Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      Ravenna
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      possiamo a meno di comprendere alcuni particolari anche su questo argomento : non è fuor di luogo vedere alla parola Reato quali azioni sieno state ud tempo e sieno tuttora puuite con tal nome.
      A Roma, coloro che mancavano di rispetto al numen sacer imperatoria, avevano la pena dei sacrileghi. E per mancar di rispetto bastava, secondo una legge di Valentiniano e di Graziauo, discutere eul giudizio del principe non solo, ma dubitare per-siuo del merito di coloro cui sceglieva a qualche impiego. Valentiniano ed Arcadio fecero una legge, colla quale consideravano e punivano come rei di lesa maestà i monetarii falsi: il rapporto tra il battere moneta e la persona dell'imperatore stava in ciò, che a questo era serbato il diritto di batter moneta, il perchè chi usurpava quel diritto offendeva l'imperatore! E quanto terribile accusa fosse qaella di lesa maestà, basta a far conoscere quello che si praticava sull'esempio dato da Siila, il quale insegnò a non punire chi avesse con calunnia accasato taluno di tale reato. Si ponga mente a ciò, che il calunniatore in altri delitti sarebbe stato punito con nota d'infamia. Una severità fuor d'ogni limite continuò a codesto riguardo anche nell'Europa cristiana e fino agli ultimi tempi. La teoria che fa reato del non rivelato delitto, venne insegnato da B.irtolo doversi applicare trattandosi di lesa maestà !
      E lo czar Pietro I condannò a mangiar il proprio libro un autore che aveva scritto contro il potere illimitato dello czar stesso. Era meno ancora di quanto fece la Camera Stellata inglese sotto Carlo I, nel 1633, condannando ad aver mozze le orecchie sulla berlina e ad un'ammenda di mille sterline l'avvocato Prinom, che aveva scritto un libro contro la commedia, molto amata dal re.
      Certo, nei paesi retti a libertà simili eccessi sono impossibili : ma qualora una falsa democrazia usurpi il posto della uguaglianza vera e naturale, è facile che sotto un'altra forma si presentino gli stessi fatti. In Atene veniva punito di morte lo straniero che si fosse introdotto nell'assemblea del popolo: era tenuto reo d'usurpazione della sovranità. Siamo però ancora lungi dai delitti per parole o per mancanza di rispetto, espressioni tanto elastiche, e per 1? quali nondimeno anche oggidì, e non in Cina solamente, si condanna alla morte.
      Dove le idee moderne hanno portata la distinzione evidente tra la persona e l'ufficio de) sovrano, diminuiti i reati di crimenlese, hanno preso una più distinta individualità quelli detti più propriamente politici. Benché nou sia uno o pochi quelli che presentemente definiscono le azioni riguardate come reati politici, nondimeno quante vittime anche oggi delle ire di partito, della presunzione del vincitore, della reazione del viuto che riconquista il posto perduto! Lo scetticismo che domina tanto negli argomenti morali, è senza dubbio radicato negli animi popolari, più che da altro, da cotesta successiva, irrequieta oscillazione di principii, di idee, di fede politica, da questo scendere e salire di briganti fatti martiri, e di martiri divenuti uo-miui di Stato. Gli è perciò no principio nou d'umanità. ma di stretta giustizia quello che esige, i delinquenti politici siano giudicati e puniti mitemente, Nuova E.vcicl. Ital. " Voi.
      e ne sia interdetta la estradizione, quando delitti comuni da loro commessi non afebiauo mostrato in loro, più che l'uomo di buona fede, il ladro e l'assassino.
      Togliendoci da questo genere di reati, per la loro stessa natura variabili, vogliamo rammentare al lettore alcune leggi intorno ad azioni che meno si prestano a tale mutabilità. Ognuno ricorda la legge spartana che lasciava la cosa rubata al ladro de* stro. Ma è meno noto il ridicolo fatto successo sotto Luigi XI di Francia, che fece impiccare un majale come reo d'omicidio. A tali assurdità faceva contrappeso pur troppo la pena di morte inflitta a chi uccideva in bandita un capriolo : pena che cambiò poi nella galera, ma che ad ogni m>>do non aveva per ragione la qualità sacra degli animali, la quale dagli Egizii faceva condannare a morte gli uccisori dell'ibi e dell'avoltojo. Mentre poi si poneva ogni ostacolo all'esercizio dell'attività individuale, si puniva eccessivamente chi non lavorava; e il re Giovanni di Francia fece un'ordinanza che infliggeva quattro giorni di pane ed acqua ai vagabondi ed oziosi, i quali in prima recidiva venivano posti alla berlina e in seconda recidiva si avevano una mano bruciata. Anche l'ebrietà fu punita, e la Svizzera metteva agli arresti il briaco perchè briaco; mentre in Svezia si usava guarirlo rinchiudendolo e pascendolo per qualche tempo con pane inzuppato nell'acquavite.
      Una disposizione avevano i Romani, la quale forse meriterebbe essere copiata: punivano colla depor-tazioue e persino colla morte i medici negligenti od incapaci; è bensì vero che allora la medicina era professione libera, mentre oggidì le lauree sarebbero destinate a garantire la capacità.
      Anche quanto al suicidio variarono grandemente le legislazioni. I Greci lo punivano quando avesse avuto luogo per debolezza d'animo: i Romani, all'opposto, quando il reo si uccidesse per disperazione d'alcuu delitto commesso. Ma la pena essendo la confisca, fu introdotta dagl'imperatori per ragioni fiscali, piuttosto che per altro. 11 diritto canonico estese a tutti i suicidi la pena della confisca dei beni, e vi aggiunse l'infamia; si puniva i figli d'aver perduto i genitori anzi tempo! A Marsiglia invece chi si voleva uccidere si presentava al Senato e adduceva le ragioni dell'atto che intendeva commettere: se queste sembravano valide, il permesso era accordato (vedi Brissot de Warville, Théorie des lois criminelles, cap. n, sess. ni).
      Qui ci arrestiamo. La materia ci si accresce sotto la penna, ma lo spazio ci è circoscritto. Il solo duello potrebbe fornirci abbondantissimo argomento. Ma agli articoli speciali si può vedere generalmente esposta una breve storia delle leggi sul reato, di cui a ciascuno di essi si parla. Beusì prima di finire vogliamo far cenno del costume, che per secoli prevalse, di puuire i reati secondo le persone che li commettevano e li pativano: costume che pur troppo, dove la schiavitù sussiste, cambia tuttora in azione lecita, se commessa sullo schiavo, quella che è grave reato se colpi un uomo libero.
      REATTINO [eool.). — Uccelletto cantatore subuli-rostre, della famiglia degli scriccioli (troglodytes parvulus) (V. Scricciolo). XIX. 2
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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