Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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RIMURCHIO o RIMORCHIOpoggiati a questo sentimento di giustizia scolpito dallo stesso Creatore nell'anima nostra, mettiamo oltre la tomba una nuova e compinta sanzione che regola definitivamente e con perfetta equità l'applicazione del premio alla virtù e della pena al vizio.
RIMURCHIO o RIMORCHIO, CAVO DI RIMURCHIO o GHERLINO (marin.). V. Rimorchiare.
RINALDI, RAINALDI ed anche RAYNALDI Oderico (biogr.). — Prete dell'Oratorio di San Filippo Neri, nacque a Treviso nel 1595 da una famiglia nobile. Fino dalla più tenera età ricevè nella casa paterna esempi di pietà e di virtù. Poiché ebbe fatti i primi studii nella nativa sua città, li continuò a Parma, prima nel collegio de'Gesuiti, poscia nell'Università. Una grande applicazione al lavoro, congiunta a felici disposizioni, aveva fatto di lui un soggetto distintissimo. Nel 1618 abbracciò l'istituto dell'Oratorio d'Italia, nella casa cui tale Compagnia aveva a Torino. Il celebre cardinale Baronio, del medesimo istituto, abitata l'avea, e vi avea composti i suoi Annali ecclesiastici. Prevenuto dalla morte nel 1607, non potè pubblicarne che dodici volumi, i quali terminano all'anno 1198. L'Oratorio vedeva con dolore che i materiali cui aveva accumulati tale uomo dotto restassero inutili, e vivamente gli rammaricava che tale grande lavoro si utile alla Chiesa e che tanto onore faceva alla congregazione, non veuisse terminato. I superiori posero gli occhi su Rinaldi, cui crederono capace di continuare quel vasto assunto: egli solo lo giudicò superiore alle sue forze; ma la voce di un'autorità alla quale credeva che permesso non gli fosse di resistere, vinse la ripugnanza del modesto prete dell'Oratorio. Ripigliò tale grande lavoro, dopo trentauove anni d'interruzione, e pubblicò il primo tomo della continuazione o decimoterzo degli Annali nel 1646. I suffragi che ottenne tal volume, bene accolto dal pubblico, incoraggiò Rinaldi : sempre più affezionandosi al suo lavoro, v'impiegò quante forze e quanto tempo aveva, e riuscì a comporre dieci volumi, di cui sette comparvero lui vivente, ed altri tre non furono stampati che dopo la Bua morte. Gli Annali ecclesiastici ascendono in tale guisa a ventidue volumi, che giungevano fino all'anno 1565, e contenevano molti documenti preziosi, di cui poterono approfittare quelli che scrissero dappoi la storia ecclesiastica. Rinaldi lavorava in pari tempo ad un Compendio del libro di Baronio e del suo, cui pubblicò a Roma (1669, in-fol., 1670, 3 voi. in-4°); opera, dice il celebre critico Tiraboschi, « in cui si ammira una purezza di stile che non si trova comunemente negli scritti di quell'epoca, e che forse è talvolta più studiata che non conviene alia storia ». Non v'ha chi contenda a Rinaldi nè erudizione, nè grandi cognizioni in istoria ecclesiastica. Quantunque si consideri il suo lavoro inferiore a quello del Baronio, e lo stesso Tiraboschi confessi che gli è inferiore, Ughelli ne loda lo stile ed il metodo. Riccioli vanta la di lui erudizione e le benemerenze da esso acquistatesi verso la religione; Fabricio, la sua eloquenza ed il suo amore della verità; per ultimo il dotto p. Mansi lo riguarda come uno degli uomini più profondi, più colti, più zelanti che prodotti abbia l'Italia nel secolo decimosettimo. La Congregazione dell'Ora-
torio fece giustizia al suo merito, eleggendolo in due varie volte suo superiore generale. Rinaldi governò saviamente, e si piacque soprattutto di arricchire di manoscritti rari la biblioteca della casa di Roma. Ricevè dimostrazioni di stima da tutti i papi che vissero a'giorni suoi. Innocenzo X gli offri la sovrintendenza della biblioteca del Vaticano, cui del pari aveva avuta Baronio, ma Rinaldi la ricusò per applicarsi totalmente alla sua Storia ecclesiastica. Egli era molto caritatevole verso i poveri, e divideva fra essi i prodotti della rendita patrimoniale, di cui si sa che godevauo i padri dell'Oratorio. Lasciò in testamento una somma considerabile all'arcicoufraternita della Santa Trinità di Roma, in favore dei pellegrini. Mori il 22 gennajo 1671, nel settautesimosesto anno della età suà, dopo di aver passati nella sua congregazione cinquantatre anni, inteso ad utili lavori storici, ad opere di pietà ed alla direzione delle coscienze.
RINALDO (biogr. e stor. leti.). — Detto il signor di Montalbanoy del sangue di Chiaromonte, è il nome d'uno de' più famosi paladini di Carlo Magno, e fra gli eroi de' romanzi e dei poemi cavallereschi. Era egli uno dei quattro figli di Aimone e di Beatrice, fratello d'Alardo, di Ricciardetto e di Guic-Ciardo, e della valorosa Bradamaute, il prode tra i prodi, benché meno d'Orlando, che gli era cugino. Le prodezze di Rinaldo presso gl'Italiani si cantano peculiarmente nel Morgante maggiore del Pulci, nel Rinaldo di Torquato Tasso, che ci narra i primi fatti della sua giovinezza, nell'Orlando innamorato del Bqjardo, e nel Furioso dell'Ariosto, che descrivono le gesta della sua virilità, e nel Ricciardetto di Niccolò Forteguerri, che si occupa alla sua foggia delle ultime geste di lui. In tutti questi poemi Rinaldo è il terrore de' facinorosi e dei Pagani, e il protettore delle donne e dei deboli ; più gentile e più bello di Orlando, e quasi forte e valoroso come lui, benché non giovato dalla fatatura del figliuol di Milone. Trilustre difese l'onore di sua madre, calunniata da Ginamo di Magonza, uccidendolo in duello. Poi giovanetto ancora, spinto dall'amor della gloria, e punto dalla fama delle imprese di Orlando come lui giovinetto, lascia Parigi, e nella selva Ardeuna trova e si innamora della bella Clarice, sorella d'Ivone signore di Guascogna, vassallo di Carlo, la quale andava cacciando accompagnata da donne e da cavalieri. Clarice, a provare la sua valentia, lo invita a giostrare con essoloro e si accende di lui, testimone del suo valore. Poi Riualdo vince il terribile destriero Bajardo, che ha intelletto più vicino all'umano che al bestiale, e sommo valore. Questo destriero ha la pelle fatata, e fu già vinto da Amadigi di Gallia nell'Isola Pericolosa, allora annoverata tra le perdute; e lui morto, stretto con incanto da Alchiso il Saggio alla selva Ardenna, finché un altro valoroso al par di Amadigi e del suo saugue non lo guadagnasse contr'esso combattendo, essendoché a'calci suoi nessuu'armatura poteva resistere. Vinto il cavallo e acquistata l'asta che fu di Tristano, non mancavano a Rinaldo che la spaila e l'elmo. Uccide in giostra Atlante Saracino e a lui i toglie Fusberta,
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