Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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sagacia del filosofo. Mei Prodromo deli estetica è permesso citare Y apoteosi di Herder come uno dei più belli squarci della letteratura tedesca. È un monumento eretto alla memoria della mente enciclopedica, dell'anima pia ed amorosa che aveva si bene conosciuta quella compagna di Gianpaolo.
Non abbiamo fatto che indicare gli scritti più importanti di Richter, che non osiamo però dire capi d'opera; ma oltre molti squarci poetici, filosofici e letterari^ pensieri separati, squarci politici, potremmo ancora enumerare varii romanzi satirici o sentimentali che ebbero anche voga, e gli ammiratori entusiasti di Gianpaolo pareggiano quasi agli altri summenzionati ; ma dobbiamo tanto più passarli sotto silenzio, in quanto che l'autore di Titano e di Levano non affascinerà mai gl'Italiani come fece del pubblico tedesco. D'altronde gli scritti di Gianpaolo sono intraducibili in qualsivoglia lingua, perocché sono così originali che non somigliano ad alcun altro; affatica il leggerli, ed il lettore informato al buon gusto rimane offeso dal triviale che incontra in mezzo al sublime; il sentimentalismo, l'ingenuità che vi domina s'accosta troppo alla bab-buaggine per non muovere a riso ; i caratteri sono troppo singolari e paradossali per cattivarsi la nostra benevolenza. Un Italiano apprezzerà i pensieri nobili, generosi, delicati, sublimi, sparsi a piene mani nelle opere di Gianpaolo ; ma non potrà seguire il corso di eroi creati dalla mente di un dotto eremita e disegnati dalla bonarietà d'inesperto fanciullo. Le donne, ombre caste e quintessenza umana di tutte le perfezioni angeliche, non hanno attrattive per noi amanti del vero. Ma Gianpaolo, benché non abbia mai composto un verso, sarà sempre il poeta secondo il cuore di quella buona pasta di fantasiosi, come ve n'ha molti nelle piccole città d'Allemagna, la cui modesta vita dipinse così al vivo. « Nell'ora ch'egli tutto assorto nelle sue geniali meditazioni, dice un contemporaneo di di lui, passa pel villaggio imbalsamato dell'effluvio soave dei fiori che zefiro gli reca dai giardini, i fanciulli ebbri di gioja gli fanno carole intorno, le giovanetto fidanzate intrecciano ghirlande al loro poeta prediletto, e gli afflitti mandano benedizioni alle benefiche traccio de'suoi passi».
Si può leggere la biografia di Gianpaolo, Wahr-heit aus Jean-Paul's Leben (Breslavia 1826-1833, 8 voi.) ; Commentario biografico delle opere di Gianpaolo, di 0. Spazier, nipote dell'autore (Lipsia 1833, 8 voi.). La raccolta delle opere di Gianpaolo forma una sessantina di volumi. A Parigi se n'è fatta una edizione compatta (1836 e seg., 5 voi. gr.), che però è molto scorretta.
RICI6LIAN0 (geogr). — Comune del circondario di Campagna, nella provincia di Salerno, con 2007 abitanti.
RIC1MER0 e RICIMIERO (st. M. E. e biogr.). — Capo barbaro al servizio dell'Impero d'Occidente, di origine sveva, per madre, nipote di Yallia re dei Goti. Sino dalla giovinezza si rese distinto pel valore e giunse rapidamente ai primi gradi della milizia. Incaricato dall'imperatore Avito nel 456 d'iuseguire la flotta dei Vandali, l'aggiunse sulle spiaggie dell'isola di Corsica, e la distrusse interamente. AUor^è tornò in Italia fu accolto comeun liberatore, e si valse del pubblico favore per ispogliare della porpora Avito, obbligandolo a rinunciare. Dopo un interregno di dieci mesi, consentì finalmente all'elezione di Majoriano, uno dei suoi commilitoni. Ricimero, cui il Senato aveva onorato col titolo di patrizio, si vide ricolmo di favori da un principe che a lui doveva l'impero. Nel 458 tagliò a pezzi l'armata dei Vandali nella Campania, e l'anno seguente fu fatto console. Poco tempo dopo Majoriano concluse con Genserico una pace vantaggiosa; ed a tale principe, che univa le viste d'un politico ai talenti d'un capitano, forse succedeva di rialzare il trono dei Cesari, quando llicimero, temendo di vedere la sua gloria oscurata da quella di Majoriano, lo fece deporre e mettere a morte. Allora diede il trono a Libio Severo, la cui inabilità non gli poteva dar ombra. Sotto a tale fautasnia di sovrano, Riciriero fu realmente il capo dell'Impero. Accumulò tesori, ebbe un esercito, fece dei trattati particolari ed esercitò in Italia l'autorità ch'ebbero poi successivamente Odoacre e Teodorico. Nel 463 riportò la più compiuta vittoria sugli Alani che si erano inoltrati sino alle falde delle Alpi Giulie, uccise Beorgor loro duce, e fece trucidare tutti i suoi soldati. L'Italia gemeva da sei anni sotto la tirannia di Ricimero, quando Leone l collocò sul trono d'Occidente, nel 467,Antemio, con la condizione secreta che avrebbe preso Ricimero per genero. Malgrado gli onori di cui era ricolmo l'ambizioso svevo, non poteva vedere l'Italia in pace, e con spregevole politica tentò di di suscitare nemici a suo genero tra'barbari. An-temio gli dimostrò il suo disgusto, e Ricimero abbandonando subito Roma, fissò la sua residenza a Milano. Quindi, come osserva Gibbon, l'Italia fu allora divisa in due regni indipendenti e gelosi. I Liguri, temendo che scoppiasse la guerra civile, supplicarono Ricimero di riconciliarsi collo suocero; egli vi acconsenti, ed il pio Vescovo di Pavia, Epifanio, si assunse tale negoziazione. Quell'accordo non fu però di lunga durata. L'imperatore Leone, per rendere la pace all'Oriente, aveva fatto assassinare Aspar e Ardubenio, due de'suoi sudditi i più potenti. Ricimero, temendo che Antemio non gli preparasse la stessa sorte,, risolse di prevenirlo. Aumentato il suo esercito d'un corpo numeroso di Borgognoni e di Svevi, assediò lo suocero in Roma. Udendo che Leone inviava in soccorso d'Antemio parecchie legioni, egli fece acclamare imperatore Olibrio loro capo, batté dopo ciò le truppe d'Antemio, che fu trucidato, ed abbandonò Rotea al saccheggio, eccetto due quartieri di qua del Tevere, cui oc
cupavano i suoi partigiani. Ricimero non potò goder
e di tale nuovo delitto: mori il 18 settembre 472, quaranta giorni dopo di Antemio. Fiero ed ambizioso, Ricimero, cui la nascita escludeva dal trono, non voleva altri sovrani che di sua scelta, e per giungere a ciò tutti i mezzi gli sembravano giustificati dal buon successo. Del rimanente, era un principe dotato delle qualità più cospicue. Lo storico de'Goti, Grornandes, lo antepone a tutti i capitani dell'Italia. Sidonio Apollinare, che gli dà il titolo d'invincibile, lo considerava uguale ai più degli eroi romani.
Si può consultare YIstoria degli imperatori dit^ooQle
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