Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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RISOLUZIONE - RISOLUZIONE DELLE EQUAZIONIstrale dàono da 60 a 62 chilogr. di riso bianco, e 100 di risone cinese dà 55 a 58, ciò significa che il primo dà circa il 60 e l'altro circa il 57 °/0. Nel 1846 fu raccolto risone di Ostiglia aristato, pesante per ettolitro chilogr. 60,084, e cinese mntico di chilògr. 70,5o0, e il risone ricavatone pesava da chilogrammi 105 a HO. Ma tntto dipende dal grado di essiccazione.
11 lettore avrà notato che fra le trenta varietà di riso sovra indicate, ve n'ha talune che diconsi atte a vegetare nei terreni secchi, particolarmente quella chiamata riso di montagna o riso secco della Cina, il quale coltivasi anche a Qiava, a Sumatra, sui fianchi delle montagne e nei terreni freschi, ma non inondati, e che però dicesi assai meno produttivo e soggetto a maggiori incertezze ne' suoi risultati. A siffatte varietà di riso e massime a quest'ultima, meglio conosciuta, rivolsero la loro attenzione parecchi agronomi filantropi, avvegnaché, qualora siffatto riso potesse riescire presso di noi, sarebbe risolto in guisa soddisfacente il problema di conciliare la coltivazione del riso col-l'umana salute. Il riso di montagna si distingue per il culmo meno alto, più gracile, più disposto a cestire, per la pannocchia mediocremente spiegata, priva di resta, per il grano più prolungato, colla scorza rossa. 11 professore Barelle lo sperimentò nell'orto agrario di Pavia fin dall'anno 1807, e siccome si sa che questa varietà di riso nella sua patria cresce e fruttifica sulle colline ed anche sui monti, la sua coltivazione venne provata in simili luoghi del Tirolo, dei dintorni di Ginevra, nelle provincie lombarde e napoletane, ma senza successo. Non fu dissimile il risultato di varii spe rimenti eseguiti in Francia ed in Piemonte, mentre nessuno fra i molti che coltivarono il riso cinese a secco, potè vantare un esito felice, ancorché lo avesse posto in terreno fertilissimo, e perciò atto a reggere lungamente alla siccità; quindi è che taluni negarono l'esistenza del così detto riso secco, massime dacché in sua vece venne officialmente distribuita a parecchi agronomi di Francia una varietà di frumento, detta volgarmente engrain, cioè il trititum monoccum! Il padre Calieri piemontese, missionario apostolico alla Cina, inviava nel 1839 alla Regia Società agraria di Torino quarantatre varietà di riso raccolte in un viaggio fatto alle isole Filippine, alcune delle quali varietà venivano indicate come proprie dei terreni asciutti, e queste particolarmente furono assoggettate alla prova da varie persone cui furono affidate. Alcuni di questi risi, quantunque posti in eguali condizioni, cioè in suolo leggero, fertilissimo ed umido, non germogliarono (forse per vetustà, mentre sembravano stati raccolti già da tre o quattro anni), gli altri germogliarono e le nate pianticelle prosperarono; le pioggie ed alcune irrigazioni praticate solamente allorquando la siccità era estrema, conservarono in vita e bastantemente vigorose le piante, se non che al principio di settembre tutte le varietà state cosi coltivate non erano ancora in fiore, mentre era già stato raccolto il riso senza barbeFig. 5691). — Prospetto di un brillatoio sémplice di otto pestelli.
o bertone, e stava per mietersi il riso comune. Importa però considerare che nelle isole Filippine, poste sotto la zona torrida, e ben anche nella Cina, posta più a settentrione, le pioggie, che cadono periodicamente per sei mesi, possono supplire alle irrigazioni, mentre, come riferisce il Bonzio, il semestre della stagione piovosa di quei paesi rassomiglia per la quantità e continuità delle pioggie al diluvio di Deucalione. Vuoisi notare che alcune varietà del così detto riso secco, state educate col solito metodo delle irrigazioni, anche abbondanti, fiorirono e maturarono le loro spighe.
Ma già prima della detta epoca varii membri della R. Società agraria di Torino avevano eseguiti sperimenti sulla coltivazione del riso secco della Cina. Nell'anno 1805 il prof. Balbis, direttore dell'orto sperimentale di essa Società, notificava che pochissimi semi di questo riso erano nati e che nessuna delle piante ottenute aveva fruttificato; che però ritirato il vaso in cui vegetavano queste piante e custodito nelle stufe durante l'inverno, si conservarono e fruttificarono nell'anno seguente, mentre erano perite ai primi freddi quelle che vivevano in piena terra; finalmente che piante provenute da semi di riso secco, ma che erano vissute nell'acqua, fruttificarono nello stesso anno. Successivamente il marchese Arborio Gatti-nara di Breme, appoggiato agli sperimenti del signor Clemente Rosa, rifletteva (in una memoria presentata alla suddetta Società) che due sostanziali vantaggi presenterebbe la coltivazione del riso cinese, sottoposto ad inaffiamento perenne, e meglio ancora irrigato soltanto ogni otto giorni, cioè di rimanere in terra un mese ed otto giorni di meno del riso comune, e di dare un prodotto assai maggiore, cioè il valsente di 33 a 49 sementi. Se non che varie obbiezioni vennero fatte riguardo alla preferenza da accordarsi al riso della Cina, e principalmente che questo riso vuole abbondante concime, cioè non meno di quello che richiedesi per il frumento, laddove il riso comune o acquajuolo, ritraendo il suo alimento dalla fermentazione del terreno perennemente adacquato (o piuttosto dai principii nutritivi contenuti nelle acque d'irrigazione), non esige concime veruno. Aggiungasi che l'inondazione perenne, favorevolissima al riso, pianta acquatica, riesce contraria alla vegetazione
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