Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
RIDIGER o REDIGER ANDREAPartununt montes, nascetur ridiculus mus. Se in contrario la nostra aspettazione viene a poco a poco prolungata e condotta per tutti i gradi della speranza e del timore, non attendiamo in sulla fine più niente, nè quindi possiamo dilettarci della sconvenienza quantitativa fra l'aspettazione e la riuscita. Però è da notare che sebbene il ridicolo si generi dall'inaspettato, esso non nasce sempre tutto ad un tratto; ma spesso è effetto di diligente osservazione e maturo confronto sì degli oggetti fra loro come colle leggi intellettuali, onde viene in chiaro la contraddizione e l'incoerenza. In tal caso l'impressione del nuovo non è prodotta di subito e tutta ad un tratto; ma non per questo è dessa meno efficace. Ciò accade sovente rimirando i quadri di Hogarth, in cui l'incoerenza non apparisce sempre a prima giunta; essendo mestieri di contemplarli alquanto davvicino per intenderla. In sostanza l'inaspettato è sempre relativo.
In che sta la ragione del sentimento piacevole nella percezione del ridicolo? Senza dubbio nel subito eccitamento prodotto dalla immediata percezione della sconvenienza o contrasto ohe in pari tempo si congiunge ad un sentimento di superiorità. 11 quale non è al certo figlio d'orgoglio, o di gioja maligna dell'altrui male, come avviene nel sogghigno sprezzante; sibbene è desso un sentimento naturale, che trovandosi in ciascuno e nel fanciullo medesimo, non ha in sè nulla d'immorale, e genera uno stato d'ilarità ove possa soddisfarsi con qualche oggetto. Che poi nella percezione del ridicolo abbia luogo un eccitamento improvviso, è provato dalla corrispondenza dell'emozione interna coll'e8terno; poiché il riso non giova solo a rasserenare la mente, ma conferisce altresì per un istante al benessere fisico.
Per trovare ridicola qualche cosa richiedesi sempre una certa disposizione subbiettiva fisica e morale. Chi non vi è fisicamente disposto ride d'ordinario soltanto per ischerno, o mosso non che altro da gioja maligna per l'altrui male. Nessuno ride più facilmente dei fanciulli; poiché a misura che l'organismo nervoso è più sensibile, è anche maggiore la disposizione fìsica; onde basta il più lieve indizio di sconvenienza o di assurdità ad eccitare il riso. Chi è immerso nel dolore non ride di nulla. V'ha pure degli uomini, i quali sono così gravi per natura, che ridono raramente, o giammai, comeSii antichi narrano di Anassagora, di Focioue, di
[arco Crasso e di Plinio il Vecchio, ecc. L'educazione, la più matura sperienza, la dottrina costituiscono pure una differenza notabile; quindi il ridicolo oggettivo non consuona sempre col soggettivo. Il ri so smodato abbonda di subito nella bocca del volgo ignorante ove si trascenda il circolo ristretto delle sue cognizioni ; la persona colta ride più raramente, e l'ingegnoso più spesso dell'uomo di mente ottusa, come colui che nota di frequente ripugnanze od assurdità che passano inavvertite per quest'ultimo. Inoltre per ridere di certe sconvenienze convien sapersi o credersi esente da esse. Per lo che un avaro potrà per avventura ridere alla rappresentazione di un carattere che lo rassomigli, avvisando non essere che economo, o non credendosi fatto segno di esso di fatto; ma nonappena s'accorga del suo ritratto, l'amor proprio offeso bì risveglia e s'adira, e forse essendo di buona indole può anche correggersi, ma ridere non mai. Socrate poteva ridere alla rappresentazione delle Nubi d'Aristofane, perchè sentivasi franco e libero dalle assurdità che il poeta mise in bocca al suo sofista sotto il nome di Socrate; ma un vero sofista non lo avrebbe certamente potuto. Possiamo forse ridere anche di noi stessi ? Nel momento dell'azione certamente l'amor proprio non lo consente ; sibbene in appresso osservando meglio le cose possiamo ridere delle nostre passate contraddizioni appunto perchè sono passate; poiché rendiamo in tal modo a noi medesimi una lusinghevole testimonianza di essere divenuti più savii e ragionevoli. Tuttavia non basta l'accennata disposizione per cogliere e generare ed esprimere il ridicolo; richiedendosi eziandio uno spirito ed acume speciale, ossia l'attitudine ad afferrare in modo facile, rapido e vivo le più lontane e recondite analogie e differenze, e di manifestarle chiaramente.
RIDIGER o RUDIGER Andrea (biogr.). — Filosofo tedesco, nato a Rochlitz nel 1673, morto a Lipsia nel 1731, studiò da principio la filosofia e la teologia all'Università di Halla sotto Thomasius e passò quindi all'Università di Jena e a quella di Lipsia, ove si consecrò alla medicina, senza abbandonare però la filosofia, che insegnò con successo nei corsi particolari e in parecchie opere a stampa. Era uno spirito penetrante, ma essenzialmente critico. Scorgeva bene i vizi della filosofia regnante ; ma, dopo aver cambiato molte volte di opinione, non riuscì mai a fondare un sistema definitivo. I suoi studii lo trassero principalmente verso la logica, ch'ei non seppe però bastantemente distinguere dalla metafìsica; e in questa scienza ciò che più lo preoccupò è la distinzione assai negletta fìn allora della verità e della verosimiglianza. Somigliantemente egli tenta definire con precisione la differenza che esiste fra le matematiche e la filosofìa. Quest'ultima a senno suo non può appoggiarsi che sopra una dimostrazione sensibile o sopra la esperienza, e le matematiche sopra una dimostrazione intelligibile. Gli è confessare in altri termini, che tutto quello che sappiamo dell'esistenza e della natura delle cose, ossia che ogni conoscenza filosofica ha il suo fondamento nella testimonianza dei sensi. La qual cosa dimostra ch'egli apparteneva alla Bcuola sensualista. Egli attribuisce l'estensione alla sostanza dell'anima, non che a tutte le cose create , e considera l'elasticità come la proprietà essenziale dei corpi. Nelle sue Vedute generali della natura, o ciò che chiamavasi allora la tìsica, tenta unire il principio vitale al principio meccanico e riconosce come primi principii della natura l'anima o la vita, l'etere o la luce, l'aria o la terra. Egli propugna questa dottrina contro il matematico ! Richter nell'istesso tempo che difendeva contro ; Wolf l'estensione dell'anima, e combatteva, in nome del libero arbitrio, l'ipotesi dell'armonia prestabilita.
Le opere principali di Ridigersono: Disputatio de eo quod omnes idea oriantur a sensatione (Lipsia 1704); De sensu veri et falsi (Halla 1709); Philo-i sophia sintetica (ivi 1707); Philosophia progni a fica i (Lipsia 1723), ecc.
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