Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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RISOLUTONE ÙELLE equazioniSe prendiamo il seguo superiore non troviamo che permanenze; dunque l'equazione data non ammette radici reali positive. Se prendiamo il segno inferiore abbiamo due variazioni; dunque l'eqdazione data non ha più di due radici reali negative. Ma abbiamo visto che le radici immaginarie sono sempre in numero pari; quindi possiamo conchiudere che l'equazione proposta ha due radici immaginarie, ed una réale e negativa.
VII. Separazione delle radici coir equazione ai quadrati delle differenze. — I precedenti principii uniti a quelli esposti negli articoli più volte citati Bono sufficienti per risolvere qualunque equazione numerica, come abbiamo fatto vedere nell'articolo Radici delle equazioni, ove insegnammo il modo di calcolare le radici commensurabili, le incommensurabili, ed anche le immaginarie di qualunque equazione numerica. A proposito però delle radici incommensurabili calcolate sia col metodo di Newton, sia con quello di Lagrangia, abbiamo supposto che tra due numeri noti, ed approssimati ad una radice. non esistesse che una radice uniòà. Se due o più radici fossero comprese fra que' due numeri, i metodi esposti potrebbero cadere in difetto. Giova pertanto indagare qualche mezzo di separazione delle radici, il quale avrà pur anche il vantaggio di far conoscere il numero delle radici reali dell'equazione.
Se si conoscesse un numero 8 più piccolo che la minima delle differenze di due qualunque delle radici reali dell'equazione data, la separazione di queste e la determinazione del loro numero si potrebbe sempre ottenere. Basterebbe perciò cercare i limiti estremi delle radici reali dell'equazione, cioè due numeri p e q, tra i quali tutte le radici siano comprese, il cbe già sappiamo fare; quindi sostituire nell'equazione al posto di x successivamente tutti i termini della progressione per differenzap,j>+8,p-f28,p-,-35,------q.
Essendo S minore della minima differenza tra due radici, evidentemente tra due termini successivi di questa progressione non può essere compresa più che una radice. Per conseguenza, dopo fatte le sostituzioni, il numero delle variazioni di segno dei risultati successivi farà conoscere il numero delle radici reali dell'equazione, e le stesse variazioni ci dicono fra quali termini della precedente progres-siene le radici sono comprese. Tutta la difficoltà adunque sta nel trovare questo valore di $. A questo fiue ci soccorre l'equazione alle differenze, che abbiamo imparato a fare nell'articolo Equazione i V.). Se l'equazione data è di grado m, la sua equazione alle differenze sarà di grado m(m—1), e non conterrà che potenze pari dell'incognita. Invero siano a, fi, y,... le m radici della data, le radici della trasformata alle differenze sarannoa—P, a-?, P-TT»---cioè tante quante sono le disposizioni di m lettere a due a due, che sono appunto m(m— l). Inoltre a ciascuna differenza oc — p corrisponde la differenza p - oc — — (a - p), equale e di segno contrario, cosicché le radici sono per coppie, che potremo rappresentare con a e — a, b e -6, ce — c,.....
Quindi chiamando y l'incognita dell'equazione alle differenze, l'equazione stessa sarà
(y—a) (y+a) iy-b) (y+&) (y-c) (y+c).....=0, OBBia
(y* - «*) (y* - W - .....=o,
sotto il quale aspetto si vede ch'essa non ha chepotenze pari dell'incognita. Sostituendo z ad y9,
ne risulterà un'equazione di grado metà, ossiam(m—1) .... , „
——, le cui radici saranno ì quadrati delleradici della precedente, e che chiamasi perciò l'equazione ai quadrati delle differenze. Le radici positive di questa nasceranno tutte dalle differenze delle radici reali della data, e le negative dalle differenze delle radici immaginarie combinate tra di loro, o combinate colle radici reali. Sia l il limite inferiore delle radici positive dell'equazione ai quadrati delle differenze, yl sarà minore della minima differenza delle radici reali dell'equazione primitiva data, e sarà perciò il cercato valore di 5.
Vili. Nozioni storiche. -— Vista la difficoltà o l'impossibilità della risoluzione generale delle equazioni, i matematici cercarono i mezzi di risolvere almeno lé equazioni numeriche. Vieta è il primo che siasi occupato della risoluzione delle equazioni numeriche di grado qualunque. Egli dimostra nel suo trattato De numerosa potestatum adfectarum resolutione come si possano risolvere varie di queste equazioni con operazioni analoghe a quelle che servono ad estrarre le radici dai numeri. Harriot, Ougtred, Peli, ecc. tentarono di rendere più facile la pratica di questo metodo, dando regole particolari per rendere meno lungo il tasteggiare, secondo i differenti casi che hanno luogo nelle equazioni relativamente ai segni de' loro termini. Ma la moltitudine delle operazioni richieste, e l'incertezza del successo in un gran numero di casi hanno fatto abbandonare quel metodo.
Al metodo di Vieta succedette quello di Newton, che abbiamo spiegato nell'articolo Radici delle equazioni, ed il quale, a vero dire, non serve cbe pel calcolo delle radici già approssimativamente note, e non è sempre sicuro, cosicché Lagrangia dimostrò che talvolta nelle operazioni successive invece di condurre verso il vero valore dell'incognita, esso ce ne allontana. Inoltre il metodo newtoniano non fa conoscere ifr numero delle radici reali dell'equazione. I primi tentativi per determinare questo numero furono fatti da Waring dietro la considerazione dell'equazione, le cui radici sono le reciproche delle differenze delle radici della data. Lagtangia senza conoscere il lavoro di Waring, com'egli stesso poi confessò, giunse allo scopo coll'uso dell'equazione alle differenze presso a poco nel modo che Abbiamo spiegato nel paragrafo precedente, e diede inoltre il suo metodo delle frazioni continue pel calcolo delle radici, metodo, il cui fondamento è esposto nell'articolo Radici delle equazioni. La lunghezza però delle vie tracciate da Lagrangia ha fatto indagare nuovi metodi, e riuscirono in parte in queste ricerche Beudant e Pourier coi teoremi che portano il lore nome ; ma coronò l'opera Sturm coll'importantissimo teorema che spiegheremo all'articolo Sturai (teorema di).
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