Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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RICHTER GIAN PAOLO FEDERICOGianpaolo produca un senso tragicomico, nn riso che si cambia in pietà, ed anche in disprezzo del mondo, perchè l'autore ci fa sempre vedere a lato della sublime destinazione umana la nostra povera natura così piccola e meschina com'è ridotta dalla realità. Egli è vero che nelle creazioni di Gianpaolo il sublime s'accosta e riesce spesso al triviale; ma bisogna pur dire ch'egli si vale sempre del pensiero volgare come di grado per risalire al cielo.
Nel 1797 Gianpaolo, già rinomato in tutta Alle-magna, andò fermare la sua dimora a Lipsia, ed in quel torno diede fuori il trattato suH'Itnwtorto-lità delTanima (Das Kampanerthal); ma l'anno dopo fu veduto brillare a Weimar nella Corte in compagnia di Goethe e Schiller, la cui maniera era però tanto lucida e purgata che non potevano trovar buono il fare del nuovo critico della letteratura. Infatti Gianpaolo sacrifica la natura all'effetto, e quindi la forma strana de' suoi componimenti doveva ripugnare a menti nutrite di studii classici, amanti di stile limpido e puro. Che se a Gianpaolo mancava l'approvazione di questi sommi, per compenso aveva entusiasti ammiratori così nei palazzi aristocratici come negli umili casolari. Le donne, di cui idealizzava i secreti dolori e le vaghe aspirazioni ; le giovinette, cui procurava sogni dorati ; le anime pudiche che circondava di celestiale aureola, erano tutte a lui intente, e a dispetto della critica lo posero sulleali della fama. Nel 1801 prese moglie e si trasferì a Coborgo, di dove si tolse poi per recarsi a Baireuth, che dal 1804 in poi tenne a sua più costante dimora. Cominciando dal 1800 fu pensionato dal principe primate; e quando nel 1815 gli venne a mancare tal patrouato, il re di Baviera pensò egli stesso a sottrarre dal bisogno il nobile scrittore che in Allemagna si era fatto a dipingere la vita umile, modesta e rassegnata, ed aveva impiegato il suo ingegno a lottare contro l'egoismo in favore dei sacrifizi oscuri. Tuttavia gli ultimi anni di Giaupaolo furono afflitti da disgrazie, perchè le intellettuali sue facoltà, logore dal lavoro e da materiali abusi, declinarono assai ; e quando, il 14 novembre 1825, si addormentò per non più svegliarsi, i suoi occhi erano già da più di un anno privi della luce del giorno. 11 creatore di Titano morì cieco.
E noi facciamo ora menzione dell'opera cui Gianpaolo assegnava il posto più eminente fra i suoi componimenti, ed alla quale affidò i suoi sogni e le sue aspirazioni ad un mondo migliore (Titano; Berlino 1787-1803 , 4 voi.). Una serie di caratteri stravaganti, dei quali però alcuni giungono a cattivarsi l'affetto del lettore, s'incalzano nelle pagine di questo racconto, alquanto più connesso che d'ordinario non sono i romanzi di Gianpaolo, quantunque anche qui molte idee ingegnose o bizzarre facciano ad ogni tratto ostacolo al cammino degli avvenimenti. 11 Titano è una miniera di diamanti che il paziente lettore giunge pure ad estrarre di mezzo alla terra che li copre. Descrizioni di brillante colorito sono miste a scene ed avventure del tutto inverosimili ; ma a forza di poesia e di profonda sensibilità l'autore fa accettare i suoi perso- i naggi, che sono parti di mente che per impotenza j e per sistema non ha mai osservato il mondo reale jaltrimente che dalle altezze dell'astrazione ed a traverso la nebbia dei sogni. In virtù di istintiva anticipazione e collo sguardo dell'occhio profetico Gianpaolo ha dipinto in uno degli eroi del Titano (Roquairol) la scapigliata gioventù , senza fede, 8euza principii e freno, la quale da una ventina d'anni in qua è venuta a far mostra nei circoli della metropoli la noja, l'orgoglio, le contraddizioni ed il bizzarro accordo di vizi e virtù, di pregi e di difetti che hanno sedotto tanto i romanzieri contemporanei , da vedere il poetico in questi esseri sazi di tutto che la pubblica morale già condanna. « Io voglio, dice Gianpaolo nel suo strano linguaggio, empire il mio Titano di cateratte del Reno, di tempeste spagnuole, di tragici uragani, di tropi, di trombe d'acqua; e bisogna che tale opera per me climaterica diventi il monte Ecla e la ghiao-ciaja della intellettuale temperatura; errando voglio rompermi, e se fosse la mia ultima opera, guardare con disdegno i miei proprii frantumi » Infatti gli riuscì di gettare in questa forma l'ultima scintilla della sua ardente gioventù, perchè da questo tempo in poi le sue produzioni furono da più calmo genio ispirate. Gli anni del monello (Die Flegeljahre) che pubblicò quasi insieme al Titano (18U4-1805, 4 voi.), sono ancora pieni d'estro giovanile; ma già le esorbitanze che screziano quasi tutti gli scritti di Gianpaolo vi sono meno frequenti. I due protagonisti del romanzo, Vult e Walt, personificano assai bene, l'uno la graziosa ingenuità, l'altro l'inimitabile umore di Gianpaolo. Sono creature attraenti, deliziose figure che rendono testimonianza della perenne giovinezza di cuore e delle commoventi illusioni che il poeta ha costantemente conservate in mezzo ad una vita prosaica, le cui esigenze riducono le immaginazioni più vive al tristo sentimento della realtà.
Superiormente abbiamo nominato Siebenkees, Yavvocato dei poveri, il quale è il carattere in cui Gianpaolo ha dato per così dire frammenti della propria persona. Dicesi che Lenetta, la moglie di Siebenkees, sia il ritratto della madre dell'autore. Le relazioni di Siebenkees e di Schoppe, entrambi spiriti stravaganti, raffigurano una delle molte e calde amicizie che hanno abbellita l'esistenza del poeta. Tuttavia il senso che tale romanzo fa in generale è doloroso, perchè ferisce insieme il giudizio ed il sentimento morale del lettore. Non si capisce l'unione sproporzionata tra l'avvocato e Lenetta, non^essendo fatta da alcun motivo, ed il cui disagio è in parte effetto della matta condotta di Siebenkees, che l'autore tratta apertamente con compiacenza. Due opere appartenenti così al dominio scientifico come al dominio letterario, Levana o Teoria dell'educazione (Brunsw. 1807) ed il Prodromo d'estetica ( Vorschule der Asthetik; A mborgo 1804, 5 voi.), sono senza dubbio gli scritti più gravi che abbia dettati Gianpaolo. Tuttavia s'ingannerebbe molto chi cercasse in Levana un sistema compiuto di pedagogia, e nel Prodromo una teoria filosofica del bello; sono raccolte d'ingegnose osservazioni e di discussioni liriche sulla natura dell'in-, fan zi a, che Giaupaolo aveva osservata con fraterno , amore, e sull'essenza del bello, ch'egli aveva in-! traveduto piuttosto coll'istiuto del poeta che collat^ooQle
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