Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      bìsturi aniniesi ricusavano l'apoteosi di questo, disse: «Badate che, mentre custodite con gelosia il cielo, non perdiate la terra ».
      Dalle opere cbe ci rimangono dei retori* Ifr più a frammenti, possono attiugpMl notizie storiche e legali, ma nuli» mé crebbero il tesoro della scienza e i ini dell'umanità. Scaduta la libertà, mauiwttr Feloquenza politica, non restarono ijimi cly retori, il cui vaniloquio non dava ombra, neppure ai conquistatori. Nella "Retorica Aristotele avea desunto dai prischi esempi una serie di precetti, che nè agevolarono nuove creazioni, nè ritardarono d'un giorno il deperimento. Arringhe compassate, adulatorii panegirici erano il solo avanzo: cercandosi empire il vuoto di pensieri con parole vanamente sonore; mutandosi la maschia eloquenza in un'enfasi prolissa. Solo in Rodi, città libera, sussisteva una buona scuola di retori. Ultimo brillò Demetrio di Falera, cbe Cicerone chiama pulitissimo; la qual lode mostra quanto il finito sia diverso dal bello ; giacché molle e svigorito, dilettava l'orecchio senza infiammare gli animi nè determinare la volontà; e spesso componeva sopra soggetti immaginarii.
      Di molti ci restano o in intero o a brani i precetti ; dai quali appnjono due metodi : l'uno si occupa soltanto a definire e classificare i procedimenti e le pratiche di mestiero ; l'altro si attiene di preferenza ai principii e alla filosofia dell'eloquenza, lasciando al lettore la cura di dedurne le conseguenze opportune alla pratica. Il primo metodo, che è meno fecondo, ma più accessibile alle intelligenze mediocri, presentasi quasi unico nei trattati antichi di retorica. Platone prima, poi Aristotele nella mirabile analisi filosofica della sua Retorica, combatterono questo metodo, che restò lunga pezza eclissato dai lavori de' successori d'Aristotele; poi ripigliò il dominio al declinare delle lettere greche; verso il n secolo dopo Cristo trionfò affatto sopra l'aristotelico, e produsse il suo maggior lavoro, cioè i libri di Ermogene, famosi un tempo quanto oggi dimenticati. La teorica dell'eloquenza, già levatasi alto, tornò allora a impiccinirsi nelle sottigliezze d'una sterile scolastica; e maestri e scolari, per tutto il medievo, s'attaccarono unicamente ai precetti d'Ermogene, interpretando, commentando, sviluppando con un rispetto che tien della superstizione ciascuna pagina di questa dottrina, che non giovò mai a formare un vero oratore. Tutte quelle pagine de' retori bisan-tini, inutili a tutt'altro, hanno solo qualche inte resse storico, mostrandoci intere generazioni di studenti occupate a maneggiare e rimaneggiare queste ricette di un'arte che sempre minor parte teneva nella vita politica ; ma questa esegesi manteneva almeno la loro intellettuale attività.
      Questo Ermogene, coordinando e completando pratiche già prima usitate nelle scuole, fu il primo che, davanti alla retorica, pose certi esercizi, che egli considerava come la miglior introduzione all'arte del comporre discorsi. Li chiamava progimna-smati, e ve n'avea 12 o 14, secondo che separa vansi o univansi i numeri 5 e 6, 8 e 9 della lista seguente :
      l0 la favola, cioè il racconto, per lo più favoloso;
      2° la narrazione d'un liUir tàmm+m sappo&ftrtale ;
      ftr cria o sviluppo d'un precetto morale, addotto sotto il nome e l'autorità di qualche personaggio illustre;
      4° la sentenza o sviluppo d'una sentenza, d'una osservazione filosofica molto generale ;
      5° la computazione di qualche racconto poetico sopra gli Dei o gli eroi;
      6° la difesa del racconto precedente ;
      7* il luogo comune, che in questo caso equivaleva al senso che gli si dà nelle nostre retoriche ;
      8° l'elogio d'una persona o cosa ;
      9° il biasimo; esercizio contrario al precedente;
      10° la comparazione o parallelo di due persone oC086 ;
      11° Yetopea o pittura di costumi, consistente nel rappreseutare i costumi d'un personaggio celebre, prestandogli un linguaggio conveniente a qualche circostanza importante della sua vita;
      12' la descrizione di qualche luogo o capo d'arte;
      13° la tesi o discussione prò e contro una data quistione, massime per prender un partito nella vita pratica;
      14° la proposizione d'una legge, o piuttosto discussione di uua legge, vera o supposta tale.
      Con analisi e distinzioni minute mantenevano rigorosamente la piccola diversità fra tali esercizi ; in ogni genere introducevano suddivisioni ; per ciascuno aveansi regole speciali d'oratoria e di stile. Presto sentirono cbe al precetto bisognava unire la pratica, e Aftonio, probabilmente del iv secolo, soggiunse ai precetti un esempio o due, fattura sua. Fu imitato, e infine si fecero progimnasmati di soli esempi, come la raccolta che va sotto il nome del sofista Nicolao, e quelle di Libanio.
      Questa dottrina si perpetuò nella Grecia; quelle opere erano commentate dai professori, quasi testi officiali ; alcune furono pubblicate dopo introdotta la stampa, alcune giaciono inedite.
      Vedi: Belin de BmIIu, Htst. critique de Vélo-quence chez les tìrecs (Parigi 1813) — Westermann, Geschichte der griechischen Beredtsamkeit (Lijmia 1833) — E. Gros, Elude sur l'état de la rhétorique chez les Grecs depuis sa naissance jusquà laprise de Constantinople ( Parigi 1835) — Hegger. Obser-vations sur quelques textes inèdites des rhéteurs grecs; all'Accademia delle Iscrizioni (1857) — E. Havet, Elude sur la rhétorique cTAristote (Parigi (1847) — D. Rebitté, De Hermogenc, atque in universum de scriptarum a technicis apud Grcecos artium utilitate vel inutilitate (ivi 1845) — Walz, Rhftores grceci.
      RETORIANI (stor. eccl.). — Eretici di cui fa men zione Filastrio, ma alquanto confusamente. Afferma che fin dal quarto secolo sorgessero in Egitto, cosi addimandati dal loro capo Retorio. Ammettevano costoro quante eresie erano state insino allora, e tutte voleano si potessero del pari sostenere; il perchè appieno indifferenti mostravansi rispetto a ciò che devesi credere; sistema che assai ritrae da quello de' libertini, de' latudinarii, degl'indipendenti, ecc., i quali dommatizzarono nel secolo xvn; settari i tutti che non ci pajono gran fatto meritevoli del nome di cristiani.
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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