Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      RICORSO IN GRAZIAil qual valore, portato nella seconda, ci dà
      S __ , , a» (m' + rìx)(m"+n"x)+a?
      d onde
      8l _ ni'+ri'x_S" ~~ {tri -f n'x ) (m"+ri'x ) + & '
      Sostituendo questo valore nella prima delle tre eguaglianze, si ricava
      1 m" + n"x*
      — = 01 + NX •+• - —---1
      (m + nx)(m' + n'x)(m''-i- n"x) + (m + nx)x* + (m" + ;t"j)a' (m' + n'x) (m" + n"x) x% d'onde finalmente la frazione generatrice cercata_(to' + ti'x)(tn" ¦+ n"x) ¦*• x*__
      S = (m + nx)(m' + n'x)im" + n"x)-r (m + nx)x» + (m" + n"x)x> '
      Applicheremo la teoria precedente alla serie dei numeri
      1, 3, 6, 10, 15, 21, 28, 36,.....
      le cui differenze successive sono la serie de'numeri naturali partendo dal 2. Per riconoscere se essa sia ricorrente, la porremo sotto la forma
      1 + 3*+6*2+10*3+15*4+21*5-1- ecc.,
      bastando in fine fare *=1 .
      Dividendo l'unità per la serie data S, si trova il quoziente 1 — 3*, con un resto che diviso per x« dà
      S! = 3+8.r +1 5*«-I- 24*3+35^4+48^5 + ecc. Dividendo poi S per 8!, si trova il quoziente
      11 x-
      —+—x, con un resto che diviso per — dà
      S2= 1 + 3*+6*3 f 10*3+ ecc.
      Dividendo finalmente Si per S3 , si ha il quoziente esatto 3 — x. Per conseguenza la serie è ricorrente di terzo ordine. Per trovarne la frazione generatrice partiremo dalle eguaglianzei-i-f+l-, S_1 1 S3**
      l'ultima delle quali dà
      S2_ 1 Sj ~3-x 9 d'onde, sostituendo,
      S 1 1 x* 1 Si 3 99(3—a;) 3-* '
      e perciò
      i=l-3*+*9(3-*) = l—3*+3*2 —*3=(l-*)3, Se finalmente la frazione cercata
      q_ 1
      Di qui si deduce per la scala di relazione della senel+3*+6*«+10*3+ ecc. l'insieme de'termini
      +*», — 3*», + 3*; e per la scala di relazione della serie numerica data
      + 1,-3, +3, si troverebbe pure per termine generale di questa l'espressione ^nfn+1)"
      RICORSO IN GRAZIA (dir. pen.). — Alle compendiose e generalissimo nozioni date alla voce Grazia, aggiungiamo qualche notizia pratica intorno a questo importante argomento.
      L'art. 8 dello Statuto dice che il re può far grazia e commutare le pene. La grazia non può essere fatta che ai condannati, secondo il comune consenso dei giureconsulti, e l'espresso disposto del Codice, ma quanto ai condannati in contumacia per crimini, la grazia non può intervenire, perchè è sempre aperta la via all'opposizione, l'azione penale è sempre in moto, nè la pena può dirsi pronunziata. Converrebbe in tal caso che il re pronunciasse decreto di Amnistia (V.).
      I ricorsi in grazia devono essere diretti al re, e presentati al ministro di grazia e giustizia: di regola non sospendono la esecuzione della sentenza, benché in pratica un attestato di aver inoltrato domanda in grazia basti ad ottenere dal pubblico ministero un tale beneficio. 11 ministro rimette la supplica al procuratore del re presso la Corte d'appello o il tribunale che pronunciò la sentenza, per aver esatte informazioni sulle cose esposte, indi la invia al Consiglio di Stato pel relativo parere. Ritornata al ministero, viene deciso secondo il caso.
      Quando il condannato ha ottenuto il decreto di grazia, ha due mesi di tempo per presentarlo al pubblico ministero presso il magistrato che lo giudicò, e scorso quel termine il decreto è annullato ; se si tratti però di un ditenuto/ la grazia viene significata prima di tutti al pubblico ministero per il pronto rilascio del beneficato.
      E grave quistione se si possa graziare un condannato suo malgrado. Alcuni giureconsulti, Duver-gier fra gli altri, sostengono che la volontà del condannato non può metter ostacolo allo esercizio della prerogativa reale. Altri però, come l'Hello, tengono opinione contraria: la grazia, essi dicono, è conferma della condanna, e chi l'accetta, si riconosce reo. Ora, può avvenire, e pur troppo avviene che il condannato sia innocente: chi, volendogli fare un beneficio, lo potrà costringere a dichiararsi colpevole ? Invito beneficium non datur, diceva Paolo: e tanto meno quando ciò gli arrechi un grave danno morale. La madre dei figli di Barneveldt condannati, come già il padre loro, quali rei di lesa maestà, chiedeva la grazia per e&si, perchè rei, mentre non l'aveva chiesta pel marito, essendo egli innocente. — E se la grazia fosse ottenuta al prezzo di un turpe mercato, come avvenne pel padre di Diana di Portiere, nessuno potrebbe costringere il condannato ad accettare il vantaggio che gli deriva da un'infamia.


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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