Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      RICCHEZZA
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      teatri secondo l'usanza d'Italia ; e dopo averla esaminata, la rifiuta, venendo a stabilire egli stesso quale figura convenga col rendere all'uopo le log-gie o palchetti divergenti e non convergenti. In questa dotta e bene ordinata dissertazione il conte Francesco Riccati ebbe ad impugnatore il fratello Giordano, il quale pigliando le prove dai principii più certi dell'ottica e dell'acustica, rigetta la ellissi conica curva adottata dal fratello, e con nuovo argomento ne propone un'altra a suo giudizio più opportuna d'assai.
      Riccati chiuse la schiera onorata degli uomini dotti di sua famiglia, che vivrà sempre ad onore delle scienze italiane. Egli sacrificò anche alle Muse, come mostra il suo poemetto L'elettricità e le sue tre tragedie Numitore, Cora vergine del Sole e Tamiri. Fra le opere inedite del Riccati citeremo: Della vera ricchezza dei principi e delle nazioni e il Trattato universale d'architettura civile, ohe doveva essere diviso in tre libri, de' quali il primo soltanto è compiuto, il secondo ridotto a buon termine, e del terzo non v'ha che il trattato sui teatri che dovea farne parte.
      Del conte Francesco Riccati si parla nel Giornale letterario del P. Contini (anno 1791), nel volume xxu del Giornale di Modena e nel Nuovo dizionario sf> r co (Bassano 1796).
      RICCHEZZA (econ. polit.). — Nel comune linguaggio ricchezza suoua il contrario di povertà, e quindi lesi dà un senso puramente comparativo; in economia politica invece, anche la cosa in apparenza più meschina può esser ricchezza; tutto ciò che la natura e l'arte somministrano è ricchezza. I seguaci della così detta scuola fisioeratica, tra i quali la maggior parte degli economisti inglesi, e e Sismondi e Malthus, stimano che la materialità sia il carattere essenziale della ricchezza, e quindi escludono i prodotti immateriali del lavoro, i portati della scienza, le azioni morali, che, secondo loro, appartenendo ad altri rami di dottrine, non possono esser oggetto dell'economia pubblica. All'incontro altri illustri economisti, come Say, Storck, Rossi, Bastiat, dimostrarono che sotto il nome di ricchezza debbonsi comprendere non solo i beni materiali, ma ben anco i prodotti non concretati in veruna cosa corporea. Chi vuol formarsi un'idea chiara della ricchezza, deve ammettere ch'essa non dipende nè dalla specie delle cose, nè dalla loro natura fisica, ma da una qualità morale che ciascuno chiama loro valore. Il valore soltanto trasforma una cosa in ricchezza nel senso in cui questa parola è sinonima di beni , di proprietà. La ricchezza cbe risiede in una cosa qualunque, sia un mobile o un terreno, un cavallo o una lettera di cambio, è proporzionata al suo valore. Quando noi parliamo delle cose cousidorandole come ricchezze, non parliamo delle altre qualità ch'esse aver possono; non parliamo che del loro valore. Conchiu diamò perciò, che le ricchezze sociali, le ricchezze che sono in proprietà, risultano dal valore delle cose che si posseggono. La ricchezza valutata in danaro non suppone sempre la presenza del danaro. Ma perchè nel valutar la ricchezza s'indica Bempre una certa quantità di danaro? Perchè il grande nso che noi facciamo della moneta, comemezzo nei cambii numerosi dai nostri bisogni reclamati, ci rende più facile la valutazione in una certa somma di moneta, che in una certa quantità di qualsiasi altra merce. Quando dico: ho veduto un cavallo che vale seicento franchi, vengo a dare più facilmente un'idea del valore del cavallo, cbe se dicessi : ho veduto un cavallo, che vale trenta ettolitri di frumento, comecché nel prezzo corrente queste due cose significhino lo stesso. Quello dunque che costituisce la ricchezza, è assolutamente indipendente dalla natura della merce cbe serve a farne la valutazione. Un palagio è una ricchezza, non perchè non può procurare degli scudi a chi lo possiede, ma perchè può procurare tutto ciò che con gli scudi è dato di acquistare. Gli scudi stessi non sono una ricchezza che in ragione delle cose le quali col loro mezzo si possono ottenere, imperocché se con gli scudi non si potesse comprar cosa alcuna, essi non avrebbero alcun valore. Le cose sono ricchezza per la loro facoltà di servire ad acquistarne delle altre; ora questa facoltà, che si chiama loro valore, sta nell'oggetto che si valuta, indipendentemente dall'oggetto che serve a fare la valutazione. Quando dunque si parla di una fortuna, di un capitale, di una rendita, di una imposta di diecimila, di centomila franchi, bisogna intendere non già una somma di scudi , ma una somma di valori, che sotto diverse forme agguagliano il valore che avrebbe una somma di scudi di dieci o di centomila franchi. Gli scudi stanno là per la valutazione, la quale potrebbe ancora esser fatta in frumento, con l'inconveniente però di darci non così presto e meno nettamente un'idea del valore in quistione.
      Ma passiamo a più particolari considerazioni sulla ricchezza. I beni che provveggono all'esistenza e ai godimenti degli uomini, possono essere considerati sia nell'interesse della società in generale, sia nell'interesse di un individuo. L'interesse dell'individuo, in cui si confonde quello della sua famiglia, consiste, così ai proprii occhi come agli occhi del mondo, in ciò ch'egli abbia molti beni a consumare, da qualunque lato gli pervengano. Nulla rileva che i beni ch'egli acquista sieno creati da lui, o che diminuiscano in proporzione i beui degli altri uomini, purché gli acquisti senza offendere la morale e le leggi promulgate dall'autorità. Questo è l'interesse prossimo, quello che muove l'universale; tutto il rimanente è stato considerato dagli uomini come faccenda di cui non avessero obbligo di occuparsi. Non hanno veduto solidità che nelle ricchezze personali ; ogni altra cosa si è avuta come vana speculazione. Se da un altro lato si conside-rano le ricchezze nell'interesse della società, non debbonsi riguardare i beni acquistati da un particolare come uu guadagno, se non quando non risulti una perdita equivalente per altri particolari. Allorquando l'uno perde ciò che l'altro guadagna, la società non acquista nulla. I privati cittadini possono credere che basti acquistar ricchezze, senza informarsi della loro origine; ma questo calcolo non può soddisfare i pubblicisti. L'economia politica, facendo conoscere le leggi secondo le quali i beni possono essere creati, distribuiti e consumati, tende adunque efficacemente al benessere non solo deglit^ooQle


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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