Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
RICCI SCIPIONEal preteso regresso de' vescovi negli antichi diritti e al nuovo giuramento; dall'altro sulla scena, fra vescovi e cortigiani, entrava un attor nuovo, quel che a vicenda si divinizza col nome di popolo o si vilipende col titolo di vulgo. Nelle Fiandre si era furiosamente levato contro le innovazioni religiose, introdotte colà pure da Giuseppe II, oltraggiò i professori del nuovo seminario, ruppe alfine in aperta ri volta. Anche in Toscana il popolo, affezionato alla religione degli avi, di sinistro occhio aveva guardate quelle riforme del Ricci ; il quale, inanimato dall'aura principesca, faceva recitar in vulvare i salmi, cambiava qualche parola nsWAve Maria, levava gli ornamenti preziosi delle chiese, spogliando il culto del suo splendore e interrom-peudo pratiche care alla pietà. Quando si celebrò messa in italiano, e il p*ete alla fine si voltò a cantare, « Andate, la messa è finita », fu uno scoppio di risa. Qualche volta si trovò appiccicato alla porta del duomo un cartello: Orate prò episcopo nostro eterodoxo. Essendosi poi sparso che il vescovo voleva togliere dalla chiesa di Prato l'altare ove si presta particolar venerazione alla cintola della Beata Vergine, quei plebani tumultuarono; armati invasero la chiesa, cantando e sonando nei modi che il Ricci proibiva; arsero il trono e gli stemmi di questo, e i libri portanti novità; trassero fuori le reliquie che erano state sepolte, e seppellirono invece le pastorali del Ricci ; e in onta di lui si diedero a fare processioni e litanie e venerar le immagini da esso proscritte (20 maggio 1787).
Il volgo non si ferma a mezzo nelle sue dimostrazioni ; e la fiera sollevazione attentò a chi più si era dimostrato novatore; il vescovo potè rimanerne immune, ma non convertito. Nè il fu dalla bolla dogmatica Auctorem fidei, ove Pio VI (28 agosto 1794) condannava ottantacinque proposizioui di quel siuodo, sette delle quali dichiarava ereticali. Prima d'emanarla erasi invitato a Roma il Ricci per difendersi, ed egli non v'andò; pubblicata che fu, la denunziò al Governo toscauo come attentatore ai regii diritti. Esso Ricci, fin da principio accusato di eterodossia, aveva diretta al granduca una difesa < di quelle verità che l'ildebrandismo chiama eresie ». Certo tenevasi in continua corrispondenza con quelli che più mostravansi avversi alle ragioni papali.
Ma i tempi si erano fatti grossi : la rivoluzione francese scoteva il mondo ; il granduca, andato im-perator di Germania, trovava la necessità d'introdurre rigori anche nella mite Toscana, e di ristabilirvi la pena di morte che in placidi tempi aveva abolita ; poi ben tosto il torrente valicava le Alpi, e inondava anche il beato paese, sovvertendovi religione, leggi, consuetudini, pensare; il che allora, come altre volte, B'intitolava liberazione.
Il popolo colle solite ingiustizie attribuiva a chi desiderava una novità 1' approvazione di tutte le novità; e però giansenista equivalse a giacobino; e Nicola Spedalieri (V.\ nel debole libro che gli fu fatto scrivere sui diritti dell'uomo, intitola un capitolo: « 11 favore accordato alla ipocrisia del giansenismo è mezzo distruttivo della religione e del principato », e sosteneva che « l'idolo del giansenismo è la democrazia, come nel governo dellaChiesa così nel governo civile ». In confutazione di e8so stani paronsi senza nome nè data le Lettere teologico politiche sulla presente situazione delle cose ecclesiastiche; opera del Tamburini (Pavia, Cornino, 1794), che difendendo i Giai/senisti dalla taccia di Giacobini, appone ai Gesuiti il tirannicidio e la ribellione, cioè quel che oggi dicesi liberalismo.
11 Ricci, in una lodata pastorale sopra i doveri dei sudditi, aveva oppugnato quelli che « i fondamenti della società medesima rovesciano, facendo i sovrani ministri del popolo e non di Dio», e sosteneva che «l'autorità legittima di fòre le leggi risiede unicamente e privativamente nel sovrano ». Propendeva però alle idee rivoluzionarie ; e quaudo al clero francese fu domaudato di dar il giuramento, i vescovi così detti costituzionali che non vollero obbedire al papa, chiesero il parere del Ricci, che pubblicò una Risposta ai quesiti sullo stato della Chiesa in Francia, appoggiando i decreti dell'Assemblea Costituente. Al mutar dunque delle cose egli aderì ai nuovi governanti; e mqstrò loro altrettanta devozione quanta agli antichi padroni.
Ma se armi avevano portato la repubblica njili-tare e l'empietà, altre armi portarono il despotismo militare ed una mostruosità che dicevano religione. 11 volgo che da prima aveva gavazzato alle coccarde nuove, al berretto rosso, agli alberi della libertà, alle municipalità, con altrettanto fervore e senno gli esecrò, e insorse contro i democratici con una ferocia da mai non aspettarsi in sì gentili contrade. In Firenze assalse il Ricci, e a fatica il Governo costituitosi lo sottrasse dal furor plebeo col farlo arrestare, « Sessagenario (egli si duole) fui tradotto come un vii malfattore per mezzo degli Bbirri a piedi, in uua sera di piena illuminazione e per le strade le più popolate, alle pubbliche carceri » ; benché egli siasi sempre « fatto un pregio di distinguersi per il particolare attaccameuto alla casa d'Austria, e in ispecial modo ai povrani che hauno governato la Toscana ».
Dal carcere, poi dal couvento di San Marco, infine da una villa in cui fu relegato, scrisse varie lettere all'arcivescovo di Firenze, facendo atto di intera sommessione. « Il Siguore mi fece grazia di eccitar nell'animo mio una maggiore e filiale tenerezza verso il papa. Avrei ben di cuore desiderato di presentarmi ad esso quando era in Certosa per attestargli questi miei sentimenti e la parte che io prendeva alle di lui afflizioni ; ma io non poteva farlo senza il permesso del Governo ». E soggiunge la più ampia protesta di fede. Anche al papa, che allora stava prigioniero a Valenza, scrisse il 1<> agosto del 1799. Erano i tempi della riazione ; ma presto il ritorno de' Francesi nella Cisalpina e la battaglia di Marengo alternarono i tremanti e i minacciante Allora il Ricci, al 24 novembre 1800, al Pancieri, in lunga lettera segretissima diceva di tutto avere scritto per violenza, per sottrarsi alle persecuzioni, ecc.; «tra gli spaventi di morte e i più ignominiosi trattamenti mi obbligò l'arcivescovo a far una lettera a Pio VI in cui protestava la mia ortodossia, ecc. ». Altrettanto esprimeva al Grégoire nel gennajo seguente.
Un nuovo ordine di cose introduoevasi intanto sulle rovine dell'antico; le repubbliche divenivano
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