Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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regole dì Diritto
può abusarne (L. 15, § 4, Dig. De ustif.), cioè non può convertire le cose ad uso diverso dal destinato, così suonando la voce abuti (L. 13, § 4, Dig. De usuf.). Fructuarius debet omne quod diligens pater-familias in domo sua facit, et ipse facere (L. 65, ivi); deve sostenere i carichi ordinarii (L. 27, § 3, ivi); come i tributi. Causam proprietotis deteriorem fa-cere non debet (L. 13. § 4, ivi). Modica refectio ad fructuariumpertinetlL. 7, § 2, De usuf.). In locum demortuarum (non già le svelte dalle bufere) ar-borum alice substituenda sunt; et priores ad fru-ctuariumpertinent (L. 18, ivi). II proprietario del fondo non può senza il consenso dell'usufruttuario imporre alcuna servitù che torni a nocumento di quest'ultimo (L. 1, 15, § fin.; L. 16, Dig. De usuf. et quemadmod.).
L'usufrutto finisce per la morte naturale o civile dell'usufruttuario (L. 3, § fiu., Dig. Qtiib. mod. usuf.). Cento anni durava l'usufrutto conferito ai municipii (L. 8, Dig. De usu et usuf. legat.). Finitur usufructus non utendo per modum (in constttuendo prascriptum) et tempus (L. 2, instit. De usu). Finitur usufructus.....si usufructuarius proprietatemrei acquisiverit (ivi). Et usufructus jus in cor por e, quo sublato et ipsum tolli necesse est (L. 2, Dig. De usuf. et quemadmod.). Rei mutatione interire usfructum placet (L. 5, § 2, Quib. mod. usuf.).
XII. Regole per Vuso. — Quum usus relictus est, uti potest. frui non potest (L. 2, Dig. De usu et hab.) ; cioè si può servire pel proprio bisogno. Il godimento comprende l'uso, ma questo non comprende il primo (L. 14, § 1, ivi). Dal che si conchiude non potersi disporre di una parte di uso, poiché l'uso corrisponde all'indigenza, la quale non si può dividere. Chi ha l'uso non può nè vendere, nè cedere il proprio diritto (L. Il, ivi). Ei deve contribuire alle riparazioni vitalizie di compaguia coll'erede (L. 18, Dig. d. t.). L'uso finisce come l'usufrutto (L. 3, § 3, Dig. De usuf. et quemadmod.). Usuaria rei speciem, is cujus proprietas est, nullo modo commutare potest (L. 23, Dig. De usu et habit.). Non può il proprietario cambiar la sembianza del podere soggetto ad uso, come nemmeno se fosse ad usufrutto.
XIII. Regole per le ipoteche e pel pegno. — Vedi Ipoteca e Pegno.
XIV. Regole sul diritto ereditario. — Le cose ereditarie sono nell'eredità, ma non sono l'eredità Btessa, ed ancorché non vi fossero cose ereditarie, vi sarebbe nullameuo l'eredità: Hareditatis etiam sine ul/o cor por e, juris intellectum habet (L. 50, l)»g. De petit, hared.). L'eredità è un ente razionale che abbraccia i diritti di ogui genere, il domiuio delle cose, le obbligazioni attive e passive del defunto (L. 178, Dig. Deverb. signif.; Pothier, Pan-dectivi, n. 619). tìareditas alind est quam sue-cessto in universum jus, quod defunctus habuerit (L. 62, Dig. De reg. juris.).
Chi una volta è iustituito erede in una parte , riceve suo malgrado le parti di coloro che rinunciano od altrimeute non partecipano alla successione: Qui semel aliqua ex parte hares extiterit, deficieuttum partem etiam invitus excipit (L.53, § 1, J)ig. De arquir. hcered.); il che, secoudo l'austriaca legislazione, dee intendersi dei casi nei quali abbialuogo il diritto di accrescimento (Cod. civ. austr., §§ 560, 562, 689, 1279), quando cioè sianvi eredi instituiti senza la determinazione di parti. La parte ereditaria vacante in oggi non si devolve all'erede chiamato a porzione determinata, ma bensì all'erede legittimo (Cod. civ. aust., § 562). Il Codice francese dispone in genere che la parte rinunciata si accresce ai coeredi, e non essendovene si devolve al grado susseguente (art. 786). Pothier osserva: Portioni accrescit. non persona ; unde et haredis hceredi, et cuilibet ad quem pervenit hareditas.
Per conoscere se possa aver luogo la successione, dovevasi pel romano diritto aver riguardo a tre tempi: 1° Facti testamenti; 2° Mortis testatoris; 3° Adita hareditatis; ed un quarto nelle institu-zioni condizionali tempus existentis conditionis (L. 49, Dig. xxviii, tit. 5; Instit., lib. u, tit. 19, § 4). Media tempora, cioè tra il giorno del testamento e quello della morte, non nocere (L. 6, § 1, Dig. d. tit.). Qui apud hostes est, recte hares in-stituitur (L. 32, § I, Dig. De hared. instit.) ; purché però ritorni in libertà, giacché in tal caso per finzione del diritto di postiliminio si reputa di avere ognora conservata colla cittadinanza la capacità di succedere. Hares institui, nisi certo demonstre-tur, nemo potest (L. 9, Dig. Qui testam. fac.), così pure non si può instituire un erede per un certo tempo od a certo giorno; tali espressioni sono come non iscritte: tìcereditas ex die vel ad diem non recte datur; sed vitio temporis sublato, manet in-stitutio (L. 34, Dig. De hared. instit.). Nec falsa demonstratio, nec error in nomine institutionem uti et modo in ipsa persona non sit erratum (L. 4, Dig. De haer. inst.).
Non si può conferire nell'arbitrio di un terzo l'instituzione dell'erede (L. 32, § 1, Dig. Deharrd. inst.). È nulla la istituzione detta captatoria. Ca-ptatoria institutiones si appellano da Papi ni ano (L. 68, ivi) e da Paolo (L. 69, 79) quelle nelle quali viene un tale instituito erede, se a vicenda l'altro instituisca erede lui. Non vengono però, giusta la Legge 70, d. tit., riputate meritevoli di condanna quelle qua mutuis affectionibus judicia provocaverunt, sed quarum condictio confertur ad secretum aliena voluntatis. Quindi non è proibita la istituzione che si riporta all'instituzione già eseguita, come qua ex parte Titius me haredem insti-tuit, ex ea parte Mavius hares esto; ma sibbene quella che si riferisce ad una instituzione in fu-turum, per esempio , Titius si Mavium tabulis testamenti sui haredem se scriptum ostendit, prò-baveritque, hares esto. In quest'ultimo caso riscontrasi la vera instituzione captatoria fatta spepremiù
Pro harede gerere videtur qui aliquid facit quasi hares. Agisce poi da erede colui che s'immischia qual padrone nelle cose ereditarie (L. 20, Dig. De adquir. hared.); Ulpiano nei frammenti, tit 22). Tale ingerenza più che di fatto debb'essere d'intenzione (L. 20 e Dig. De aquir. hared.); nou già d'ufficio di pietà o di semplice custodia (L. 20, Dig., d. tit.). Adita hareditate, omnia quidemjura ad nos transenni (L. 23, ivi). La successione inten-desi conferita dal dì della morte dell'autore, benché non sia accettata che dappoi (L. 138, Dig. De reg,. juris). Omnia fere jur a hartdum per inde huOentur,
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