Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
RIFLESSIONE
333
intellettuale e morale immensamente superiore. Tanto è vero cbe questo precetto dell' antichità, conosci te stesso, è il principio di ogui scienza e sapienza.
Oltre il mondo materiale, cbe si chiama pure mondo esterno, i fenomeni del quale appariscono ai sensi o si raccolgono per indazione, v'ha un altro mondo, col quale non ci pongono in comunicazione, è vero, i sensi, ma può essere penetrato dallo sguardo della mente ; è il mondo del sentimento e del pensiero, mondo ancor più vasto, imperocché, oltre i fenomeni intellettuali pei quali riflette il mondo esterno, ne possiede molti altri proprii non meno variati, ed all'uomo importantissimi. Questo mondo del tutto spirituale è detto interno in opposizione al primo, perocché le scene sue avvengono dentro noi, e basta rientrare in noi, per avere contezza di quanto vive nel suo seno. Ora la coscienza è quella facoltà che primamente c'inizia a codesti fenomeni invisibili, giacché nulla in noi avviene che non ne siamo avvertiti dall' infallibile testimonio che di continuo assiste al gran dramma della nostra vita interiore. L'essere nostro non può venir modificato da gioja, patimento, pensiero, passione, desiderio, atto alcuno, senza che ad un tempo la coscienza ce ne attesti l'apparizione; tutte le impressioni, tutti i movimenti dell'animo ci vengono tosto ripetuti da tale eco fedele. Se non che la scena è si mobile, gli avvenimenti succedonvisi con tanta rapidità che le vestigia da essi lasciate nell'anima subito si cancellerebbero e per sempre andrebbero per noi perdute, se non avessimo la facoltà di ritornare Bulle loro traccie fuggitive dirigendo e fermando su di esse la riflessione. La quale, come si vede, é una facoltà complessa, è la coscienza stessa fatta attiva per chiarire e compiere le cognizioni che lo stato di spontaneità aveva lasciate nell'oscurità e nella confusione. Non ò essa adunque una potenza particolare dell'intelletto e distinta dalla facoltà il cui ufficio é di far conoscere i fatti interni, ma è questa stessa facoltà che da spontanea passa alla condizione attiva e si pone innanzi alla cognizione dei fenomeni spirituali in luogo di lasciarla prima venire a sè. L'intima relazione che passa tra la coscienza e la riflessione s'intenderà meglio ancora dopo aver confrontata quest'ultima alla facoltà di osservare, la quale si trova in relazione simile colla facoltà incaricata di percepire i fatti del mondo esterno, vale a dire la percezione esterna. Noi conosciamo prima le modificazioni della materia per mezzo dei sensi, ed il mondo fisico si rappresenta a noi per mezzo degli organi, senza che facciamo sforzo per conoscerlo; insomma percepiamo prima passivamente gli oggetti esterni. Ma come le nozioni che ne abbiamo trovandoci in condizione passiva Bono ancora coufuse, in compiute e fuggitive, vogliamo ad esse dar consistenza e chiarezza; operiamo affinchè la facoltà vada innanzi all'oggetto della cognizione; non ci contentiamo più di vedere solamente, ma gunrdiamo; non ci basta udire, ma ascoltiamo; osserviamo insomma. Ora, che cosa v'ha egli di più nel fatto dell'osservazione che nel fatto della semplice percezione? Senza dubbio un atto, uno sforzo dfiruuima che antecede la cognizione. Ma la per-
cezione esterna è sempre quella cbe è in opera ; egli è cogli occhi che abbiamo véduto ; ed è sempre cogli occhi stessi che riguardiamo. Adunque l'osservazione non è altro che la percezione esteriore nella condizione attiva. Lo stesso avviene della riflessione, definendo la quale per la coscienza alla condizione attiva, se ne può dare adeguata idea. Adunque la riflessione somiglia alla osservazione in quatito che essa è come una facoltà intellettuale messa in attività affinchè si rechi innanzi alle cognizioni appartenenti al suo dominio ; e tale rassomiglianza ha fatto si cbe entrambe queste due facoltà fossero riunite sotto la denominazione comune di attenzione. Ma essa ne differisce in ciò, che i fatti di cui si occupa non appartengono al mondo esterno e materiale, ma sono dell' anima sola, e solamente dall'occhio della coscienza possono essere veduti. E ciò cbe distingue colla massima evidenza la riflessione dall'osservazione si è la differenza, e si può dire l'opposizione dei mezzi adoperati per esercitare queste due facoltà. Infatti l'uomo cbe osserva, che vuole cioè conoscere ed analizzare i fenomeni del mondo fisico, si dimentica affatto di sè per recarsi fuori di se stesso, ed è incessantemente occupato ad esercitare i proprii sensi ed applicarli agli oggetti esterni. All'incontro l'uomo che riflette, ben lungi dal dimenticare se stesso non d'altro è occupato che dei fatti 1 quali avvengono nel suo pensiero; è costretto ad isolarsi il più che gli è possibile dai fatti esterni che gli sono attorno e chiudere loro ogni varco, tenendo sospesa l'azione degli organi fatti per percepirli. Egli ha bisogno di ritiro, riposo, silenzio; imperocché allora solamente potrà cogliere questi fenomeni spirituali e distinguere chiaramente tali oggetti invisibili ed impalpabili.
La riflessione non è l'osservazione ; ma neanco è il raziocinio. La facoltà di ragionare, di percepire cioè una nuova relazione risultante da relazioni direttamente percepite tra gli oggetti, si può esercitare sui fatti che dalla riflessione le vengono forniti ; ma dessa può anche esercitarsi sui fatti che l'osservazione le presenta. Per la qual cosa, allorché si è percepita la relazione di uguaglianza tra due oggetti, e si percepisce questa medesima relazione tra uno di essi ed un terzo, non c'è bisogno di riflettere per conchiudere che questo terzo oggetto è simile all'altro oggetto cui non è stato confrontato. D'altronde il raziocinio non ha l'ufficio di rilevare i fatti che modificano l'anima nostra, avendo anzi quello di farci attendere, per mezzo delle idee fornite dalla ragione, ai fatti che non percepiamo nè dentro nè fuori di noi. La riflessione non è neppure la immaginazione. Certamnente la immaginazione opera per lo più sugli oggetti che la riflessione le fornisce, giacché il più spesso opera solamente sulle idee, ed in tale operazione affatto interiore la riflessione ha larga parte; ma l'immaginazione va più lungi della riflessione, perocché contentandosi di sceverare e chiarire fatti intellettuali, li dispone in un certo ordine secondo il fine che si propone. Ecco l'oggetto speciale dell'immaginaziour, per cui viene distinta dalla riflessione, dalla quale prende pure le materie con cui compone l'opera sua.
La meditazione è quasi sinonimo della riflessione,
| |
Bulle Bono
|