Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
RICCIARELLI DANIELE
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sari, figurata sotto un grandioso arco tionfale con varii putti attorno ed in alto, la quale nel 1845 dal muro, ov'era dipinta in fresco, fu trasportata in tela e collocata nella sala del palazzo dei Priori di quella città. Oltre di ciò fece a fresco la facciata del palazzo Maffèi, ora Leoncini, in via de'Guidi, ma di quei dipinti non sopravanza più traccia. Trasferitosi quindi a Roma con un Cristo alla colonna e molte figure a olio per commendatizia, piacque tanto quel dipinto al cardinale Trivulzi, che il mandò a lavorare con altri pittori a un suo palazzo, detto il SaUmey fuori Roma, ove condusse molti freschi, fra gli altri una bella storia di Fetonte.
Appresso avendo Pierino del Vaga, che stava lavorando nella cappella Massimi alla Trinità, bisogno d'un giovane che lo ajutasse, Daniele andò a star con lui e lo ajutò a fare non Bolo i dipinti in detta cappella, ma altri altresì esistenti tuttavia nella cappella del Crocifisso in San Marcello. Appresso avendogli Pierino dato a fare un fregio nella sala del palazzo Massimi con altri ornamenti e storie di Fabio Massimo, si portò tanto bene che Elena Orsini gli diede a dipingere una sua cappella nella chiesa della Trinità in Roma, nella quale, oltre ai dipinti tolti dalla vita di sani Elena, fece quella stupenda Deposizione dalla croce, tenuta, con la Trasfigurazione di Raffaello e il san Girolamo del Domenichino, dei migliori quadri che sieno al mondo. « Oltre al componimento delle fi- : gure, dice Vasari, che è molto ricco, il Cristo è , ottima figura e un bellissimo scorto, venendo coi i piedi innanzi e col resto indietro. Sono similmente belli e difficili scorti e figure quelle di coloro che, avendolo sconfitto, lo reggono con le fasce, stando sopra certe scale e mostrando in alcune parti l'ignudo fatto con molta grazia >. Questo dipinto, tenuto sempre in grandissimo conto, avendo patito assai, fii staccato dal muro nel 1811 e riportato in tela. Più tardi venne restaurato dal Palmaroli, ed oggi ammirasi nella sagrestia della medesima chiesa. Ebbe più volte l'onore d'essere intagliato in rame : tra' più antichi ricorderemo le stampe di G. fi. Cavaleriis, di G. L. Dame, dell'Oudenarde, del Cecchi, dell'Westerhout, del Rastaini, del Do-rigny. Più recentemente ne fece uno splendido intaglio Paolo Toschi. Le altre storie di sant'Elena furono ritoccate.
Dopo questa cappella il cardinale Alessandro ! Farnese fece dipingere a Daniele nelle stanze del j suo palazzo un fregio di pittura bellissimo, con una ! storia di figure per ogni faccia, esistenti tuttavia; j e a Margherita d'Austria, figliuola di Carlo V, nel I palazzo Medici in piazza Navona dipinse in otto vani otto stori ette dei gesti di esso Carlo con tanta diligenza e bontà che non si potrebbe far meglio.
Morto nel 1547 Pierino del Vaga, ed avendo lasciata incompiuta la sala dei Re nel palazzo del papa, Daniele, per mezzo di molti amici e soprattutto di Michelangelo, fu da papa Paolo HI messo in sua vece con la stessa provvisione che aveva il Vaga, e con incarico di continuare i lavori, i quali non procedettero però molto avanti, per la lentézza del Volterrano nel dipingere. In quel torno Lucrezia della Rovere gli allogò anche una cappella nella suddetta chiesa della Trinità, ed oltre a variidipinti fatti condurre da'suoi allievi ed amici, Daniele dipinse di mano propria nella facciata dell'altare un'Assunta con bellissimi angeli e i dodici apostoli a basso che stanno a vederla salire. Questo dipinto è stato pubblicato in Roma inciso a contorni nel giornale intitolato L'Ape italiana, ed è la tavola x del volume primo. Tutti questi freschi hanno assai perduto del loro carattere per colpa dei ritocchi. Appresso Daniele fece per monsignor Della Casa varii dipinti, fra gli altri un David che uccide Golia, effigiato in due aspetti diversi sopra le due faccie di una lavagna. Questa pittura dalle mani di monsignor Della Casa passò in quelle di Annibale Rucellai suo nipote, poi in quelle d'altri possessori, finché fu presentato nel luglio del 1715 a Luigi XIV in Marly dal principe di Cellamare, ambasciatore in Ispagna, e trovasi ora al Louvre.
Morto papa Giulio III e creato sommo pontefice Paolo IV, il cardinale di Carpi cercò che fosse da Sua Santità data a finire a Daniele la suddetta sala dei Re; ma non si dilettando quel papa di pitture e volendo piuttosto fortificare Roma, fece fare il portone di Castello ordinando una statua di san Michele a Daniele, il quale si recò a Carrara a far cavare il marmo. Questo san Michele non fu però collocato al portone di castello, si sulla sepoltura delio stesso Ricciarelli, come narra il Vasari. Durante la sua dimora a Firenze, ove disegnava acconciarsi al servizio del granduca, Daniele dipinse una bellissima Leda per un membro della ricchissima famiglia Fugger d'Augusta in Baviera, e visitando la patria sua, Volterra, fece in ricordo, in un quadretto di figure piccole, la Strage degli Innocenti, molto pregiata e comperata per 600 scudi dal granduca Pietro Leopoldo, che lo fece porre nella tribuna della galleria degli Uffizi, dov'è tuttora.
Al suo ritorno a Roma, desiderando Paolo IV coprire le nudità del Giudizio di Michelangelo, Daniele fu incaricato coprirle con certi panni sottili, di che si beccò il nomignolo di Braghettone, e i versi pepati di Salvator Rosa:
E pure era un error si brutto e grande Che Daniel di poi fece da sarto In quel Giudizio a lavorar mutande.
(Sat. in, La Pittura).
Morto Enrico II re di Francia in giostra, Caterina de' Medici rimasta reggente mandò per Roberto Strozzi invitando Michelangelo a far qualche monumento in memoria di quel principe; ma scusandosi Michelangelo per l'età soverchia, fu per consiglio di lui data l'impresa a Daniele, il quale deliberò eittare una statua equestre in bronzo di quel momirca. Egli non conduBBe però che il solo cavallo, il quale servi poi, non per la statua di Enrico, ma per quella di Luigi XIII, fatta di getto dal Biard. Essa fu collocata sulla Piazza reale nel 1639 per opera del cardinale Richelieu. Per lo innanzi questo cavallo era rimasto in Roma, e Andrea Fulvio (.Antichità di Roma, lib. v) dice che fu gettato nel 1564, che è di tre pezzi, e costò 6500 scudi. Le guerre civili di Francia fecero mettere in dimenticanza questo lavoro per ventidue anni; poi fu donato a Orazio Rucellai da Enrico Ili,
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