Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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RIETIle loro colonie e quell'emigrazione era accompagnata da religiose cerimonie. I Piceni e i Sanniti erano colonie dei Sabini, anteriori alla fondazione di Roma. Le prime guerre tra i Romani e i Sabini risguardano le città sabine della bassura tra l'A-niene ed il Tevere; Curi (Corese), Eretum (Mon-terotondo), Nomenium (Mentana). Di Rieti però e della alta Sabina non incontrasi ricordo alcuno nella storia prima della 2a guerra saunitica, epoca in cui i Reatini vennero soggiogati ed ammessi al godimento delle romane franchigie, verso il 290 avanti Cristo sotto il console Curio Dentato. La susseguente storia di Rieti fa parte di quella di Roma. Ma il suo nome ricorre incidentalmente più d'una fiata durante la seconda guerra punica, dal 218 al 202 av. Cr. Nel 211 Annibale passò sotto le sue mura nella ritirata da Roma, o, secondo Celio, nella marcia contro questa; e nel 205 i Reatini vengono particolarmente nominati come accorrenti insieme agli altri a rifornire di volontari l'esercito di Scipione. La pianura di Rieti era quasi coperta tutta d'acqua quando nell'anno 240 il console M. Curio Dentato fece praticare il taglio attraverso alla rupe, abbassando lo sfogo per le acque del Velino e prosciugando per tal modo i campi di Rieti. Quantunque esistano ancora meati e grotte per entro le quali l'acqua in gran parte penetrava alla pianura ternana; pure uno sfogo sulla rupe doveva già preesistere, almeno per traboccamento; giacché tutte le acque copiose delle vallate di sopra non potevano avere altra uscita. Ma tale sfogo non era abbastanza profondo per impedire l'inondazione del paese avanti che Dentato lo approfondasse davvantaggio. Parrebbe, al modo d'esprimersi di Cicerone, che il lago Velino e i laghi di Rieti a quest'epoca, cioè allo scorcio del secolo ni innanzi Cristo, occupassero un'estensione maggiore, e che una porzione considerevole della valle fosse allora destinata per la prima volta alla coltura. Ma per la sopradetta tendenza delle acque del Velino a depositare carbonato di calce e ad ostruire il loro proprio canale anche artificialmente aperto, occorreva tenerlo sgombro e netto. Ora al primo tentativo di spurgo, al tempo appunto di Cicerone, il popolo di Interamna si lagnò a Roma del guasto già più da un secolo causato ai loro campi dallo straripamentodel Nera cagionato dall'aggiunta delle correnti immesse in quello, e pretendeva la ripri-stinazione antica. Il Senato spedi sul luogo un console e dieci legati perchè decidessero l'affare ; e Cicerone vi si recò per sostenere la causa dei Reatini (Ep. ad Att., iv, 15), e il risultato si fu che il taglio fu lasciato stare com'era. Sotto Tiberio , agitossi di nuovo in Senato la questione dello sfogo delle acque alla cascata delle Marmora; ma questa volta si era il popolo romano che spaventato dalle inondazioni del Tevere le attribuiva al Velino, al Ciani e ad altri affluenti di esso Tevere. I Reatini fecero una gagliarda difesa e si adottò l'opinione di Pisone, il quale sosteneva che s'avessero a lasciare le cose nello stato loro (Tacito, Ann., i, 79). Non conosciamo per nulla le ragioni per cui Rieti e il suo territorio fu ridotto
alla subordinata condizione di prefettura, titolo che sovente si legge in Cicerone; ma rileviamo da que-
sto medesimo sommo oratore, sotto il cui speciale patrocinio erano gli abitanti, che fu essa florida e considerevole città. Ottenne certamente sotto l'Impero gli ordinarii privilegi municipali, ed ebbe i suoi primi magistrati ; si accrebbe sotto Vespasiano di un gran numero di veterani in qualità di coloni; ma non fu mai insignita del grado o titolo di colonia (Lib. Col., p. 257; Orell., Inscr., 3585; Gruter, Inscr., p. 3542, 3 ; 538, 2, etc.; Zumpt, De Colon., p. 98, 188; Cic., in Cat., ih , 2; prò Scauro, 2, § 27 ; De Nat. Deor., u, 2; Liv., xxvi, 11; xxviu, 45). Ciò non impedì tampoco cbe Rieti continuasse a prosperare sotto la dominazione romana. II suo territorio si estendeva dalle falde del monte Interocrino alla cascata, e dalle falde del Fuscello a quelle del Cauterio, comprendendovi tanto l'agro Quintiliano che quello di Cutilia. Lo si rileva da lapidi, come quella trovata in un tempietto ipetro a Contigliano sacra al dio Reatino (Patri Reatino Sacrum) inalzata dai Seviri Augu-stali e dall'esser detto Munieeps Rfatinus l'imperatore Vespasiano nato a Cutilia. Rieti ebbe poi la siugolar fortuna di rimanere incolume dalle barbariche devastazioni, per cui tante altre città italiane rimasero miseramente distrutte, dalla metà del iv secolo d. Cr. in poi. Penetrati i Longobardi colle feroci loro conquiste nel mezzogiorno d'Italia, ed ordinato il loro regno per ducati, Rieti fece parte del ducato* di Spoleto, formandone uno dei castaldati che comprendeva molti castelli e ville della Sabina.
Più tardi vi sono ricordati, invece dei castaidi, i contt di Rieti, e quando successe al longobardico il dominio degli imperatori franchi e germanici, rimase la città sottoposta all'Impero ed al Regno italico. Fu assai travagliata nel secolo ix dalle irruzioni dei Saraceni, e più ancora, secondo le narrazioni de'suoi cronisti, dalle armi di Ruggero I re di Sicilia, che verso la metà del secolo xn la tenne a lungo assediata, ed avutala in sua balla, quasi quasi la distrusse. Rilevavasi da tanta ruina pochi anni dopo, principalmente per ajuto dei Romani, ma fu incòlta ben presto da nuove sciagure, dappoiché tre incendi a brevi intervalli, nel 1201, nel 1207 e nel 1217, divorarono la maggior parte de' suoi edifìzi. Trovasi di già ordinata a Comune fino dal cadere del secolo xu e retta con leggi proprie e magistrati ; cotesti municipali diritti furono in essa riconosciuti da parecchi dei romani pontefici, che le accordarono ampli privilegi, come Celestino III, Innocenzo III, ed Onorio III. Vi dimorò anzi quest'ultimo per qualche tempo, ed il successore Gregorio IX vi si ricoverò egli pure per sottrarsi alla furia delle fazioni romane. Nelle contese che s'invelenirono lunga pezza a cotesti tempi tra gl'imperatori ed i pontefici, Rieti si mantenne sempre inconcussa nella fede ai secondi e resistette alle armi di Federico II, che aveala invauo stretta di assedio. Fu però a quei tempi che dovette perdere il suo territorio dalla parte di levante, poiché i suoi confini, che da quell'epoca coincisero coi confini dello Stato romano non oltrepassarono più il confluente del Salto, cioè si ridussero a tre chilometri dalle mura di Rieti. Anche papa Niccolò IV vi soggiornò a lungo e iucorouò quivi nel 1289 ret^ooQle
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