Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
RINOLOFO - RINUCCINI OTTAVIO
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RINOLOFO (tool). - Genere di pipistrelli, che hanno sul naso una triplice appendice rialzata in forma di ferro di lancia.
RINONECROSI (patol.). — Necrosi del setto nasale, che si osserva negli operai che lavorano nei cromati.
RINOPLASTICA (chirX — Operazione chirurgica che ha per iscopo di rifare un naso, quando questa parte del volto è stata esportata o distrutta (V. Innesto animale).
RINOPOMA (zool.). — Genere di pipistrelli, con una protuberanza sul naso, a mo' di lancetta verticale.
RINORRAFIA (chir.). — Escisione di una parte del naso, e riunione, per sutura, dei margini della ferita.
RINORREA (patol.). —- Scolo di mucosità, senza intiammazione, dal naso.
RINOSCOPIA (chir.). — Esame delle fosse nasali, fatto col laringo8copio o col faringoscopio, di cui basta rivoltare lo specchio.
RINOSI (patol.). — Stato di rilassamento e d'in-grinzamento della pelle nella tisi.
RlfiTERRAMENTO (art. mil.). — L'atto di colmare con terre trasportate; l'effetto del rinterramento, e le forre medesime cbe hanno servito ad una tale operazione (V. Sterroì.
RINTERRIMENE (geol.). V. Terreni di alluvione.
RINTONE ilat. Mintoti, gr. 'Pivfoov) (biogr.). — Di Siracusa o Tarnnto. poeta drammatico, di quella specie di tragedia burlesca, detta «pXuaxoYpacpia od IXa-porporfioSia, fiorì uél reguo di Tolomeo I re d'Egitto (Snida, s. v.). Quantunque Suida ed altri lo pongano a capo dei compositori di questo dramma faceto, non vuoisi già credere che ei l'inventasse, sì ch'ei fosse il primo a sviluppare in forma scritta e ad introdurre nella letteratura greca una specie di composizione drammatica che esisteva già da lungo tempo quale un divertimento popolare fra i Greci dell'Italia meridionale e della Sicilia, e specialmente a Taranto. Ei fu seguitato da altri scrittori, come Sopatro, Scira e Bleso.
La specie di dramma coltivato da Rintone puossi definire l'esposizione dei soggetti della tragedia nello spirito e nello stile della commedia. È chiaro dai frammenti di Riutoue , che la licenza comica estendevasi ai metri, i quali sono alle volte più irregolari che nei comici attici. Un poeta di tale fatta addimandavasi Questo nome e quellodel dramma stesso ^XuaxoYpot^tx par fossero i termini genuini adoperati a Taranto.
Dell'istoria personale di Rintone nulla sappiamo oltre quello che dice Suida, ch'egli era figliuolo di un vasajo. Dicesi componesse trentotto drammi (Suida, s. v.; Stef. Biz., s. v. Tapa;), di cui conosciamo i seguenti titoli : 'A{x:piTpua>v, 'HpixXTjc, 'Icprysveta iv AjXfòt, 'Icptfsveia ^ h Taupot?, 'Operaie, TqXejpos. È
citato più volte da Ateneo, Esichio ed altri scrittori greci, non che da Cicerone (ad Att.> i, 20) e da Varrone (R. R, m, 3, § 9).
Uno dei grammatici greci ne dice che Rintone fu il primo che scrivesse commedie in verso esametro, il che significa probabilmente che ne' suoi drammi l'esametro dattilo era ampiamente adoperato del pari che il trimetro giambico (Lido, De Magistr. i?., i, 41). Lo stesso scrittore asserisceinoltre cbe la satira di Lucilio provenne da una imitazione della commedia di Rintone, appunto come quella dei successivi satiristi romani derivò dai comici attici; ma a quest'asserzione vuoisi prestare poca fede. L'Antologia greca (Brunck, Anal., voi. i, pag. 1W6) contiene un epigramma su Rintone composto da Nosse.
Vedi: Mailer, Dorier (lib. iv, c. 7, § 6) — Osann, Anal. crit. (p. 69, ecc.) — Reuvens, CoUectan. Litt. (pp. 69, ecc.) — Jacobs, Ànimadv. in Anthol. tjrcec. (voi. i, p. 421) — Fab., Bibl. grcec. (n, p. 320) — Clinton, F. H. (in, p. 486).
RINUCCINI Ottavio (biogr.). — Gentiluomo fiorentino, è considerato dei primi fra gl'italiani ristau-ratori del dramma lirico, conosciuto dagli antichi. Aveva imparato dal conte Vernio ad occuparsi di tutte le parti di un grande spettacolo ; e quantunque non sapesse la musica, acquistò tanto gusto e tanta delicatezza, che finalmente esercitò sui compositori del tempo un'autorità che presto riuscì di profitto per l'arte. In gioventù compose i versi dei cinque intermezzi di una produzione, cui Vernio fece rappresentare nel 1580, per le feste del matrimonio di Ferdinando granduca di Toscana con la principessa Cristina di Lorena, i quali oltremodo piacquero e furono giudicati superiori a tutto ciò ch'erasi sentito fiu allora in tal genere. V'era grande divario da tale saggio, in cui la musica era restata di molto inferiore alla poesia, al vero dramma; ma già erasi sulla via, e tutti i buoni compositori si studiavano di ritrovare, se era possibile, la melopea de' Greci. Dopo la partenza del conte Vernio per Roma, si adunavano in casa di Jaoopo Corsi, musico anch'egli e zelante protettore delle arti. Ri-nuccini presiedeva a tali adunanze, ed incoraggiava con lodi e consigli gli sforzi dei compositori. A forza di prove crederono finalmente d'aver trovata l'antica maniera di porre sulle note la declamazione. La pastorale di Dafne da lui composta fu messa in musica da Jacopo Peri e da Giulio Caccini, due suoi amici, e venne rappresentata nel 1594 nella casa Corsi, dinanzi a scelta società fiorentina. L'applauso di tale dramma l'inanimò; e trasse dalla favola di Euridice una seconda pastorale, alla quale osò dare il titolo di Tragedia per musica. Fu rap-preseutata nel 1600 nelle feste di Maria de'Medici e ui Enrico IV con una straordinaria magnificenza. Secondo Ginguené, produsse tale ammirazione in tutti, che maggiore non avrebbe potuto. Non si sapeva qual noline dare ad una musica che faceva provare sensazioni ignote ;% chiamata rappresene tazione o recitativo, cioè propria alle rappresentazioni ed ai raccouti ; e la parola recitativo è restata dappoi per significare una declamazione posta sulle note. Rinuccini godeva di grandissimo favore alla Corte di Fireuze, e specialmente presso a Maria de' Medici. Vittorio Rossi pretende che non si limitasse a rimanere ammiratore della giovane principessa, e che non fosse abbastanza prudente nel celare i sentimenti che gli aveva ispirati. Certo è è che l'accompagnò in Francia, ove fu colmo di favori da Enrico IV, che lo creò gentiluomo di camera: ma egli si stancò presto degli usi e della etichetta di una Corte straniera; dimise la carica e tornò a Firenze, dove fece rappresentare nelt^ooQle
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