Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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RICULFO - RIDICOLOOra Tediamo quello che la politica consiglia nell'interesse dell'umanità e dello Stato. Sono essi d'accordo nel desiderare che le famiglie indigenti non si moltiplichino in guisa che il loro salario si abbassi e sia insufficiente a farle vivere con onesta agiatezza. L'uomo di Stato deve volere che gl'indigenti non si maritino troppo giovani, e prima che abbiano potuto riunir con fatica un piccolo capitale. Ogni sforzo della legislazione deve tendere a questo scopo. È una stoltizia il rallegrarsi di veder moltiplicato il numero dei miserabili. In generale i matrimonii precoci non convengono agli Stati popolosi e civili, perchè favoriscono l'accrescimento della specie, là dove sempre si fa difficile trovare professioni lucrative. Il lavoro non può essere bastantemente lucrativo, se non per la cura che bisogna avere di non sopraccaricare le classi laboriose di un eccesso di popolazione. L'umanità comanda che si abbia pensiero dei bambini abbandonati; ma occorre non accostumare i genitori a risguardare i ricoveri per i trovatelli come un'ordinaria risorsa. Un padre che abbandona i suoi figli e disconosce i doveri che gli ha imposti natura, rinunzia ai diritti che gli ha dati. La patria s'investe dell'autorità dei genitori. Essa ha compiuto ciò che eravi a fare di un uomo; lo ha allevato, per cui ne può disporre, e indirizzarlo alle professioni necessarie allo Stato, come quelle di soldati e di marini. Si terrà questo come una vio* lazione dei diritti dell'umanità? Ma questi diritti non ricevono un oltraggio più crudele, quando nella età del servizio militare si dispone dei giovani che le famiglie hanno allevati a loro spese, ai quali si è affezionato per le cure stesse che si sono avute di loro, e che sono stati indirizzati per professioni nelle quali avrebbero reBi servigi alle loro famiglie e alla patria? Lo Stato è peranche tenuto a procurare ai trovatelli , che sono figli della patria, l'insegnamento di un mestiere che possa farli vivere, dopo che abbiano compiuto il loro servigio. Le stesse idee debbono dirigere l'amministrazione nelle cure ch'essa prende dei vecchi. Se lo Stato offre loro dei ricoveri, occorre che nè eglino, nè i loro figli possano risguardare quei ricoveri come un luogo ordinario, ove debbano passare gli estremi giorni di loro vita. Il bisogno di profittarne devesi avere come una sventura, di modo ch'eglino siano interamente applicati ad evitarla. E siccome non è possibile ammettere nei ricoveri tutti quelli che si presentano per entrarvi, bisognerebbe che il titolo a cui si accordasse maggiore risguardo fosse la prova che il postulante sia caduto nella miseria per cagioni indipendenti dalla sua condotta, e che egli non poteva prevedere. Le infermità naturali, la cecità, la sordità sono sciagure le quali non possono prevedersi, nè meritarsi. Esse non si moltiplicano per effetto dei soccorsi che ricevono. L'umanità reclama per esse l'assistenza della società, e la politica non vieta che sia loro conceduta.
La società nulla deve a coloro i cui servigi sieno stati comprati e 1 agati ; ma è debitrice di soccorsi a colui dal quale esige servigi che non paga a misura del loro giusto valore. I militari di basso grado, per esempio, non possono ricevere un salario proporzionato ai loro servigi ; quale Balano può al-
tronde pagare il sacrifizio della loro vita che fanno giornalmente ai loro concittadini ? Si dice che la loro vita sia dovuta alla patria. Chi ha pronunziata siffatta sentenza? Forse i tranquilli cittadini, dei quali si protegge il riposo e la proprietà? Onde viene in loro il diritto di esigere che altri si sacrifichi per essi ? Che dànno ai loro difensori in cambio della vita? E se nulla dànno, come dispongono di questa vita? Si badi bene: le belle massime di sacrifizio gratuito potrebbero essere gli avanzi di un fanatismo politico, di cui le repubbliche antiche avevano bisogno per sostenersi in uno stato sociale imperfettissimo ; di un fanatismo che non ha potuto farle durare, e sul quale sarebbe molto pericoloso affidarsi, in quanto che attualmente i popoli sono assai inoltrati nella civiltà. Un cittadino non deve altro alla sua patria, Be non che di non mai sacrificare ai suoi partic lari interessi gl'interessi del pubblico. Questo è un dovere di semplice giustizia. Perchè ciascuno deve rispettare i diritti e la proprietà d'altrui, se vuole che si rispettino i suoi, deve rispettare i diritti e la proprietà del pubblico, che si compone di tutti i cittadini: ma per la stessa ragione il pubblico, la società non ha alcun diritto su chi appartiene a se stesso, sulla vita, i talenti e la proprietà di lui. Se l'imperiosa necessità n'esige il sacrifizio, la società gli è debitrice almeno di tutta quella indennità cbe gli può accordare. In quanto ai militari che sono serviti d'istrumento per spogliarla ed opprimerla, la società non ha altro a dar loro, che l'onta e il disprezzo (V. Ospizi e Pauperismo).
RICULFO (biogr.). — Vescovo di Soissous, morto verso il 902, sali a quella sede l'anno 883, ed assistè al Concilio di Verbena (892) ed a quello di Reims (893). Nel 900 consecrò in quest'ultima città l'arcivescovo Hervé e scomunicò gli assassini dell'arcivescovo Folco. Rese celebre il suo nome per la costituzione che stabili nella sua chiesa nell'889. Questa costituzione, che ha per oggetto principale correggere l'ignoranza del clero, fu spesso stampata dopo il 1615; e trovasi specialmente nel supplemento dei Conciles des Oaules di Pietro Lalande e nel voi. ix dei Conciles del padre Labbe.
Vedi Gallio, Christiana (-x, col. 344).
RICUPERARE , RICUPERO (marin.). — La prima di queste parole vale mettere in forza, in lavoro, trarre a sè il calumo o l'imbando di una fune. — La seconda è l'atto di salvare uomini o merci o la nave stessa (V. Assicurazione e Naufragio).
RIDICOLO (estet.). — In generale dicesi tutto ciò, la cui percezione ne eccita a ridere o almeno a sorridere. Tuttavia non tutto ciò che muove al riso è nello stesso tempo ridicolo, essendovi un Riso (V.) che è effetto di un sentimento penoso, ed il ridicolo non potendo essere altrimente che piacevole; ma qui abbiamo solamente a considerare il ridicolo come elemeuto del comico e materia di piacere estetico. Considerato in questo senso particolare viene quindi ad essere ogni inaspettata, evidente ed improvvisa incoerenza o ripugnanza spettante ad esseri ragionevoli od almeno che vi rassomiglino in cose di poco o nessun rilievo. La ripugnanza in generale non è che una deviazione chiara e distinta da una nota analogia o regola comunemente am-
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