Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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mero positivo sostituito ad u risolverà l'equazione, e perciò tutti i valori di «*, o le radici della trasformata, saranno negativi. Ma abbiamo posto d'onde u=x—x'; ed affinchè tutti i valori di 11, che corrispondono a ciascun valore di x ed al valore trovato di x\ siano negativi, bisogna che sia ossia che il valore trovato di x' siamaggiore di tutte le radici reali dell'equazione proposta.
Quando si sa trovare il limite superiore di tutte le radici reali di un'equazione, è facile determinare i quattro numeri, due positivi e due negativi, che abbracciano separatamente le radici positive e le negative. Invero mutando a: in —x nell'equazione data, tutte le radici positive si cambiano in negative, e viceversa, e trovando nell'equazione trasformata il limite superiore delle radici positive, questo stesso limite, preso negativamente, sarà il limite, che dicono superiore, delle radici negative, cioè sarà un numero negativo, che, in senso assoluto e fatta astrazione del segno, è maggiore di qualunque radice negativa. Mutando poi nell'equazione x in —, la minima radice positiva della data xcorrisponderà alla massima nella trasformata, cosicché l'unità divisa pel limite superiore delle radici positive della trasformata sarà il limite inferiore delle radici positive dell'equazione, ossia sarà un numero minore di tutte le radici positive. Mutando finalmente nell'equazione data a; in — —. ed
operando allo stesso modo, si troverà il limite, che dicono inferiore, delle radici negative.
Dalle cose che siamo venuti dimostrando si deducono molte ed importanti conseguenze, le precipue delle quali sono le seguenti.
Prima conseguenza. — Ogni equazione di grado impari ha almeno una radice reale di seguo contrario a quello del suo ultimo termine (notisi che intendiamo sempre l'equazione a coefficienti reali e ridotta alla forma sopra convenuta). Infatti se l'ultimo termine è positivo, posto zero in vece di x si ha un risultato positivo pel primo membro; e posto —(k+1) in vece di xy chiamando k, come aopra, il massimo coefficiente negativo, il primo termine, che è di grado impari, diverrà negativo, e maggiore della somma degli altri, e perciò avremo pel primo membrp un risultato negativo; dunque tra zero e — 1) esiste almeno una radice che è negativa, ossia di segno contrario a quello dell'ultimo termine. Se poi questo è negativo, sostituendo zero e +(*+l) si ottengono risultati di segno contrario; dunque tra zero e k+\ vi ha almeno una radice reale, la quale è di seguo contrario a quello dell'ultimo termine.
Seconda conseguenza. — Ogni equazione di grado pari coll'ultimo termine negativo ha almeno due radici reali, una positiva e l'altra negativa. Infatti sostituendo ad x zero e — (&+1), oppure zero e -H&+1), si ottengono in ambi i casi risultati di segno contrario.
Terza conseguenza. — Se un'equazione ha radici immaginarie, queste sono necessariamente in numero pari. Infatti, soppressi nell'equazione tutti i fattori di primo grtdo corrispondenti alle radicireali, l'equasione restante non avrà che radici immaginarie, e non potrà essere che di grado pari, poiché se fosse di grado impari avrebbe ancora per Io meno una radice reale, in virtù della prima conseguenza. Dunque le radici immaginarie sono in numero pari. Si dimostra inoltre, nella teoria generale delle equazioni, che le radici immaginarie sono conjugate per coppie in modo che Be una è a+b\/ — 1, si trova necessariamente la sua con-jugata a — ì>\/ — 1.
Quarta conseguenza. — Se l'ultimo termine di un'equazione è positivo, il numero delle radici reali positive è pari; e se l'ultimo termine è negativo, il numero delle radici reali positive è impari. La dimostrazione è uguale alle precedenti, e ciascuno se la può fare facilmente.
VI. Regola de' segni di Cartesio. — La cognizione del numero delle radici reali di un'equazione è spesso di grande utilità nella risoluzione della medesima, quindi si cercarono e si trovarono varie regole per couoscere se non il vero numero, almeno un limite del nunlero di tali radici. Il teorema di Sturm, la cui dimostrazione si dà nell'articolo Stnrm (teorema di) (V.), risolve completamente questa difficoltà. La risolve pure completamente l'equazioue ai quadrati delle differenze, di cui si parla nel seguente paragrafo. Qui intanto esponiamo una regola semplicissima, dovuta a Cartesio, per cui alla semplice ispezione de' segni dell'equazione si conosce il limite del numero delle radici positive e delle radici negative di essa. Due termini successivi dello stesso segno costituiscono ciò che chiamasi una permanenza, e due di segno contrario una variazione. Una equazione a termini tutti positivi non ha che permanenze di seguo; un'equazione a segni alternati non ha che variazioni. La somma de' numeri delle permanenze e delle variazioni di un'equazione completa è sempre eguale al numero che indica il grado dell'equazione. Premesse queste definizioni, ecco la regola cartesiana. Un'equazione non pud avere più radici reali positive che variazioni di segno, nè più radici reali negative che permanenze. La prima parte però di questa proposizione è vera, qualunque sia l'equazione, completa cioè od incompleta; la seconda per essere vera richiede che l'equazione sia completa, o se tale non è, che la si completi introducendo i termini mancanti col coefficiente zero e col segno più e meno. La dimostrazione della prima parte è facilissima; basta far vedere colla moltiplicazione, che introducendo nell'equazione qualunque una nuova radice a reale e positiva, il che si ottiene moltiplicando l'equazione pera; — a, l'equazione che si ottiepe avrà necessariamente per lo meno una variazione di più. Quanto alla seconda parte, mutando # in — le radici negative si cambiano in positive, e viceversa; ma nello stesso tempo le variazioni si mutano in permanenze; dunque sta la verità della regola dimostrata. Con questa regola può spesso dimostrarsi l'esistenza di radici immaginarie in un'equazione. Sia, per esempio^ l'equazionex3 + òx+7z=:0; introducendo il termine mancante, essa diviene ^±0^ + 54?+7=0.
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