consiglieri di Stato. Taciamo di differenze minori.
La Costituzione francese del 1830 avendo servito di base e di modello alla nostra, ci crediamo dispensati dall'esaminarla; e veniamo alle facoltà riservate al re dallo Statuto italiano.
Mentre il potere legislativo è collettivamente esercitato dal re e dal Parlamento, al re solo invece appartiene il potere esecutivo ; egli è il capo supremo dello Stato: comanda tutte le forze di terra e di mare; dichiara la guerra; fa i trattati di pace, d'alleanza e di commercio; nomina a tutte le cariche dello Stato; fa i decreti e regolamenti per la esecuzione delle leggi, le sanziona e le promulga; può far grazia e commutare le pene; nomina i membri del Senato, e costituisce questa assemblea in alta corte di giustizia quando si tratti di giudicare crimini di alto tradimento, o i ministri accusati dalla Camera dei deputati ; convoca ogni anno le due Camere, ne può prorogare le sessioni, e sciogliere quella elettiva, nel qual caso deve però convocarne un'altra nel termine di quattro mesi ; infine la giustizia emano dal re, in cui nome è amministrata dai giudici ch'egli istituisce. Alla sommità di tutte queste attribuzioni è posta l'inviolabilità della persona reale, e per conseguenza la sua legale irresponsabilità. Imperocché tutti i poteri di cui lo Statuto investe il re, non impediscono a che nello Statuto stesso sia inserito un articolo che dice : « Le leggi e gli atti del Governo non hanuo vigore se non sono muniti della firma d'un ministro », solo responsabile degli atti stessi, benché infine egli non paja essere se non un mandatario del re, il quale per l'art. 65 nomina e revoca i smoì ministri.
Della responsabilità ministeriale abbiamo trattato in apposito articolo (V. Ministro). Ma qui non possiamo saltare di piè pari la quistione sui rapporti legali tra il re e i ministri; in altre parole, dobbiamo almeno accennare alla grave controversia che vige tra i pubblicisti, circa agli atti riservati alla sola prerogativa reale, e quelli più propria-meute inerenti al potere esecutivo di cui il re è investito.
Siccome lo Statuto all'art. 67 parla di atti di governo, così sembra che in pratica tutto si riduca a sapere il significato da dare alla parola governo. È egli da intendersi in questo caso l'amministrazione sola, condotta in base alle leggi, oppure tutto il complesso del meccanismo dello Stato, dalla nomina dei ministri all'ultimo atto di regia attribuzione? In quest'ultimo caso ogni atto del re è soggetto alla firma ministeriale, e il re piuttosto regna 1 di quello che governi. Questa celebre frase, colla \quale il dottrinarismo francese credette di scio-! gliere ogni dubbiezza, ha bisogno alla sua volta di lunghi commenti per vedere in quale senso debba essere presa. Già l'Hello credeva di doverle sostituire un'altra, meno concisa, ma meno contestabile, vale a dire, il re influisce sul governo, non governa; e il Laferrière alla sua volta una terza, il re regna e non amministra. Quest'ultimo distingueva nelle attribuzioni reali il germe di due autorità, l'una personale al re, la prerogativa, com'è il comando degli eserciti, il diritto di convocare ìe
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