Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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REGOLE DI DIRITTO 90
ò 97 gradi alcoolici, il quale è raccolto in uu provino graduato manito di un termometro e di un areometro, che manifesta ad un tempo il volume, il grado e la temperatura dell' alcoole rettificato. F è il recipiente nel quale passano gli olii essenziali ed i corpi più densi, più o meuo infetti cheFig 5632.
la rettificazione rigetta sui dischi inferiori della colouua, e che si vuota di quando in quando.
REGOLE DI DIRITTO (dir. civ.). — I. Preliminari. — 1 giureconsulti hanno così chiamati certi principi i costanti che debbono servirci di guida nello studio della giurisprudenza.
Molti autori si sono affaticati di raccogliere le regole di diritto; ma le loro fatiche non hanno forse prodotto sempre i frutti che avrebbonsi potuto sperare, forse perchè, invece di farci conoscere le relazioni delie regole di diritto le une colle altre, e di presentarci una concatenazione di tutti i principii della giustizia, non hanno presentato le regole che sotto un punto di vista troppo generale, e perchè non indicandone nè l'applicazione, nè le eccezioni delle medesime, malagevole riesce il prevederne tutte le false conseguenze. Tuttavia ci parve cosa giovevole agli studiosi del diritto dporre sottocchio alcuni aforismi legali tratti dal Digesto e specialmente dal titolo De regulis juris, e scelti tra quelli che sono i più importauti e di un uso più frequente.
Applicazione delle regole. — E primieramente si avverta che regula est, quce rem qua est, breviter enarrat, non ut ex regula jus summatur, sed ex jure quod est, regula fiat. La regola di diritto non è la legge stessa, ma ne è un breve compendio; quindi non si applica quella a qualunque caso, ma soltanto alla materia su cui questa dispone; atten-dendum ad jus ex quo con feda est, come dice Pothier (veggausi le Leggi 1, 202, Dig. De regulis juris; e la Legge 91, § 3, Dig. De verb. oblig.). Laonde le citate leggi rammeutano il prudente avvertimento, essere facile l'incappare in errore anche nella scienza del diritto; perciocché suolsi talvolta, da chi bene non pouderi, applicare malamente alcune regole a qualche caso nel quale in ' modica circumstantia àberret.
11. Regole generali ricavate dalla natura delle cose. — Non debbesi mai intendere la legge in modo che abbia a sovvertire l'ordine naturale delle , cose; può discostarsene, non annientarlo: Civilis ratio naturalia jura corrumpere non potest (L. 8, Dig. De capit. diminut.). Quce rerum natura pro-hibentur, nulla lege confirmata sunt ^L. 118, Dig. De reg. jur.). Il divisamente di fare una cosa non produce per se stesso nemmeno un'obbligazione naturale, quantunque importi altrui che si eseguisca: la sola couveuzione forma il vincolo: Neque imperare sibiy neque se prohibere quisquam potest (L. 51, Dig. De recept.). Chi erra non presta assenso; ma l'errore in tal caso dee cadere sopra la persona, non già sulla denominazione di essa: Nulla vo-luntas errantis est (Lr 20, Dig. De aqua et aqua pluv.). Nil facit error nominis quum de corpore constai (L. 9, Dig. De contrah. empt.). Finché sta la stessa specie, sta la cosa; sussiste il gregge, benché cambiati tutti i capi (L. 76, in fio., Dig. De jud.). Ma bene spesso la mutazione della forma trae seco l'annientamento della sostanza della cosa (L. 9, § 3, Dig. Ad exhibendum). Non si risguardi per istabilito ciò che trovasi tuttora sospeso per clausola condizionale : Quod pendety non est prò eo quasi sii (L. 169, Dig. De reg. jur.). Con una frase ambigua nulla si dice positivamente di ciò che dessa può significare, ma soltanto ciò che si volve nell'intelletto del disponente. Quindi chi enuncia una cosa diversa da quella ch'ei vuole, non dice nè ciò che i termini esprimono, non essendo ciò nella sua intenzione, nè ciò che vuole, perchè non lo manifesta (L. 3, Dig. De rebus dubiis).
Niuno può trasferire ad altri maggior diritto di quello che egli stesso ha : Nemo plus juris ad alium transferre potest quam ipse habet (L. 54, Dig. De regulis juris). Questa regola generalissima si applica alle eredità, ai legati, alle tradizioni per contratti, insomma ai successori per qualsiasi titolo universale o particolare. Non può considerarsi cessare di avere una cosa colui che mai non l'ebbe. Non potest videri desiisse habere qui nunquam ha-buit (L. 208, ivi). La parte si contiene nel tutto (L. 113, ivi) ; ed il meno nel più (L. 100, ivi). A chi ò lecito il più è lecito anche il meno. Nemo deòett^ooQle
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