Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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REGGIOne venisse richiesta (Liv., xxm, 30; xxiv, 1; xxvi, 12; xxix, 6; xxxi, 31; xxxv, 16; xxxvi, 42; Poi., i, 7; Appian., I c.). Appena però dopo la guerra sociale, ossia dopo 1*88 av. Cr., i Reggiani, al pari degli abitanti delle altre città greche d'Italia, passarono alla condizione di cittadini romani, e Reggio stessa diventò un municipio romano. Tre anni avanti, nel 91 av. Cr., aveva sofferto di molto per un tre-muoto, che ne distrusse una gran parte; ma sembra che siasi riavuta ben presto dalle conseguenze di simile disastro, perchè al finire della Repubblica viene noverata da Appiano fra quelle diciotto fiorenti città d'Italia eh' erano state promesse dai triumviri ai loro veterani qual premio dei prestati servigi. Reggio ebbe nondimeno la buona fortuna di fuggire a tale destinazione per il favore di cui erale largo Ottaviano, e durante la guerra successiva tra costui e Sesto Pompeo, dal 38 al 36 avanti Cristo, diventò una delle piazze più importanti di quartier generale e per la flotta e per l'esercito. A compensare le prestazioni dei Reggiani in simile congiuntura, Augusto ne aumentò la popolazione, ch'era molto scemata, coll'aggiunta di un corpo di nuovi coloni ; ma gli antichi abitanti non furono espulsi, nè la città assunse il titolo di colouia, sebbene avesse adottato, per gratitudine ad Augusto, il nome di Reggio Giulia (Rhegium Julium). Era ai tempi di Strabone luogo popoloso e fiorente, ed una delle poche città che, al pari di Napoli e Taranto, conservò sempre alcuni avanzi della greca sua civiltà. Se ne ravvisano tracce anebe in varie iscrizioni, alcune delle quali, pel periodo del romano Impero, presentano un curioso miscuglio di greco e latino, mentre altre portano i nomi di magistrati romani, quantunque sieno in greco (Cic., Verr., iv, 60; Phil., i, prò Arch., 3; Strab., vi, pp. 86, 253-59; Jul. Obseq., 114; Appian., B. G\, iv, 3; v, 81, 84; Dion. Cass., xi.viii, 18, 47; Ptol., ni, 1, § 9; Orell., lnscr., 3838; Morisani, lnscr. Regince, in-4°, Napoli 1770, pp. 83,126,ecc.; Bockh, C. J.,5760-68). La favorevole sua situazione e la sua importanza per il dominio del passaggio dello stretto preservarono Reggio dalla sventura di ridursi allo stesso stato di decadenza di molte altre città nel S. del l'Italia. Continuò ad esistere dessa qual considerevole città durante il periodo dell'Impero romano, ed era il termine della grande strada maestra che possedeva per tutta l'Italia S., formando il modo ordinario di comunicazione colla Sicilia. Nel 410 d. Cr. Reggio divenne il limite dei progressi di Alarico, il quale, espugnata e saccheggiata Roma, marciò per la Campania, Lucania e il Bruzio, devastando nella sua marcia cotesto provincie e s'im-padrouì di Reggio, che fu incendiata da' suoi. Perirono nell'incendio i famosi tempii d'Iside,Serapide, Diana ed Apollo, il Pritaneo ed il Ginnasio, ornamento della città. Tentò quinci Alarico d'attraversare lo stretto e passare nella Sicilia, ma fallitogli il piano, ritornò nell'interno della Calabria, e giunto a Cosenza vi perdette la vita (Plin., ni, 5, s. 10; Ptol., I c.; Ititi. Ant., pp. 112, 115, 490; Eisi. Misceli, xiii, p. 535). Poco dopo la distruzione or mentovata, viene ricordata Reggio da j Cassiodoro come luogo ancor fiorente, ed anche ai tempi di Paolo Diacono, nel secolo vm, era tuttavia
una delle città principali del Bruzio. Due secoli innanzi, durante la guerra gotica, caduto già 1*Impero d'Occidente, Reggio sostenne una parte rilevante, ed era ben munita fortezza, ma fu presa nondimeno da Totila nel 549 d. Cr., prima della costui spedizione della Sicilia (Cassiod., Far., xn, 14; Paul. Diac., Hist. Lang., n, 17; Procop., B. C., i, 8; ni, 18, 37, 38). Nel 918 era di già in potere dei Mori, che pur la danneggiarono; ma maggior danno ancora le recarono i Pisani, i quali, sotto pretesto di liberarla dal giogo moresco, se ne im-podestarono al principio del secolo xi, la misero a sacco, e passarono a fil di spada que' Saraceni che vi rinvennero. Cadde successivamente di nuovo in balìa degli imperatori greci, e continuò ad essere ai medesimi soggetta, tranne un breve tratto di tempo iu cui fu occupata dai Saraceni, finché passò, nel 1060, sotto il dominio di Roberto Guiscardo, che si fece eleggere in essa duca di Sicilia e Calabria. Nel 1313 Federico II la prese di assalto, e due secoli più tardi, nel 1503, fu conquistata da Gonsalvo di Cordova, a nome di Ferdinando il Cattolico. Nel 1543 ebbe a soffrire un orrendo saccheggio, e fu incendiata dal famoso corsaro Ariadeno (Kair Eddin) Barbarossa, e nel 1550 Mustafà pascià le fece provare la stessa sorte: e poscia rin-novaronsi a più riprese gl'insulti dei Barbareschi, finché nel 1595, fu eziandio data alle fiamme dal pascià Sinan, ossia Assane Cicala, rinnegato calabrese. Si riebbe nullameno da tante' sventure, ed era di già fiorentissima, quando nel 1783 fu quasi intieramente distrutta dal terribile terremoto detto delle Calabrie. Risorse beo presto dalle miserande rovine, ed assai più bella ed appariscente, perchè fu riedificata secondo una pianta regolare, e sten-desi per conseguenza oggidì lunghesso il declivio di un colle fino al mare. Una larga strada, detta la Marina, corre lungo il lido del mare, ed un'altra, parallela alla medesima, attraversa la città passandovi per il centro, ed è intersecata ad angoli retti da varie altre strade. Le aggiunge non poca vaghezza il prospetto della opposta spiaggia di Messina e dei verdi colli di cui s'ioghirlanda, attergati al maestoso Mongibello. In mezzo a tanta celebrità storica, di cui vantansi a dritto i Reggiani , non manca loro certamente pur quella di essere stati fra i primi cbe abbiano abbracciato il cristianesimo in Italia , sendovi stato introdotto , giusta le più accreditate tradizioni, dallo stesso san Paolo, che convertì e battezzò in persona molti di quegli abitanti, e vi fondò una sede vescovile , che divenne necessariamente la metropolitana della Calabria. Ne fu consecrato vescovo santo Stefano suo discepolo, e per sette secoli continui fu governata da vescovi di rito latino. Nel secolo vm fa dichiarata metropolitana, e l'arcivescovo s'intitolò primate della Calabria, essendo veramente tale per l'origine dell'apostolica sua sede. Si mantenne metropolitana anche sotto l'Impero bizantino, per tre intieri secoli, ad onta del rito greco che vi fu in. trodotto, ed il suo arcivescovo aveva tredici vescovi suffraganei, la cui consacrazione era di suo esclusivo diritto. Oggigiorno, non più tredici, ma otto sono i vescovi suffraganei, aventi le diocesi di Bova, Cassano, Catanzaro, Gerace, Nicastro, Oppido, Squii-
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