Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      RICCHEZZAindividui, ma ancora della società. Si ò fatto a questa scienza il rimprovero di svegliare sentimenti di cupidigia negli uomini. Ma il desiderio di accumular beni, quando sia contenuto nei limiti prescritti dalla ragione e dalle leggi, non potrebbe essere in contraddizione colla morale e colla società. Il bisogno che l'uomo sente della stima dei suoi simili è valido freno alle sue brame indiscrete ; giacché qualora gli venisse meno una siffatta stima, perderebbero valore gli stessi beni da lui accumulati, ed una persona spregiata non trova ad impiegare il suo tempo nè le sue facoltà, nè gode alcun vantaggio dell'ordine sociale. Il pubblico disprezzo accompagna le ricchezze male acquistate; ma avviene il contrario per le ricchezze bene acquistate. Se un uomo può rendersi utile coi suoi talenti, lo può egualmente per le sue ricchezze, e il desiderio di esser ricco può anche associarsi a sentimenti onorevoli. La miseria ba fra' suoi tristi effetti quello di eccitare un senso di disprezzo negli altri, di generare l'avvilimento degli animi. Quindi il rispetto per le leggi, il bisogno dell'amore e della stima degli uomini, il timore del loro disprezzo, la simpatia che ogni essere umano è capace di sentire pei mali o per la felicità altrui, scemano, ed anche perdono al tutto la loro influenza sullo spirito e sulla condotta di chi languisce nella miseria, sovrattutto se ciò sia in lui la dignità del carattere. Aggiungasi che la fortuna pubblica si accresce per gli aumeuti che ricevono le fortune particolari ; e che se gli individui fossero privi di ambizione a tal riguardo, lo Stato rimarrebbe povero insieme coi cittadini. La cupidigia biasimevole è quella che aspira a godere i beni altrui per qualunque mezzo; ma l'economia politica non ispira il desiderio di ricchezze se non per le vie legittime, le quali, invece di esser nocive, sono utili agli altri uomini ed alle nazioni ; essa accoppia l'amor del lavoro allo sviluppo di tutti i talenti. L'industria, che essa protegge, non è fonte di sentimenti ostili verso altrui, ma fa sentire la necessità di esser giusti, e mostrando come i nostri guadagni non sono necessarie perdite per altrui, calma gli odii e le gelosie. Essa rende evidente la necessità di rispettare le proprietà altrui, ed inculca questo rispetto alle classi della società meno favorite nella divisione dei beni della terra. Non v'ha un operajo che, avendo nozioni dell'oggetto e dei mezzi dell'industria, non comprenda che senza ricchezze accumulate nelle stesse mani, niuuo potrebbe far le anticipazioni necessarie a qualunque produzione; e che i poveri i quali cercano spogliare i ricchi, sacrificano al vantaggio momentaneo di ottenere una parte mal sicura nel colpevole bottino il vantaggio più solido di poter vendere il loro lavoro costantemente e di poterne cavare una rendita perpetua.
      Le ricchezze provveggono ai nostri bisogni, i quali sebbene sieno più o meno estesi secondo le abitudini e i gradi di civiltà, è certo che senza averli soddisfatti non possono gli uomini godere o mantenersi nella vita. I bisogni non possono sentirsi senza provare una pena, e non possono soddisfarsi senza provare un piacere : donde risulta che le espressioni provvedere ai nostri bisogni e moltiplicare i nostri godimenti sono equivalenti. Eappunto i mezzi di soddisfarli consistono nell'im piego delle differenti cose che si chiamano ricchezze.
      Nell'uso comune la parola ricchezze desta l'idea di una grande abbondanza di beni ; chi ne possiede pochi non è chiamato ricco ; ma qnesto modo di esprimersi non è preciso. L'idea di un'abbondanza più o meno grande non è necessariamente racchiusa nella idea di ricchezze. Una piccolissima quantità di ciò che noi chiamiamo ricchezze, è della stessa natura che una grande quantità, al modo stesso che un acino di grano è grano, quanto un vaso pieno di questa derrata. La qualità che dà valore alle cose, ò la loro utilità, in forza della quale gli uomini consentono a fare un sacrifizio per acquistarle, attesoché non si dà nulla per avere ciò che non giova a nulla. Ora se noi possiamo dare ad una cosa un'utilità che per se stessa non avrebbe; se questa utilità le infonde un valore, e se questo valore è ricchezza, noi abbiamo la certezza di poter creare le ricchezze. Queste non sono aumentate che dalla produzione : laonde l'industria umana, ajutata dai suoi strumenti, costituisce la grande opera della produzione e dell'aumento delle ricchezze. Taluni potran credere che vi sieno altri mezzi di produrle e di accrescerle, vedendo taluni i quali acquistano ricchezze e pervengono a grande opulenza senza aggiungere ad alcuna cosa il minimo grado di utilità. Uno può effettivamente acquistar ricchezze senza produrne, abusando della superiorità delle sue forze o dell'ignoranza di colui che spoglia ; ma i beni ch'egli si appropria di questa maniera sono stati nullameno creati da qualcuno, e non hanno potuto esser creati se non mediante l'industria. La società non può arricchirsi che per la produzione, perchè quello che non arricchisce un individuo se non a spese di un altro, non aumenta le ricchezze, e gli acquisti nocivi alla loro vera moltiplicazione e al benessere della società dovrebbero essere prevenuti o repressi dalle leggi. Si noti che i profitti, i quali formano la rendita dei capitalisti e dei proprietarii di terreni, non sono uno spoglio, perchè questi membri della società contribuiscono per mezzo del loro strumento a comunicare in parte alle cose l'utilità, che ue costituisce il valore. Nè si può dire ch'eglino profittino a spese dei consumatori, perchè, supposto il caso che al mondo non esistessero capitalisti nè proprietarii di terreni, si pagherebbero i prodotti più cari di quanto si fa attualmente. Parimente non è vero che il lavoro dell'uomo sia l'unica ricchezza che abbia per sè un valore primitivo e necessario; il lavoro della terra, quello degli animali e delle macchine, hanno anche un valore, poiché hanno un prezzo. Io taglio un bosco, e vendo gli alberi troncati ; questi alberi hanno un valore anche prima che il lavoro dell'uomo vi abbia consacrato le sue cure. Così pure un operajo, acquistando un nuovo strumento utilissimo alla sua arte, può accrescere annualmente i suoi profitti, una porzione dei quali è dovuta alla cooperazione dello strumento può chiamarsi lavoro del capitale, e devesi ammettere che il frutto di questo lavoro è una ricchezza prodotta, la quale non è frutto del laroro dell'uomo. Il lavoro umano non è dunque la sola ricchezza che abbia un valore primitivo e neoea-
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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