Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      stemosiensi sviluppati tutti e due i grani deposti nella seminagione, deesi estrarre la pianta meno robusta, lasciandone una solamente. Se da qualche posta non siasi sviluppata alcuna pianta, si potrebbe tentare di trapiantarvi qualcuna delle cavate. È però da avvertire che tale operazione generalmente non riesce mai, mentre la terra staccasi nettamente dalle radici del ricino per quanta precauzione si abbia, ed il ricino trapiantato generalmente muore. Quando esso comincia elevarsi 50 a 60 centim. da terra è necessario fare una buona rincalzatura, e più tardi un'altra ancora più alta, si per afforzare le piante contro l'urto dei venti, che per mantenere a piede della pianta sufficiente freschezza, raccogliere bene le acque di pioggia che non si disperdano fuori del campo, e servirsene, se mai occorra e vi sia il modo, ad irrigare per infiltrazione. Il ricino comincia assai per tempo a sviluppare le panicole fiorifere nella parte più bassa, e ramificandosi continua a svilupparne fino al tempo nltimo della sua vita; queste però, se non maturano in un certo tempo (come sarebbe a dire ai primi di settembre), converrebbe sopprimerle a fine di favorire la maturazione delle altre anteriori.
      Il frutto è una capsula con tre cavità, detta dai botanici tricocca, perchè si divide in tre parti, contenenti un seme ciascuna; queste tre parti o cocche del frutto, arrivate alla maturazione, si distaccano elasticamente e saltano lungi disperdendo i semi. Perciò è necessario cominciare la raccolta quando principiano a maturare le prime capsule, il che avviene generalmente in giugno, passando per le piantagioni ad ogni quattro o cinque giorni e distaccando quelle che dànno indizio di maturità, il quale consiste nel formarsi tre solchetti sul dorso di ciascheduna delle cocche. È questo uno dei maggiori dispendi! che si abbiano nella coltivazione di questa pianta; ma è facile avvertire che a tale ufficio possono bene sopperire le donne ed anche i fanciulli, preso che abbiano conoscenza della maturazione delle capsule. Delle quali raccolta una certa quantità, si espongono al sole in mezzo all'aja e le cocche si distaccano violentemente una dall'altra, dividonsi longitudinalmente pel solchetto sul loro dorso, per cui il seme ne esce fuori con piccolo sforzo. Si facilita questa uscita del semi, quando le cocche siano ben secche, premendovi sopra con una grossa tavola: col qual mezzo però è quasi impossibile che alcuni Bemi non si rompano, il ebe è un danno, perchè i semi decorticati assai presto irrancidiscono, e conviene prontamente separarli ed estrarne l'olio. I semi poi non si possono separare dalle bucce delle cocche se non con difficoltà, specialmente con scelta a mano. Anche questa è opera lunga e dispendiosa, ma però può essere eseguita ugualmente da fanciulli. S'immaginò e costrusse anche qualche macchina destinata a rompere le cocche e separare i semi, ma finora non se ne potò ottenere l'effetto desiderato, essendosi osservato che, in.causa dell'ineguaglianza delle capsule, alcune di queste restano intere, altre rimangono schiacciate coi semi, ed alquante cocche, anche separate , non si aprono interamente per dare uscita ai semi; il che obbliga poscia ad una scelta a mano.
      Il seme di ricino rappresenta una specie di mandorla di fbrma ovale che nella parte più acuta porta una grossa caruncola. La sua buccia esterna è dura, testacea, ed il suo interno è riempiuto da una mandorla la quale sotto una leggiera pellicola presenta un grosso perisperma bianco ridondante di olio. Se tagliasi un lembo assai sottile del perisperma e si ponga fra l'occhio e la luce, si vede come tutto pertugiato da cavità riempiute di sostanza oleosa. Dagli esperimenti eseguiti sembra che tale perisperma contenga circa il 46 °/0 di olio, ma la pressione sola non è bastevole a separarlo tutto, ed anche coi migliori strettoi non si giunge a separarne che dal 36 al 40 */0. L'embrione è immerso nel perisperma, e i suoi cotiledoni sono veramente fogliacei, mostrando una nervatura primaria ed alcune secondarie alla maniera delle foglie.
      Considerato sotto il punto di vista chimico, l'olio di ricino differisce dagli altri formandosi colla saponificazione degli acidi grassi diversi da quelli che si formano con altri olii. Senza diffonderci in tali ricerche, aggiungeremo solo che esso si saponifica meglio e più sollecitamente dell'olio d'oliva, per cui trova assai più ampio sfogo in tale industria. Ognuno sa quali applicazioni abbia quest'olio nella medicina. Bisguardata la coltura del ricino dal lato agricolo e della rurale economia, le sue foglie potrebbero servire all'alimentazione di un baco da seta congenere di quello dell'ailanto, cioè la saturnia arrindia, di cui fu tentato l'allevamento fino dal 1853. Se non che l'inevitabile continuo schiudimelo delle uova, per cui nel corso di un anno si dovrebbero effettuare per lo meno tre allevamenti, giungendo coll'ultimo sino al novembre inoltrato, ne rende quasi impossibile la esecuzione, per la difficoltà di avere continuamente la foglia di ricino fresca colla quale alimentare i bachi in quella tarda stagione, nella quale le brine l'hanno già fatta avvizzire. Accadde che la crisalide si conservasse viva nel bozzolo dal novembre fino all'aprile seguente, che si sviluppassero le farfalle belle e vispe e si accoppiassero; ma l'accoppiamento rimase infecondo, e le uova deposte, anche in quantità assai grande ed in apparenza perfette, pure non si schiusero, onde si dovette abbandonare il pensiero di tale allevamento. Si potrebbe forse trarre ancora vantaggio dai fusti del ricino, ricavandone, col mezzo della macerazione, un tiglio bastantemente adatto ad alcuni usi. Gli esperimenti fatti già da lungo tempo in addietro dal cav. Matteo Bonafous di Torino comprovano come i suoi fusti non affatto leguosi potrebbero essere impiegati ad usi industriali. Indipendentemente poi da questi usi, le foglie sono un ottimo strame pegli animali, e concorrono a formare un buonissimo letame.
      È noto che da alquanti anni detta pianta va soggetta ad una malattia occasionata, per quanto sembra, dalla presenza di un fungillo denominato dal cav. Bérenger fusisporium ricini, se però questo non sia effetto della malattia stessa che si sviluppi nell'organismo vegetale. Questa si presenta con macchie gangrenose nere sul fusto, sui rami ed anche sulla radice, nelle quali appunto riscontrasi il fusisporio. Tali cangrene, sempre più approfon-
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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