Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      RICCI SEBASTIANO - RICCI (MARCHESE) VINCENZO
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      regni e principati, e Pio VII andava in Francia a coronar Napoleone, che, dopo venuto in Italia ad abbattere gli altari, avevali rialzati. Allorché, reduce da quell'atto, Pio VII passò da Firenze il 1805, il Ricci gli presentò nuova protesta « di non aver mai avuto altri sentimenti che quelli definiti dalla bolla di Pio VI; non sostenute nè credute le proposizioni enunciate nel senso giustamente condannato nella surriferita bolla, avendo sempre inteso che, se mai qualche parola o parole avessero dato luogo a equivoco, fossero subito ritrattate e corrette ».
      Il papa l'accolse amorevole, di che anche più tardi il Ricci gli scriveva ringraziamenti affòttuo-sissimi. « Rammenterò sempre con filiale tenerezza il giorno felice in cui furono esauditi i miei voti; e nella vita ritirata che meno per attendere al grapde affare della mia eterna salute, non cesserò mai di pregare caldamente l'Altissimo perchè conservi lungamente alla sua Chiesa nella S. V. un pastore illuminato e zelante, e ai suoi figli un padre tenero ed amoroso, ecc. > (Firenze, 20 maggio 1805).
      Lettere che allora il Ricci indirizzò ad amici, suonano nel senso stesso; e fino al suo fedele Pandori dice: «Io nulla tanto desiderava quanto questo, ma non potevo mai immaginarmi che ciò accadesse nel modo che ella avrà già saputo. Pio VII superando le mie speranze, ha accolto con tanta amorevolezza i miei sentimenti sinceri di obbedienzae di attaccamento alla sua sacra persona.....Dicano
      quel che vogliono i maligni, non dobbiamo curarli. La dottrina cattolica è salva; noi abbiamo fatto ciò ch'era necessario per l'edificazione dei popoli, mostrando il nostro amore all'unità, abbiamo tolto quello scandalo che taluni prendevano per ignoranza, altri per malizia. Il voler troppo difendere la nostra estimazione non era conforme all'esempio di Gesù Cristo».
      L'in tolleranza degli adulatori venali, certo peggiore che quella degl'inquisitori, e nominatamente lo Zobi, il vorrebbe far passare per un vile che rinnegasse la propria coscienza per paura. Noi vi vediamo un uomo che errò, e se ne pentì; se ancor trapela qualche lampo di umana superbia, lo condanni chi è senza peccato.
      Nella calma degli ultimi giorni radunò tutto il suo carteggio, poi scrisse la propria vita, conchiudendo: « Qui farò fine a queste Memorie, che forse un giorno potranno servire di disinganno e di scuola a chi le vedrà ; e quando pure restino sepolte, non sarà poco profitto per me l'aver riandato nel mio ritiro i tratti grandi della divina misericordia sopra un suo servo inutile. Sia dunque lode e gloria al Signore che ha esaudito le mie preghiere, disimpegnandomi da tanti cimenti a cui ero esposto, e di8iuipegnandomi con modi cosi inaspettati ed impensati. Voglia pur egli preservarmi da nuovi rischi, e mi dia grazia, pei meriti di Gesù Cristo e colla intercessione di Maria Santissima, dell'Angelo mio custode e de'Santi miei avvocati e di tutti gli eletti, di passar il resto di mia vita in modo, di essere in punto di morte chiamato a godere di quella eterna beatitudine che col prezioso suo sangue ci ha meritato. Fiat, fiat, Amen, amen » (17 ottobre 1803). E in tali sentimenti visse tino al 27 gennajo 1810. Il De Potter, vescovo apostata, e autore di una Nuova Encicl. Ital. Voi.
      impudente Storia del cristianesimo, ne stese una vita che è piuttosto un libello, di poco criterio e meno prudenza, dove vuol farlo passare per un grande eretico: e poiché esso libro fu letto assai per quel colore d'empietà, e poiché d'altra parte abbondano quegli intolleranti, che volentieri relegano nell'inferno chiunque non è strettissimo alle massime loro, sarebbe opportuno che alcuno rivedesse il larghissimo carteggio di quel vescovo, che si conserva nell'archivio generale di Firenze, e d'onde appare bensì spirito di opposizione e smania di secondare certe novità che procacciarono allora popolarità e fama; ma in nessun luogo aperta ribellione al vero, nè distacco dalla cattolica unità.
      RICCI Sebastiano (biogr.). — Pittore della scuola veneziana, nato a Belluno ne] 1659, morto a Venezia nel 1734, studiò sotto Cervelli a Milano, e passò poi a Bologna sotto il Cignaui, che l'indirizzò al duca di Parma Ranuccio II, il quale lo inviò a perfezionarsi a Roma. Ricci copiò la galleria Farnese e rimase a Roma fino alla morte del suo protettore nel 1694. Appresso visitò Firenze, Modena, Milano, Venezia, viaggiò in Germania , Fiandra, Francia, Inghilterra, e andò nell'ultimo a por stanza a Venezia, ove passò il rimanente della sua vita. Pochi sono i pittori fecondi come il Ricci, e pochi soprattutto seppero variare come lui il loro stile, ed acconciarsi all'imitazione degli altri maestri. Nelle gallerie d'Italia e del rimanente d'Europa sono dipinti di sua mano attribuiti al Bassano, a Correggio, a Paolo Veronese, e che ponno ingannare per vero anche i conoscitori più esperti. Le figure del Ricci hanno bellezza, nobiltà, grazia; le loro attitudini sono vere e variate; l'abbondanza delle sue composizioni, la facilità del suo pennello, lo splendore del suo colorito gli fanno perdonare qualche po' di manierismo. Belluno ha molti lavori del Ricci, e fra gli altri suoi citeremo un san Carlo, in San Francesco di Firenze; il Martirio della Santa, in Santa Lucia di Parma; un Santo Sepolcro, nella galleria di Modena; varii quadri nel palazzo di Schoenbrunn in Austria; un'Ascensione e sacrifieii a Pan ed a Vesta, nel museo di Dresda; Gesù Cristo che consegna le chiaviì con altri quadri, al Louvre. Ricci ebbe molti allievi, fra gli altri suo nipote Marco, che lo ajutò.
      Vedi Lanzi, Storta pittorica.
      RICCI (marchese) Vincenzo (biogr.). — Nato di nobile lignaggio in Genova nel 1804; ivi mori il 17 maggio 1868. Presa la carriera della magistratura fu sostituito avvocato generale presso il Senato di Torino, donde tramutato poscia a quello di Genova, levò grido di probità nell'opporsi alla istituzione delle Corti marziali nell'epoca memoranda del 1833, di che fu appresso condotto a rassegnare l'uffizio incompatibile colla dignità del suo carattere. Continuò gli studii legali e vi arrose gli economici, di cui primo saggio fu la Vita di suo padre, intendente generale delle gabelle nei regi Stati: rimasa però inedita. 11 1848 reselo alla vita pubblica, entrando a far parte del primo Ministero costituzionale, che resse fino alla caduta di Milano: dipoi col Gioberti prese il portafogli delle finanze, che serbò anche nel successivo gabinetto Rattazzt, donde usci dopo il disastro di Novara; ma non XIX - 18
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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