Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      RENOUVlER GIULIO - REOMETROmente altre cinqne sorgenti, fra cai devesi nominare Durkheim. Trattasi qui, come ciascuno facil mente si accorge, dell'esistenza di mille fonti minerali, tra cui ve ne sono della massima entità e rinomanza.
      Come di acque minerali, così è ricco il suolo renano di terre ubertose di ogni genere, e favorito da dolce clima, per guisa cbe la grande vallata del Reno è una delle più fruttifere e doviziose con trade della Qermania e dell'Europa centrale. Nou è quindi da meravigliare se vi s'incontra una popolazione numerosissima di campagnuoli, i quali, anche con iscarsezza di proprietà fondiaria, godono di quasi generale agiatezza colla coltura dei campi e vigneti. Prosperano qui tutte le specie di cereali e di frutti commerciali, non escluso il tabacco, e la coltivazione della vite è copiosa fonte di guadagni. Città e villaggi, castelli, borghi e casali, e monasteri e stabilimenti di ogni qualità si addossano, per così dire, gli uni agli altri, e se pongasi mente che tra le città del territorio renano compariscono pur quelle che si addimandano Basilea, MUhlhausen, Strasborgo, Mannheim, Spira, Fri-borgo, Eidelberga, Baden-Buden, Worms, Ma-gonza, Oppenheim, Offenbach e Francoforte sul Meno, Bieberich, Kreuznach, Wiesbaden, Bingen, RUderheim, San (ìoar, Boppard, Coblenza ed Eh-renbreitstein, Frarbach e Treveri (sulla Mosella), Andernach, Colonia, Deutz, Bonn, Dusseldorf, Wesel, Ruhrort, Duisborgo, Krefeld, Elberfeld e Barmen, Aquisgrana, Nimega, Dordrecht, Utrecht, Rotterdam ed Amsterdam, di leggieri si comprende quale e quanta sia la ricchezza, e quali e quanti gl'interessi commerciali ed industriali dell'intero territorio.
      Presso gli antichi il primo a parlare del Reno cou cognizione di causa si fu Giulio Cesare, sebbene non ne abbia veduto gran tratto. Afferma noudimeno che cotesto fiume ha le sue scaturigiui nelle regioni alpine dei Leponzii e passa con lungo corso per le frontiere dei Nantuati, degli Elvezii, dei Sequani, Mediomatrici, Tnboci e Treviri, con rapida corrente. Se ora si ammette che i confini dei Treviri si estendessero quasi ai Paesi Bassi, ossia fino a que' luoghi in cui comincia ad abbassarsi il terreno, Cesare additò con somma chiarezza il sito dov'entra il Reno nella grande pianura. Avvicinandosi all'Oceano forma desso, dice lo storico, molte isole e gettasi in mare per parecchie foci, dette da lui capi (capita). Sapeva egli benissimo che il Reno si divideva in due rami principali presso il mare, ed asserisce che uno dei rami, detto il Vaali ( Vahalis, oggi Waal) si congiungeva colla Mosa (oggi Maas) e formava l'isola dei fiatavi 1 (V. Batavi). Parla della rapidità del fiume e della sua larghezza e profondità in quella parte, iu cui costrusse egli sovr'esso il suo ponte di legno, tra ( Coblenza ed Andernacti, più in su del punto dove , entra il fiume nelle regioni basse. Varcò egli il ! Reno una seconda volta, mediante un ponte da lui ! costrutto un po' più insù del primo (Cses., B. G., j iv, 15, 17; vi, 9). Coloro che asserirono con Cesare j avere il Reno più di due foci, furono censurati da Asiuio Pollioue, a cui fece eco lo steéso Virgilio, parlando del Reno bicorne ed a due sbocchi (Rhe• !
      nique bicornis. Virgil., JEn., vili, 724); ma se la Mosa si ripartiva come oggidì, Cesare per certo aveva ragione e Pollione torto. Strabone, che aveva in pronto l'autorità di parecchi altri scrittori oltre a quella di Cesare per la descrizione del Reno, posteriormente a Cesare e forse anche a Pollione, non ammette con costui avere il Reno una corsa di 1000 stadii (1080 cbilom.), sebbene il calcolo di Pollione sia inferiore alla realtà da noi sopra indicata. Strabone sostiene invece, non essere la lunghezza del Reno più della metà della cifra di Pollione (dunque soli 540 cbilom.), acni se aggiungansi 1000 stadii per i serpeggiamenti e per le sinuosità, si avranno in tutto 1500 stadii, ossia 1620 chilorn. Quest'asserzione ed i suoi argomenti fondati sulla rapidità del fiume, dimostrano ch'egli non ne sapeva nulla del grande giro che fa il Reno fra la sua sorgeute e Basilea. Sapeva nondimeno che scorreva al N., ma con poco accorgimento suppose che anch'essa la Senna scorresse del pari al N., commettendo eziandio il grave sbaglio di affermare che la coutea di Kent si poteva vedere dalle foci del Reno. Dice poi che il Reno aveva parecchie sorgenti, e le pone nell'Adula, parte delle Alpi, iudicando nello stesso gruppo di moutague le scaturigini dell'Adda (Aduas, Addua) che scorre al S. nel lago di Como (Larius. Strab., iv, p. 192). La questione più difficile sul Reno si è quella delle sue foci. Quando Plinio e Tacito scrivevano i loro libri, Druso fratello di Tiberio era di già stato sul Basso Reno, ed anche Germanico figliuolo di Druso, cou diversi altri capitani romani. Pliuio parla del Reno e della Mosa come di due differenti fiumi, ed afferma avere il Reno tre foci: l'occidentale, detta Elio (Helium) che va nella Mosa ; la più nordica, detta Flevo (Flevum), che termina nei laghi (Zuiderzee); e la media; di discreta ampiezza, che conserva il nome di Reno. Suppose esservi state nel Reno alquante isole tra Elio e Flevo; ed una di esse si è la summentovata isola dei Batavi, in cui eranvi anche i Canninefati. Pone eziaudio fra cotesti due rami le isole dei Frisii, Cauci [Chanci), Frisiaboui (Frisiabones), Sturii e Mareaici (Plin., ìv, 14. 15). Al Flevo di Plinio corrisponde il Fle-voue (Flevo Lacus) di Pomponio Mela, che ricorda questo ed ancora un solo altro ramo, detto da lui il Reno, corrispondente al Reno di Plinio. Mela non nomiua altri sbocchi, e si può supporre che considerasse per terzo la Mosa, seppur ne aveva qualche coutezza. Tacito osserva da suo canto (Ann., li, 6), cbe il Reno si divide in due rami, all'estremità dell'isola dei Batavi, l'uno che «scorre lunghesso la sponda germanica conservando il suo nome e il rapido suo corso fino all'Oceano ; e l'altro che scorre alla sponda gallica ed è più ampio e meno rapido; si è questo il Vaali (Vaalis, o ggi Waal), che scorre nella Mosa. Egli non conosce che due sole foci del Reno, ed una di queste è attraverso la Mosa, mentre il Reno, nome che dà egli al ramo orientale, è il confine tra la Gallia e la Germania. All'È, di cotesto ramo orientale vengouo posti da lui i Frisii, ed in ciò va egli di accordo con Plinio, che li pose tra il Reno Medio ed il Flevo, e per conseguenza il Reno di Tacito si è il Reno di Pomponio Mela e di Pliuio (Tacit.,
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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