Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      RICHIER LEODEGARIO - RICHIERl LODOVICO CELIO 297
      perpetuo accommodata (tom. xii, in-4°). Il re Vittorio Amedeo ne accettò la dedica, ma l'opera non ebbe da prima grande esito, mise l'autore in istret-tezze di fortuna, e solo dopo la Bua morte, seguita in Torino nel 1797, se ne fecero in Italia ed in Francia varie ristampe con vantaggio. L'amore del lavoro indusse Richeri a pubblicare nel 1783: Codex rerum in Pedemontano senatu judicatarum (3 voi. in-4°). Quest'opera, utilissima ai forensi legali, procurò all'autore il titolo di professore onorario della regia Università, e nel 1787 stampò: Institutiones universa civilis et criminalis jurisprudentia ad jus romanum et fori usum exactce, quibus accedit tractatus de feudis (Torino, 6 voi. in-4°). Abbiamo anche di lui un Dictionarium juris. Le opere del Richeri sono citate dai migliori avvocati come un'autorità legale nel fòro d'Italia, di Francia e di Germania. Non è da confondersi Tommaso Richeri col suo cognato Lodovico, membro della Società reale delle scienze in Torino sino dall'auno 1769, il quale pubblicò nel volume secondo del 1760 e 1761 di detta nascente società: Algebra philo-sophica in usum artis inveniendi specimen primum Ludovici Richeri. Questa mirabile Società, che diede nascimento all'odierna reale Accademia, ebbe principio nella casa del conte di Saluzzo, ove convenivano i celebri Lagrangia e Cigna da prima, indi si associarono Bertrandi, Guben, Allioni, Richeri, Defoncenex e Piazza, onde sino dal 1759 usci alla luce il primo volume delle sue Memorie.
      RICHIER Leodegario (biogr.). — Scultore lorenese, nato verso il 1500 a San Mihiel, morto, per quel che credesi, nel 1572. La vita di questo grande artista, che rimase lungo tempo dimenticato, è quasi ignota. Rimasto orfano in fresca età, fu raccolto da uno zio, che lo mandò a parar le pecore. Il pastorello, a somiglianza del nostro Giotto, passava tutte le sue ore a far figurine di terra, di cui faceva dono a chi ne voleva. Essendo Michelangelo, per quel che se ne dice, venuto a Nancy, passò per trasferirsi a Parigi per San Mihiel, e venutegli alle mani alcune di quelle statuette, riseppe con meraviglia ch'erano fattura del giovane pastore, il quale si lasciò indurre facilmente ad ire ad apprendere la scoltura in Italia Mancano particolari sulla dimora di Richier a Roma. Dopo essere rimasto cinque o sei anni in quella città, tornò nel 1521 in Lorena, da cui più non si mosse. 11 suo ingegno non tardò a procurargli una celebrità locale, e varii particolari gli fecero fare ornamenti artistici per le loro case.
      Renato di Nassau, principe d'Orange e marito d'Anna di Lorena, era rimasto ucciso il 17 luglio 1544 all'assedio di San Diziers. L'anno seguente Richier prese a fare pel suo monumento lo scheletro che ammirasi oggidì sopra l'altare laterale della chiesa di San Pietro a Bar-le-Duc. Questa statua seni i-scheletro e semi-cadavere, diritta, con una mano alzata e parte delle ossa scoperte, è di un effetto prodigioso. Richier diede poi mano al suo lavoro più celebre, il Sepolcro, che terminò nel 1550, e che conservasi nella chiesa di Santo Stefano a San Mihiel. Consta di tredici personaggi un po' più grandi del vero: sul primo piano del centro stanno Gesù, Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea, adestra santa Veronica, a sinistra la Maddalena; sul secondo piano, la Vergine sorretta da san Giovanni e da Marta, Maria Salome che alea i drappi del sepolcro, un Angelo appoggiato alla croce e due soldati che giuocano ai dadi sur un tamburo le vesti di Cristo. Il Sepolcro di Richier è uno dei monumenti più curiosi e più belli dell'arte francese in tutti i tempi. Allievo di Michelangelo, egli si studia anzitutto incarnare nel marmo la espressione e la vita; la sua maniera ò vigorosa, larga e minutamente finita. È uno scultore energico, appassionato, sincero, che non ha sfiorato il paganesimo della Rinascenza. Le sue figure sono non men belle delle Ninfe di Goujon.
      Vuoisi che Éichier fosse a Metz assediato nel 1552 da Carlo Quinto, e nel 1559 fu presentato a Francesco II ed a Maria Stuarda sua moglie. Il museo del Louvre non possiede di questo grande artista che due opere: un Fanciullo coricato sul dorso in atteggiamento naturalissimo, e il Giudizio di Susanna, bassorilievo di una finitezza sorprendente, che comprende trenta o quaranta personaggi in un quadro di mezzo metro quadrato.
      Vedi: Dom Calmet, Bibl. Lorrain. — Magasin pittoresque (1848 e 1849).
      RICHIERl Lodovico Celio (biogr.). — Più noto sotto il nome di Celio Rodigino, da Rovigo sua patria, ove nacque, secondo la comune opinione, verso il 1450; attese alla filosofìa in Ferrara sotto Niccolò Leoniceno, e poscia alle leggi civili e canoniche in Padova. Compiuti gli studii, passò in Francia, ove si trattenne non poco tempo, ma non sappiamo nò quanto, nò in quale occasione, nè in quale impiego. Tornato in Italia, dal 1491 al 1497 si fermò in patria, scelto a pubblico maestro, ma costretto nell'anno 1504, per le interne fazioni a lasciare quella cattedra, fu in giunta l'anno seguente cacciato da Rovigo con legge che non potesse più esservi richiamato. Allora si fermò per qualche anno in Vicenza ad insegnare belle lettere, finché fu chiamato a Ferrara dal duca Alfonso I. Ma le guerre il costrinsero a partirne presto e a trasferirsi a Padova, ove apri scuola privata. Nel 1515 fu da Francesco I di Francia destinato con onorevole diploma alla cattedra di eloquenza greca e latina in Milano in luogo di Basilio Calcondila morto poco prima. Fu ancora per qualche tempo professore di belle lettere in Reggio, come si raccoglie da un'orazione di Pietro Morino citata dal Liruti, ma non sappiamo precisamente in qual anno. Nel 1521 tor-nossene a Padova, ed ebbe il piacere, due anni dopo, non solo di vedersi riammesso al consiglio della sua patria, ma di venir destinato da essa ad andare a Venezia a congratularsi col nuovo doge Andrea Gritti. Il conte Silvestri ha giustamente rigettata l'opinione di molti, che il dicono morto in Padova nel 1520, ma anch'egli mal si è apposto , credendolo morto nel 1523. Una lettera di Celio , Calcagnini ad Erasmo, che leggesi fra quelle di quest'ultimo, ci moBtra ch'egli mori nel 1525 fra il 24 febbrajo, in cui seguì la famosa battaglia di Pavia, e il 5 luglio, in cui la lettera è scritta, e che il buon vecchio morì di dispiacere per le sventure del re Francesco suo benefattore.
      Abbiamo di Richieri : Antiquarum lectionum li-
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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