Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      RIETI
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      rono a questa singolarità, il clima e l'altipiano; ma segnatamente i principii fertilizzanti di quella qualità di terreni alluvionali. Le colline che fan corona alla valle sono gremite di casini, di castelli, di santuarii. Le due chiare correnti che serpeggiano golia valle, ne crescono la bellezza, ma ne crescerebbero oltremodo la ricchezza, se si facessero servire all'irrigazione. E sarebbe ridonato alla coltivazione l'altro terzo paludoso se s'abbassasse alquanto la cascata e si ripurgasse il letto dell'Alveo. Ma questo punto formò il dissidio secolare fra Reatini e abitatori sottostanti, come vedremo. Il Velino nell'ultimo suo tronco ritorna stretto dalle due giogaje, orientale e occidentale che si riavvicinano, e corre pigro insino a 400 metri circa dal ciglione delle Marmora; da dove forse slabrava in più parti piovendo acque sul Nera sottostante, prima che il console Curio Dentato , s'acciugesse a incidere la roccia, e pel cavo di rapido declivio le obbligasse poi a precipitarsi nella valle Ternana. 11 primo salto della Cascata delle Marmora, a perpendicolo, è di metri cento, secondo la misura presane dal-l'ing. Brandolini ; indi succede uua serie di cascatene fiuchè giunge nella Nera. L'altezza intiera dall'orlo della roccia al livello della Nera è di m. 143. Un casino detto la Specola, eretto da Pio VI sopra di uno sporto della rupe che pende sul precipizio, domina una bellissima veduta della cascata e della sottostante valle del Nera. Questa cascata, detta delle Marmora viene considerata da molti come la più bella d'Europa, in quanto supera tutte le alpine cascate nel volume d'acqua e in altezza avauza di gran lunga la cascata del Reno a Sciaf fusa. Spesso per entro alla vaporazione prodotta dallo sprazzo dell'acqua vedonsi archeggiare iridi graziose; onde il Byron cantava (Childe Harold, canto iv).
      O cateratta impareggiata ! o vista Bella insieme e tremenda! Ecco di vaga Iride il vel distendersi e agitarsi Quinci e quindi sull'alto e sopra questo Baratro orrendo d'infernal fiumana Tingeisi al raggio mattutino, e un riso Di tutto amor diffondersi, siccome ecc.
      Per contemplar poi iu tutta la prospettiva questa cascata, occorre scendere alle sottostanti sponde del Nera, meglio pedestri, per ammirare le grotte di stalattiti e il ponte naturale di scoglio sotto cui ascondonsi i due fiumi riuniti, sia girando per Pa-pigno chilom. 5; oppure muovendo direttamente da Terni sulla via Valnerina. Diedesi il nome di Marmora alla montagna donde casca il Velino per le molte incrostazioni simili al marmo prodotte dal deposito delle acque del fiume.
      Si vuole che la valle del Velino fosse abitata da quei popoli primitivi cbe gli autichi scrittori dissero Aborigeni o Autoctoni, ma che furono i primi venuti, di stirpe Aria, classificati della famiglia Italo-Greca. Sospinti questi dalle nuove immigra-lioni dei Celti-Umbri, e quindi dei Pelasgi, si rifugiarono nel nucleo più inaccessibile dell'Appennino centrale e meridionale; da dove in seguito ridiscesero prevalendo sugli antichi oppressori. Distinti in parecchi popoli e tribù vennero designati col nome comune di Italioti. Non altrimenti i Sa-
      bini o la stirpe Sabellica. Dall'antico Amiterno e dintorni, ossia dal nucleo dell'Appennino centrale, oggi Conca Aquilana, presso le sorgenti dell'Atomo discesi, rioccuparono la valle del Velino, e di là si diffusero nel paese tra il Nera, l'Aniene ed il Tevere cbe essi occuparono fin quasi alle porte di Roma. All'epoca di tal migrazione da Amiterno, era già fondata e fiorente la città di Rieti; poiché Varrone ci narra che Reate raccolse tra le forti sue mura i profughi della città di Lista, distrutta dagli Amiternini del pari che Cotila. Ma Rieti era stata fondata dai primitivi abitatori (Aborigeni) o dagli Umbri? Tutti gli scrittori si accordauo a dichiararla città antichissima; ma in questo discordano. Dionigi sull'autorità di Zenodoto di Trezene afferma che fu uua delle stanze primitive degli Umbri, da cui furono espulsi per opera dei Pelasgi. Varrone la dice fondata dagli Umbri: ma Catone asserisce che fu dessa uno dei primi luoghi occupati dai Sabini quando, questi scesero da Amiterno originaria loro dimora (Dion., n, 49). Qualunque siano state le prove storiche per cui Catone, cbe molto visse fra i Sabini, ebbe ad asserire ciò, sembra che in sostanza egli fosse nel vero, facendo i Sabini autoctoni dell'alto Aterno. La valle ubertosa in cui era situata Rieti stendevasi sulla strada naturale dell'immigrazione per un popolo che scendesse dalle balze dell'Appennino ceutrale. E se è probabile che gli Umbri resisi padroni del Nera e del Tevere non potessero però forzare l'alto piano Reatino o la massa montana, rimasta perciò alla razza primitiva; ne consegue che gli Amiterniui abbattendo Cotila e Lista furono una nuova irruzione, una sovrapposizione della stessa stirpe. Comunque si voglia, Rieti esisteva parecclii secoli prima della fondazione di Roma. Donde le sia venuto il nome Reate s'ignora. È uua mera fantasia poetica quella di Silio Italico cbe fa derivare il nome da Rea madre di Giove e dice questa città consacrata alla madre Dea.
      Il Dio principale dei Sabini era Sabo o Sancoy o Sancto, e il Dio della guerra, adorato sotto l'emblema della Lancia, detta Cur o Quir; donde la denominazione di Curi alla città principale della bassura sul Tevere, di Dio Quirino a Romolo in cielo e di Quiriti ai Romani, dopo la conquista di Tazio re di Curi, e la successione di Numa pur di Curi. Questa serie di re sabini, e la sconfitta di Romolo, sia pur leggendaria la storia, inducono a credere che un tempo Roma fu dominata dai Sabini. Forse il Palatino stesso fu abitato più secoli prima dell'era vulgare della fondazione di Roma, se ha fondamento storico la favola di Pollante e $ Evandro in Virgilio. Egli è però fuori di dubbio che tanto Rieti quanto i suoi dintorni e tutta la regione Sabina sopra descritta era occupata a' tempi storici dai Sabini. 1 Sabini erano un popolo singolare: aveva semplicità di costumi e austerità singolare e godevano fama d'essere gente assai leale e fornita d'ogni domestica virtù. Essi erano religiosi e anche superstiziosi, e il loro paese, era celebre per mostri e prodigi. Avevano adottato uu sistema periodico d'emigrazione, e siccome la popolazione cresceva più che non comportavano le risorse del suolo, nella primavera mandavano fuorat^ooQle


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 1)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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